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“Diritti in crescita”: sono quelli dell’infanzia a 30 anni dalla Convenzione Onu

Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale della Nazioni Unite approvava la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata ad oggi da 196 Stati. Il Garante italiano per l’infanzia Filomena Albano: “tutelare con più forza i diritti dei minori sul web e di quelli che migrano, spesso non accompagnati”

Laura De Luca e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Diritti in crescita”. Trent’anni fa, oggi, il 20 novembre 1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rigths of the Child - CRC), ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge 176. Così, pochi giorni dopo la caduta del Muro di Berlino, cadeva un muro di omertà sui destini dei giovanissimi. In questi trent’anni la Convenzione è divenuta il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche: oggi sono 196 gli Stati che si sono impegnati nel rispetto dei diritti in essa riconosciuti. E’ stata costruita armonizzando differenti esperienze culturali e giuridiche, dopo quasi un decennio di lavori preparatori, e rappresenta un testo giuridico di eccezionale importanza poiché riconosce, in forma coerente, tutti i bambini e tutte le bambine del mondo come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici.

Albano: nuove tutele sul web e per i piccoli migranti

Diritti che, in una società diventata digitale, vanno adeguati alle nuove vulnerabilità, ai rischi presenti ad esempio sul web. Per questo, lunedì a Roma, l'Autorità Garante per l'Infanzia e l'adolescenza, istituita nel 2011 per dare attuazione in Italia alla Convenzione dei diritti dell'infanzia, ha scelto come titolo di un convegno organizzato all'auditorium dell'Ara Pacis, “Diritti in crescita”. Abbiamo chiesto alla Garante Filomena Albano, a che punto siamo e che cosa è successo in questi trent'anni nei confronti di più piccoli.

Ascolta l'intervista a Filomena Albano

R. - Dal 1989, anno in cui è crollato anche il Muro di Berlino, la convenzione ha dato inizio a un cambiamento culturale che vede bambini e ragazzi non solo destinatari di protezione degli adulti ma soggetti titolari di diritti, non più solo minori ma persone che di minore hanno solo l’età. Oggi però è tempo di bilanci, dobbiamo interrogarci su quali diritti non sono stati ancora attuati, quindi quali diritti devono essere implementati. E dobbiamo interrogarci anche su quali sono i nuovi diritti, cioè le nuove esigenze, le nuove vulnerabilità emerse negli ultimi 30 anni che impongono la necessità di ulteriori tutele. Pensiamo al digitale. 30 anni fa era soltanto sullo sfondo mentre adesso per i bambini e per i ragazzi, spesso soli di fronte a uno schermo, rappresenta un tema di stringente attualità. Anche il fenomeno delle migrazioni minorili, 30 anni fa era sullo sfondo mentre adesso il nostro Paese è fortemente interessato dal fenomeno. Quindi, in chiave evolutiva, dobbiamo pensare a diritti scritti nella Convenzione, come “Diritti in crescita”: sono in crescita proprio perché bisogna individuarne sempre di nuovi corrispondenti all’evoluzione della società.

Lei ha citato il grande impatto dell’innovazione tecnologica, il web per esempio, e ha anche accennato alle grandi trasformazioni sociali, l’emigrazione, insomma una società liquida, in perenne trasformazione. Dall’altra parte ha citato il diritto che invece richiede una stabilità. Questi due universi così lontani, come possono incontrarsi a servizio dei più giovani, delle generazioni del futuro?

R. – Devono incontrarsi perché l’obiettivo è l’equilibrio. L’ equilibrio ... da un lato c’è una profonda consapevolezza negli ultimi anni della dimensione relazionale dell’uomo, quindi dell’importanza dell’incontro, della relazione, della solidarietà. Dall’altro lato c’è una spinta opposta che verso l’individualismo, verso l’autoreferenzialità, verso il narcisismo. Ecco, in mezzo c’è anche la disgregazione in taluni casi delle relazioni a più livelli, relazioni familiari, relazioni sociali, relazioni generazionali. Ecco, di fronte a spinte apparentemente contrapposte, il metro ce lo indica ancora una volta la convenzione, ed è quello del superiore interesse del minore, che rappresenta lo strumento per bilanciare i diritti della Convenzione e nello stesso tempo rappresenta l’obiettivo.

Come ha visto cambiare in questi 30 anni i giovanissimi?

