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La Russia restituisce le navi ucraine sequestrate in Crimea

Si tratta di un segnale di distensione tra i due Paesi, in conflitto dal 2014, con l’annessione della Crimea alla Russia e l'occupazione russa del Donbass. Intervista a Nona Mikhelidze, responsabile del programma Europa orientale e Eurasia per l’Istituto Affari Internazionali

Federico Francesconi – Città del Vaticano

Il ministro degli esteri ucraino ha comunicato che le navi sono già in viaggio verso il porto di Odessa, da dove erano partite nel novembre del 2018, per poi essere sequestrate nei pressi del mare di Azov. La decisione è stata apprezzata anche dai leader di Germania e Francia; in particolare, il Presidente francese Macron ha dichiarato che questo gesto “aiuta a costruire fiducia nel dialogo tra Russia e Ucraina” in preparazione del summit speciale che si terrà il 9 dicembre. Il cosiddetto vertice “in formato Normandia” vedrà la partecipazione dei leader di Mosca, Kiev, Parigi e Berlino, e sarà incentrato totalmente sul tentativo di dare il via a un percorso di pace per il conflitto tra Russia e Ucraina nella regione di Donbass.

Il sequestro delle navi

Le navi, due cannoniere e un rimorchiatore, erano state sequestrate dalla marina moscovita il 25 novembre 2018. Le tre imbarcazioni, secondo il governo ucraino, stavano cercando di raggiungere lo stretto di Kerch – tra la Crimea e la Russia - quando sono state intercettate dalle forze navali russe, che hanno speronato il rimorchiatore e impedito di proseguire alle altre due navi, aprendo il fuoco e ferendo numerosi marinai ucraini. La Russia si giustificò accusando l’Ucraina di aver deliberatamente violato le acque territoriali russe senza un preavviso, dichiarazione ovviamente negata dalle autorità di Kiev, che sostennero di aver notificato il viaggio in conformità alle norme internazionali. La restituzione delle navi, avvenuta ieri, è stata preceduta in settembre dal ritorno a casa dei marinai delle tre imbarcazioni, grazie a un accordo di scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev.

Le tensioni tra Ucraina e Russia

La possibile distensione tra Kiev e Mosca ha un’importanza umanitaria notevole, infatti il conflitto tra le due nazioni ha portato negli ultimi 5 anni alla morte di 13mila persone, impegnate nella guerra in Donbass. Le tensioni risalgono al periodo successivo all’annessione della Crimea da parte della Russia, nel 2014. In quel periodo nella regione ucraina del Donbass, scoppiò un conflitto sanguinoso tra le forze separatiste della regione – a favore della Russia e sostenute da Mosca – e il governo di Kiev, deciso a riprendere il controllo sull’area occupata. Nonostante due diversi tentativi di accordo per un cessate il fuoco nel 2015, l’area è tutt’ora attraversata dal conflitto militare e si trova in uno stato di cosiddetto “frozen conflict”, sostanzialmente un lungo – e sanguinoso – dopoguerra, senza un trattato di pace definito. In questo momento, l’area è ancora sotto l’influenza dei separatisti, e indirettamente di Mosca, e recentemente le forze Ucraine, proprio in seguito alla restituzione dei prigionieri avvenuta a settembre, hanno cominciato a ritirare le proprie truppe dalla linea del fronte.

Come potrebbe andare l’incontro del 9 dicembre

“Se ci si avvierà verso una situazione di ‘frozen conflict’, e verso un allentamento del controllo militare sulla regione del Donbass, con una posizione conciliatoria della Russia, il meeting potrebbe avere successo; se invece l’idea di Putin è quella di insistere sullo statuto speciale per Donbass senza il ritiro delle proprie truppe, questo incontro difficilmente potrà cambiare la situazione del conflitto”. Lo spiega ai microfoni di Radio vaticana Italia Nona Mikhelidze, responsabile del programma Europa orientale e Eurasia per l’Istituto Affari Internazionali.

Ascolta l’intervista a Nona Mikhelidze

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19 novembre 2019, 15:08