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Natale in Burkina Faso. Il vescovo Dabiré: il Signore rinnovi in noi la sua opera

Nell'insicurezza e nel clima di paura che vive la popolazione del Burkina Faso, vittima di una "guerra imposta" e dell'incubo del terrorismo, l'attesa del Natale risuona, nelle parole del vescovo monsignor Laurent Birfuor Dabiré, come un momento di grazia. La preghiera del presule al Salvatore che nasce, è quella di volgere lo sguardo a tanta sofferenza e ricolmare ciascuno della sua misericordia

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

Una comunità che si sente "confinata", che deve sperare di riuscire a celebrare la Messa nella notte di Natale senza trovarsi al centro di un attacco terroristico, senza che accada nulla. E' la comunità riunita intorno a monsignor Laurent Birfuoré Dabiré, vescovo di Dori, nel nord est del Burkina Faso, la zona del Sahel colpita dalla violenza dell'estremismo islamico e anti cristiano sin dal 2015 con una intensità crescente. L'ultimo attacco, proprio all'inizio del mese di dicembre, a Foutouri sempre nella regione dell'Est, in una chiesa protestante durante la funzione religiosa della domenica. Almeno 14 le vittime.

E' una violenza estranea alle corde più profonde del Burkina Faso, alla sua tradizione e alla sua cultura fatta di convivenza e fratellanza interreligiosa. E' un'aggressione, una guerra "imposta", afferma nella nostra intervista il presule. Poi, rileggendo in questo Natale, il messaggio più profondo che viene dal Presepe e che il Papa nella sua Lettera ha voluto ricordare al mondo, spiega:" Quando siamo davanti al presepe emergono povertà e umiltà che hanno segnato il venire al mondo di Gesù. Questo incoraggia la nostra gente che vive nell'insicurezza e nel bisogno, ad affidarsi unicamente a Dio che ha scelto di farsi uomo, di venirci incontro toccando la nostra carne sofferente". Monsignor Dabiré ci anticipa quale sarà la sua preghiera per questo Natale: "chiederò alla gente - dice - di guardare proprio a Gesù che si è spogliato di tutto per noi, ma soprattutto chiederò a Gesù bambino "di tornare a incarnarsi tra noi per assumere tutta questa nostra umanità travagliata". 

Ascolta l'intervista integrale a mons. Laurent Birfuoré Dabiré

R. - La gente rimane preoccupata per la propria sicurezza. C’è il grandissimo problema degli sfollati. Ci sono ancora attacchi di là, di qua... Questi sono gli “ingredienti” del nostro Natale. Quello che è sicuro è che tutte le comunità cercano di arrivare al Natale e di poter celebrare almeno una Messa. Nella mia diocesi gli orari delle Messe saranno spostati per finire prima del coprifuoco. Di solito la gente rimane un po’ insieme a festeggiare, salutarci... Quest’anno non ci saranno le condizioni e ciascuno dopo la Messa cercherà di raggiungere la propria casa e stare al riparo. Questo è il clima, questi sono i nostri sentimenti... Ci sentiamo un po’ confinati.

Il forte incoraggiamento del Papa a stringere il dialogo, a rafforzare legami anche di concordia per incoraggiare una situazione che è difficile... come sta andando avanti?

R. - La gente, anche i non cristiani, è stata molto sollevata e incoraggiata dal sapere che il Santo Padre si preoccupa, prega per queste situazioni. Il problema del terrorismo non è la mancanza di dialogo. E’ un problema di aggressione da parte di persone che vengono da fuori portando guerra e distruzione. Altrimenti in Burkina Faso, i musulmani e i cristiani, convivono, parlano tra di loro, hanno una tradizione di fratellanza e di condivisione. Quello che sta accadendo con il terrorismo non fa parte per niente della tradizione e della cultura del Burkina Faso. L’appello del Papa ci incoraggia a perseverare nel dialogo ma sappiamo che ci sarà bisogno di altro per fermare il terrorismo.

In particolar modo il Papa quest’anno ha voluto richiamare tutta la cristianità a guardare al presepe. A Gesù che si fa uomo e ci viene incontro, “perché anche noi possiamo unirci a Lui”, scrive il Papa. Che tipo di sostegno porta il messaggio del Natale a voi?

R. - Proprio quando ci fermiamo davanti al presepe vediamo l’umiltà, la povertà, elementi assunti da Dio per salvare l’umanità, che significa che nella prospettiva della fede la gente può vedere che dalla loro situazione di disagio, di povertà, l’unica cosa alla quale possono aggrapparsi è la fede in Dio che ci viene incontro. La sua è la presenza di qualcuno che viene a condividere, quindi a toccare con la propria carne la nostra realtà umana. Penso che questo è di molto conforto. Chiederò alla gente di guardare a Gesù che pur essendo Dio si è spogliato per noi e chiedere a Gesù Bambino che nasce, di vedere tutta la sofferenza di questo popolo e di rinnovare per noi le sue opere di salvezza.

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21 dicembre 2019, 07:20