R. – I ragazzi sono più soli. La solitudine è una realtà dei nostri giorni, sia appunto per via dell’utilizzo del web, che è una risorsa, ma comporta anche un filtro rispetto alle relazioni che diventano più rarefatte, sia perché il senso di comunità, una comunità che era abituata a tenersi unita, a ricucire i rapporti, è diventata anche la comunità più rarefatta. C’è la necessità di ripensare il motto “non uno di meno”: non solo “non un diritto di meno” ma anche “non un bambino in meno”, cioè nessuno sia lasciato indietro.

Accanto ai diritti dei più giovani, può individuare anche dei doveri? Da parte dei ragazzi...

R. – Certo, i doveri dei ragazzi procedono di pari passo ai diritti però non bisogna ingannarsi, è una responsabilità degli adulti anche quella di spingere i ragazzi verso una maggiore consapevolezza dei propri diritti e doveri. Ma alla fine è sempre una responsabilità degli adulti che non devono abdicare in nessuna maniera al ruolo di guida, al ruolo di punto di riferimento rispetto ai più giovani. perché i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sono anzitutto una responsabilità degli adulti prima ancora che dei ragazzi.

Per concludere, lei avrà visto, incontrato adulti e ragazzi, essendo al vertice dell’autorità per l’infanzia e l’adolescenza. Ha memoria di un giovanissimo al quale si sente di essere grata per un’esperienza particolarmente difficile superata brillantemente, per una prova di coraggio, di coerenza, di maturità?

R. - In realtà così tanti che temo di far torto a qualcuno ricordandone uno solo. Mi consenta solo in ogni modo di rammentare tutti quanti i ragazzi che attraversano momenti non facili della loro vita, a seguito di problemi di salute che riemergono e dimostrano forza e coraggio, spirito di fiducia nei confronti del presente e del futuro da cui gli adulti dovrebbero prendere riferimento.

Ghizzoni (Cei): manca ancora una vera cultura contro gli abusi

Nel giorno del trentesimo anniversario della Convenzione, il 20 novembre, dichiarato dall’Onu Giornata universale del Bambino, 60 anni fa, le Nazioni Unite approvarono anche la Dichiarazione universale dei Diritti del Fanciullo. A questi anniversari l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede dedica una tavola rotonda, a Palazzo Borromeo a Roma. Intervengono, introdotti dall’ambasciatore Pietro Sebastiani, monsignor Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, Emanuela Claudia Del Re, vice ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio Nazionale Tutela Minori della CEI, e Orazio Moscatello, del Movimento dei Focolari. Chiediamo a monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia e presidente del Servizio Nazionale Tutela Minori della CEI, come è applicata in Italia la Convenzione.

Ascolta l'intervista a monsignor Lorenzo Ghizzoni

R. – C’è un impegno generale da parte degli organismi deputati, ci sono delle buone linee guida, però mi sembra che sul territorio manchi ancora una vera cultura che contrasti l’abuso, le violenze, e più in generale i maltrattamenti verso l’infanzia, ma anche verso l’adolescenza. C’è un lavoro da fare a livello di base, dei ragazzi stessi, nelle scuole, nelle famiglie.

Il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia nelle sue osservazioni all’Italia raccomanda di non discriminare i minorenni stranieri non accompagnati e quelli appartenenti a minoranze. Su questo c’è ancora molto da fare?

R. – Certo, in Italia ne sono arrivati tantissimi negli anni passati, e anche le ultime migrazioni sono state caratterizzate da una percentuale alta di minori non accompagnati. Ragazzi e ragazze che se non sono presi a carico da qualcuno spesso diventano più vulnerabili e in balia delle organizzazioni malavitose o comunque sono abbandonati e quindi a rischio dal punto di vista della salute e del loro inserimento nella società.

La Chiesa italiana ha fatto il suo con l’approvazione a maggio, da parte della Cei, delle linee guida sulla tutela dei minori, chiedendo un cambio di cultura ai cattolici italiani. A che punto siamo?

R. – E’ stato questo il nostro impegno, a partire dalla richiesta che Papa Francesco ha fatto a tutte le conferenze episcopali del mondo, in questo 2019, a febbraio, con un grande summit di tutti i presidenti delle conferenze episcopali e degli istituti religiosi. Noi abbiamo approvato delle linee guida che danno indicazioni a tutte le diocesi affinché istituiscano la figura di un referente diocesano, possibilmente un esperto competente, laico o religioso, donna o uomo, che possa supportare il vescovo nell’attività di promozione di una cultura nuova che tutela il minore, il piccolo, da tutte le forme di maltrattamento, di abuso. Il Papa lo ha specificato in tre tipologie: abuso di potere, abuso di coscienza e abuso sessuale. Tutte e tre devono essere contrastate già a livello culturale, prima ancora di trovare i modi per reagire e per reprimere i reati che possono essere commessi in questo campo. Reati che pure vengono commessi, in una percentuale superiore a quella che è la percezione comune della gente.

