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La condanna del Papa alle armi nucleari è realismo politico

Dinanzi alla fine dell’approccio multilaterale ed alla nuova corsa al riarmo atomico, si registra una certa indifferenza da parte dell’opinione pubblica per una questione che invece riguarda l’umanità intera e, dunque, ciascun individuo. Per questo il monito del Papa che arriva dal Giappone ha un’eco mondiale

Andrea De Angelis - Città del Vaticano

Papa Francesco l’ha definito “un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità”, ma “contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”. “La vera pace può essere solo una pace disarmata”, ha aggiunto il Santo Padre, sottolineando come “dall’abisso di silenzio si continua ad ascoltare il grido di coloro che non sono più”. I discorsi pronunciati da Francesco ad Hiroshima e Nagasaki vanno certamente considerati come interventi di teologia morale, sono parole profetiche. Frutto di un’attenta e puntuale analisi del mondo contemporaneo, dunque esprimono un forte realismo politico: il mondo rischia di autodistruggersi.

“Le parole del Papa sono di un forte realismo politico”

Parole chiare, lapidarie. “Di un forte realismo politico”. Maurizio Simoncelli, docente universitario e vicepresidente di Archivio Disarmo, commenta così le parole pronunciate dal Papa in merito alla questione nucleare nel suo recente viaggio apostolico in Giappone. Simoncelli registra poi un netto calo del dialogo per il disarmo nucleare tra i Paesi principali ed evidenzia come i media parlino poco e male della questione, dinanzi ad una opinione pubblica “sempre più disinteressata”. “L’unica voce autorevole – conclude – è quella di Papa Francesco”.

Ascolta l'intervista a Maurizio Simoncelli

“Saremo giudicati per questo” 

“L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo”. Questo è sicuramente uno dei passaggi più forti del discorso pronunciato dal Papa al Memoriale della Pace di Hiroshima. Concetti che hanno dei riferimenti recenti nel pontificato di Bergoglio. Il Papa all’udienza del 2017 ai partecipanti al convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, disse infatti come sia da “condannare con fermezza” l’uso degli ordigni nucleari così come il “loro stesso possesso”, e parole simili furono pronunciate quello stesso anno nella conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio apostolico in Myanmar e Bangladesh. La corsa al nucleare, però, continua. 

Il nucleare nel mondo

I numeri delle testate nucleari sono inferiori rispetto al passato, ma ampiamente sufficienti per decretare la fine del genere umano. I Paesi che per distacco detengono i numeri maggiori di testate sono, secondo l’associazione Arms Control, la Russia e gli Stati Uniti: rispettivamente 6490 e 6185. Seguono Francia, Cina e Regno Unito, con numeri che si aggirano tra le 200 e le 300 testate. Poi nell’ordine Pakistan, India, Israele e Corea del Nord.

Il TPAN: una speranza recente

Dinanzi a questi numeri terribili, c’è anche la speranza. Recente, visto che il trattato è stato adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, aperto alla firma a New York nel settembre di quell’anno ed entrerà in vigore 90 giorni dopo la ratifica di almeno 50 Stati. Stiamo parlando del Trattato per la proibizione delle armi nucleari che, in base all'articolo 13, è stato aperto alla firma di tutti gli Stati presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York esattamente il 20 settembre 2017. Il cammino è ancora lungo, visto che sono al momento 34 i Paesi ad aver ratificato il trattato e ad essere, dunque, Stati parti. Tra questi, anche lo Stato della Città del Vaticano.
 

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29 novembre 2019, 13:12