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L'augurio dei cristiani dell'Iraq al mondo: siate testimoni coraggiosi della fede

L'atmosfera del Natale in Iraq, tra le difficoltà e le proteste, porta nel cuore dei cristiani la speranza. E dalla comunità di Qaraqosh nella Piana di Ninive, arriva il messaggio ai cristiani del mondo di non perdere mai la forza di professare la propria fede

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

La Piana di Ninive in Iraq è la culla storica dei cristiani, segno di appartenenza ad una famiglia universale che in questo territorio ha sofferto la violenza e la persecuzione dell'estremismo islamico dell'Isis sin dal 2014, e che lentamente ora sta cercando di tornare alla normalità.

Un Natale senza troppe luci

Anche qui, come in tutto il Paese, il Natale quest'anno è meno luminoso e appariscente, ma è più intimo e silenzioso. A parte la grande macchina della solidarietà internazionale che continua a sorreggere le famiglie dei cristiani e a lavorare perchè chi è fuggito possa tornare a casa, c'è ancora tanto da fare per garantire un futuro alla popolazione, ripristinare servizi, ospedali, scuole. Da qui il forte appello lanciato nei giorni scorsi dal patriarca di Babilonia dei Caldei, il cardinale Louis Raphael Sako, a Ong, alle istituzioni sociali, alle Chiese e ai governi: "Abbiamo bisogno del vostro aiuto, sappiate che la sconfitta dell'Isis nella regione non significa che non ci sia più bisogno di aiutare i suoi abitanti".

Ancora prima, la decisione per la Chiesa caldea, di non celebrare Messa la notte di Natale ma fare le cerimonie durante il giorno, quando già altre celebrazioni del periodo dell' Avvento erano state soppresse per devolvere il denaro risparmiato all'acquisto di medicine. Sullo sfondo di queste decisioni, l'insicurezza pubblica e soprattutto l'onore alla "memoria di vittime e feriti delle manifestazioni di piazza" contro il governo accusato di corruzione e di essere all’origine della grave crisi economica nel Paese.

I bambini a Natale nella parrocchia di Qaraqosh
I bambini a Natale nella parrocchia di Qaraqosh

Un Natale di solidarietà e testimonianza

Ma nulla toglie ai cristiani della Piana di Ninive la voglia di testimoniare la propria fede. Anzi, questo diviene il messaggio che dalla chiesa dedicata a san Behnam e Sarah a Qaraqosh, rinata dalla distruzione dell'Isis, rivolge ai cristiani di tutto il mondo padre Georges Jahola, raccontando a Vatican News i sentimenti di tutta la sua comunità:

[ Audio Embed Ascolta l'intervista a padre Georges Jahola]

R.- I giorni di Natale sono molto sentiti dalla gente e le funzioni sono molto gioiose, è il clima che porta il Natale. Il nostro è sicuramente un Natale di solidarietà perchè facciamo tante attività per condividere questa gioia con gli altri anche materialmente. D'altra parte le festività e le luci sono ridotte quest'anno in tutto il Paese a causa delle manifestazioni e delle vittime che ci sono state in questa lotta per migliorare la vita chiedendo ciò che gli appartiene. Dunque quest'anno ci sono meno luci per questa causa.

Quanto siete riusciti a riscostruire del tessuto sociale precedente all'arrivo dell'Isis? 

R. - La gente ha recuperato un pò del suo spirito e ci sono stati risultati positivi anche per la vita comunitaria. Tutti si sono attaccati molto di più alla preghiera e alla Chiesa, e lo vediamo nella grande partecipazione alle funzioni e alle Messe nelle nostre città. Riguardo poi la convivenza, sicuramente i cristiani hanno sempre nel cuore la tendenza alla pace e alla conciliazione. E' quanto abbiamo imparato e continuiamo ad imparare dal Signore.

Che tipo di messaggio si sente di lanciare ai cristiani del mondo, partendo da quanto avete vissuto?

R. - Soprattutto vogliamo dire ai cristiani nel mondo che non dobbiamo avere paura della testimonianza, la testimonianza che aspetta di essere data in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Avere il coraggio di dire: sono cristiano e sono portatore di pace e di conciliazione.

Quest'anno il Papa con la Lettera sul presepe ha voluto riattrarre l'umanità credente sul significato vero del Natale, la venuta di Gesù per amore. Quanto è sentita da voi la necessità di fare il presepe? 

R. - Il presepe come luogo fisico che ci attrae. Il segno tangibile è molto sentito comunque, ed è presente ovunque nelle chiese e nelle case e ci aiuta a far crescere la nostra fede.

Ma come vivono il Natale i bambini di Qaraqosh? E cosa augurano ai bambini del mondo? Abbiamo raccolto a Qaraqosh le testimonianze di Nadine e Myriam di 13 e 15 anni impegnate nelle attività della parrocchia:

Ascolta le voci dei bambini di Qaraqosh

R. - Il Natale per noi è un momento molto festoso e gioioso perché è il Natale del bambino che nasce nel nostro cuore, ma siamo anche contenti perché ci vengono donati i regali! Ai bambini del mondo auguro un Natale di gioia. Il Signore Gesù è nato, allelujah.

R. – Per me il Natale è vita nuova. E’ Gesù venuto tra noi per dirci che Dio è amore. E il presepe è il simbolo dell’umiltà di Dio che nasce, che ama il mondo attraverso questo gesto. Dio ha assunto il corpo umano che è un corpo debole e dobbiamo imparare da questa azione di Dio che si è fatto uomo, per diventare anche noi umili come lui.

 

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26 dicembre 2019, 08:00