Nella vita concreta dei nostri gruppi parrocchiali, le linee guida per il comportamento degli operatori pastorali proposte dal Papa chiedono di “usare prudenza e rispetto nel relazionarsi con i minori”, vietano di “infliggere castighi corporali di qualunque tipo” e “chiedere ad un minore di mantenere un segreto”. Norme di correttezza morale che vanno comunque ribadite…

R. – Noi abbiamo stilato delle linee guida generali che sono principi generali che compartano una conversione nella vita della Chiesa, mettendoci dalla parte delle vittime e non da quella di chi può aver abusato. Poi abbiamo dato delle norme concrete per reagire di fronte ai casi di violenza quando accadono, e infine abbiamo preparato dei protocolli concreti nei quali vengono date indicazioni proprio per le parrocchie. Sono tante le norme che cerchiamo di far entrare nella vita quotidiana come appunto quelle di rispettare i minori in tutte le loro attività, nelle loro caratteristiche, nella loro corporeità e di riconoscere quello che loro possono fare, dando loro la giusta autonomia senza entrare nell’intimità di questi ragazzi. Si cerca di controllare gli educatori, i catechisti, coloro che hanno più a che fare, ogni giorno, con i ragazzi, compresi anche i genitori, che devono essere aiutati. Dato che la stragrande maggioranza di questi abusi avviene in casa, anche i genitori devono essere aiutati, avvertiti e anche formati perché siano loro stessi a proteggere i figli o i minori e a tutelarli da interventi dall’esterno.

C’è poi la nuova sfida della tutela dei minori sul web…

R. – Oggi la rete può catturare moltissimi ragazzi, dai dieci, undici anni, in poi, che sono spesso al cellulare per ore, tutti i giorni, e lì possono trovare persone che cercano di farseli amici, di convincerli, di sedurli, di agganciarli. C’è il problema delle foto, che loro fanno con molta spontaneità, e purtroppo possono girare ed essere utilizzate, i messaggi… La rete rappresenta oggi uno dei luoghi principali nei quali si deve fare prevenzione, e forse dobbiamo chiedere in modo più forte a coloro che gestiscono la rete, di creare delle forme di controllo e di protezione nei confronti dei minori, perché sono davvero delle prede facilmente catturabili. 

La Convenzione sui diritti dell'infanzia, divisa in 54 articoli

La Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza è composta di 54 articoli e da tre protocolli opzionali, che riguardano i bambini in guerra, lo sfruttamento sessuale e le procedure di reclamo (che consente anche ai minorenni –  individualmente o in gruppo – di sollevare reclami relativi a specifiche violazioni dei propri diritti). Il testo è diviso in tre parti: la prima contiene l’enunciazione dei diritti, la seconda individua gli organismi preposti e le modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione, mentre la terza descrive la procedura di ratifica.

I quattro principi generali: primo, la "non discriminazione"

Il Comitato Onu ha individuato quattro principi generali e fondamentali per offrire garanzie minime a tutela dell’infanzia e in grado di fornire un orientamento ai governi per l’attuazione della Convenzione. Il primo è la “non discriminazione”: l’articolo 2 recita che i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori. Il secondo prinicpio generale è il “superiore interesse”: come stabilisce l’articolo 3, in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità.

Quarto principio: "l'ascolto delle opinioni del minore"

Il terzo è il “Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo” del bambino e dell'adolescente, definito nell’articolo 6: gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati. Il quarto e ultimo principio generale della Convenzione è l’ “ascolto delle opinioni del minore”. L’articolo 12  prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.

Un Comitato Onu controlla l'attuazione della Convenzione

La Convenzione prevede anche un meccanismo di controllo sull’operato degli Stati, che devono presentare a un Comitato Onu sui diritti dell’infanzia un rapporto periodico sull’attuazione dei diritti dei bambini e adolescenti nel proprio Paese. Il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia viene istituito nella seconda parte della CRC allo scopo di esaminare i progressi compiuti dagli Stati parti nell'esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato.

 

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20 novembre 2019, 05:58