Venezia sotto la piena dell'acqua Venezia sotto la piena dell'acqua 

Patriarca Moraglia: ripensare Venezia, tutele e turismo sostenibile

A Venezia non è finito l’allarme, si contano i danni e si guarda al futuro. La Chiesa in primo piano per aiutare. Intervista al patriarca di Venezia Francesco Moraglia: aspettiamo da troppo tempo il Mose, andare oltre il reddito turistico e fermare le grandi navi da crociera.

Roberta Gisotti e Luca Collodi – Città del Vaticano

Venezia dopo 48 ore da incubo è riemersa stamane alla vita sotto un cielo limpido, avvolta da un’aria fredda, con il sole ad illuminare le rovine della terribile mareggiata ed i volti impauriti e increduli di cittadini e turisti travolti dall’acqua mai così alta dal 1966, salita 1 metro e 87 centimetri. Non è ancora però finito l’allarme, dopo una notte tranquilla senza picchi di marea, che si è fermata ieri sera ad 80 centimetri, stamane si è arrivati a 113 centimetri ma non si escludono altri rialzi nei prossimi giorni.

I danni, da stimare con certezza, sono nell’ordine di centinaia di milioni di euro, ha dichiarato il sindaco Luigi Brugnaro, chiedendo - insieme al presidente della regione Veneto Luca Zaia - lo stato di emergenza, che si aspetta venga accettato oggi dal governo. Il primo ministro Giuseppe Conte, arrivato ieri pomeriggio a Venezia, per gestire l’emergenza con le autorità locali, ha rassicurato che “il governo è solidale e presente” e che “nessuno resterà da solo”, annunciando un primo intervento risarcitorio fino a 5 mila euro per i privati e 20 mila per i commercianti. Prosegue oggi l’inventario delle strutture, degli edifici privati e pubblici dei monumenti ed opere d’arte danneggiati, tra cui la basilica di San Marco, dove l’acqua ha raggiunto la cripta, e molte altre chiese. Fortunatamente non si segnalano finora danni al patrimonio delle collezioni museali, archivistiche e librarie.

Intanto si sono riaccese le polemiche per il mancato completamento del Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico), il sistema di paratoie mobili pensato per proteggere la città lagunare da maree eccezionali, di cui si era iniziato a discutere all’inizio degli anni ’80.  Progetto controverso e contestato per le spese ingenti richieste a fronte di dubbi sulla reale efficacia. Iniziato nel 2003 si attende, dopo alterne vicende politiche e anche giudiziarie, che ne hanno rallentato l’avanzamento dei lavori, che il Mose sia inaugurato nel 2021.

Tutto il mondo con il fiato sospeso e addolorato di fronte alle immagini di questa città in sofferenza, tra le più visitate dai turisti di ogni angolo del pianeta. Una Venezia che mostra tutta la sua fragilità e che chiede protezione particolare, come invoca il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia.  

Ascolta l'intervista al Patriarca Francesco Moraglia

R. – Devo dire che Venezia - che ha una sensibilità particolare nei confronti del contesto ambientale - è una città unica, costruita sull’acqua, che sta manifestando – soprattutto in questi ultimissimi anni – delle sofferenze. Pensi che esattamente un anno fa avevamo avuto un fenomeno che si avvicinava, come proporzioni, a quello dell’altra notte e questo ci preoccupa, perché se dobbiamo tornare indietro a fenomeni simili dobbiamo arrivare al 1966, ma fu una cosa eccezionale. Adesso questi parametri di acqua alta tornano con una certa frequenza: come ripeto, la notte scorsa non c’era solo una piazza invasa dall’acqua, ma c’erano delle onde, addirittura, che mosse evidentemente dal vento Grecale, con l’aiuto anche dello Scirocco, raggiungevano raffiche di 100 km all’ora, che poi hanno determinato lo sfondamento di alcune paratie che garantiscono la sicurezza della cripta e che hanno, appunto, determinato l’invasione della cripta da parte dell’acqua.

Come avete affrontato il disagio dei veneziani?

