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Nucleare: 9500 le testate ancora impiegate per uso militare

Sono circa due terzi delle 14000 presenti al mondo e appartengono quasi tutte alla Russia e agli Stati Uniti. Ne parliamo con Giorgio Alba, ricercatore ed esperto di disarmo nucleare.

Federico Francesconi – Città del Vaticano

Immorale l’uso e la detenzione delle armi atomiche: così Papa Francesco, durante la sua visita a Hiroshima, ha rivolto un appello a tutta la comunità internazionale, invitando i fedeli e i leader mondiali a riflettere sui pericoli delle armi atomiche. Il mercato del nucleare appare tuttavia molto ancora florido e molti Paesi continuano a condurre test a scopo militare.

I Paesi tecnicamente più avanzati da questo punto di vista sono la Russia e gli Stati Uniti, che detengono rispettivamente 6490 e 6185 testate nucleari, più di mille delle quali sono dispiegate strategicamente in diverse basi missilistiche. Seguono, molto alla lontana, Cina, Francia e Regno Unito, con numeri che si aggirano tra le 200 e le 300 testate.

La diffusione del nucleare nel mondo

Il primo tentativo di limitazione degli armamenti nucleari risale al 1968, con il Nuclear Nonproliferation Treaty (Ntp). Il trattato legittimava le armi già possedute dai primi cinque Stati firmatari del trattato (Cina, Francia, Stati Uniti, Russia e Regno Unito), ma stabiliva che queste armi venissero estinte nel tempo e che non ne venissero costruite di nuove, stabilendo inoltre che questi Paesi fornissero agli altri Stati, aderenti all’accordo, aiuti e incentivi nel campo della tecnologia nucleare civile.

Purtroppo questi accordi sono stati negli anni rispettati solo fino ad un certo punto. Alcuni Paesi, come India e Israele, non hanno mai aderito al trattato, altri, come l’Iraq di Saddam Hussein, hanno dato il via a progetti nucleari segreti. Nel 2000 i Paesi “fondatori” del trattato hanno ribadito il loro impegno nella totale eliminazione degli arsenali nucleari, tuttavia essi stessi sono ancora i maggiori detentori di testate atomiche e, recentemente, proprio gli Stati Uniti e la Russia, i più potenti tra i cinque, hanno mostrato un nuovo interesse nello sviluppo militare del nucleare. Bisogna considerare che, dalla fine degli anni ottanta, il numero di testate presente nel mondo è diminuito consistentemente, passando da 70000 a 14000, tuttavia non si possono paragonare le armi di allora con quelle attuali: ad esempio, i siluri Poseidon, sviluppati dalla Difesa russa, possiedono una forza radioattiva pari a cento volte quella della bomba di Hiroshima.

Ascolta l'intervista a Giorgio Alba

Le due facce della tecnologia nucleare

“Lo studio del nucleare è una scienza con applicazioni ‘dual use’ , ciò significa che le stesse tecnologie che possono essere utilizzate per produrre energia elettrica, o per la creazione di isotopi per la cura del cancro, possono essere impiegate anche per la messa a punto di armi atomiche”, spiega ai nostri microfoni Giorgio Alba, ricercatore ed esperto di disarmo nucleare. “Per questo motivo – aggiunge Alba – gli investimenti sullo sviluppo del nucleare militare da parte dei Paesi occidentali e delle superpotenze sono così preoccupanti: spingono anche gli altri Paesi a considerare queste armi come importanti per la loro protezione”.

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27 novembre 2019, 16:10