R. – Abbiamo cercato di essere vicini a loro, già nella mattinata di ieri, quando le acque erano ancora ampiamente nella città – quasi l’80 per cento della città è stato sommerso – visitando, ascoltando e mettendo a disposizione un numero verde, da parte della diocesi; abbiamo offerto ospitalità nel nostro seminario – una trentina di posti – e poi abbiamo potenziato le strutture della Caritas, che sono capillarmente diffuse sul territorio. Abbiamo avuto 10-12 richieste, soprattutto di persone anziane che avevano bisogno di superare il momento della difficoltà, della paura di vivere in casa da soli questi momenti.

L’acqua oltre la Basilica di San Marco ha invaso anche altre chiese.

R. – A me risulta che almeno una ventina di chiese siano andate pesantemente sotto il livello dell’acqua, della marea; stiamo contando i danni, anche perché certamente la basilica è l’emblema di Venezia, ha tutele particolari anche se in questo frangente sono state insufficienti di fronte alla forza inusitata della marea. Però, abbiamo una ventina di chiese, di parrocchie nelle adiacenze o non proprio nelle adiacenze di San Marco che denotano sofferenze. Io ho visitato alcune chiese: le panche galleggiavano nel vano dell’assemblea. Quindi, una grave sofferenza per queste comunità. Ho visto però sia i parroci sia le comunità che si sono rimboccati le maniche. Cercheremo di essere loro vicini in tutti i modi, anche per erogare qualche finanziamento di primo intervento per poter ri-consentire a queste comunità di avere un momento liturgico, e poi soprattutto riaprire i patronati, che sono l’oratorio, luogo di ritrovo dei ragazzi, in genere, ma anche degli anziani, che sono punti di forza importanti della vita ecclesiale e sociale della nostra diocesi.

Perché si fa così fatica a tutelare Venezia, da un punto di vista ambientale e artistico?

R. – Perché certamente tutelare Venezia non è facile; poi perché c’è un’impresa che si chiama Mose, che è una quarantina d’anni che si progetta, che si cerca di realizzare ma che sembra non riuscire mai ad arrivare a tagliare il traguardo. Ed è questo che io ho chiesto, ma anche il sindaco, anche il presidente della Regione hanno chiesto soprattutto al governo, perché è un’opera in mano al governo nazionale e quindi abbiamo chiesto di poterla condividere di più, questa operazione Mose, e soprattutto di poter vedere la fine di questa opera di difesa di Venezia. Sa, noi a Venezia, in basilica e in altre realtà anche cittadine possiamo fare la nostra parte e la vogliamo fare; ma bisogna tutelare a monte la città, la sua ricchezza culturale di chiese, di monumenti, di opere d’arte attraverso questo intervento che ormai è da troppo tempo atteso e non viene mai inaugurato e non viene mai messo in opera.

Davanti all’alluvione di Venezia ha espresso amarezza, però resta fiducioso …

R. – Sì, resto fiducioso a condizione che si voglia insieme ripensare la nostra città; non la si può condannare ad essere solo uno strumento di reddito per il turismo, ma dev’essere una città che torni ad essere abitata, quindi avere delle politiche abitative soprattutto in favore delle famiglie, dei giovani. E poi bisogna anche pensare che questa città non può andare oltre dei parametri di sicurezza e di sostenibilità. Io penso a due cose, fondamentalmente: non vogliamo escludere nessuno, però un turismo che riversa 28 milioni di persone all’anno in una struttura fragile come è quella di Venezia, è eccessivo. Poi, il passaggio delle grandi navi: ci sono stati nell’estate scorsa, a giugno e a luglio, due eventi che potevano diventare tragici. Proprio in concomitanza del passaggio di queste navi da crociera nel Canale della Giudecca si è rischiato veramente di andare vicini a una tragedia. Quindi, sì il turismo ma calmierato secondo le possibilità della città, accogliendo tutti e volendo un turismo anche alla portata di tutti, non d’élite e nello stesso tempo, ripensare veramente la città di fronte al passaggio delle grandi navi.

 

 

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14 novembre 2019, 11:38