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Le proteste a Santiago del Cile Le proteste a Santiago del Cile 

In Cile ancora manifestazioni e scioperi

Il Presidente ha annunciato che tutti gli esponenti delle forze dell’ordine in pensione saranno richiamati in servizio. Manifestazioni e scioperi restano parole d’ordine nel Paese, dove anche nei giorni scorsi migliaia di persone hanno sfilato nella capitale per lamentare disuguaglianza sociale e contestare il governo. Intervista al vescovo ausiliare di Santiago Alberto Lorenzelli

Fausta Speranza - Città del Vaticano

Il Presidente cileno Sebastián Piñera ha dichiarato che "l'ordine pubblico è stato violato" e che l'attuale contingente di polizia non è sufficiente a causa dell'escalation di incidenti, saccheggi e incendi in tutto il territorio. Il capo di Stato ha anche lanciato un appello parlando di possibili accordi di pace e una nuova Costituzione.

20 morti e 1.600 feriti dall’inizio delle proteste

Le prime proteste sono scoppiate il 18 ottobre scorso e da allora si contano almeno 20 morti e 1.600 feriti. Dopo le testimonianze, le fotografie e i video dei soprusi con cui esponenti della polizia e dell’esercito cileno hanno tentato di reprimere le contestazioni, l’Onu ha avviato un’indagine che si è conclusa con la pubblicazione l’11 novembre di un rapporto molto duro. Gli esperti delle Nazioni Unite affermano che “l’alto numero di feriti e il modo in cui sono state utilizzate le armi sembrano indicare che l’uso della forza è stato eccessivo e ha violato il requisito di necessità e proporzionalità". Emerge un allarme in particolare: "Siamo profondamente preoccupati per le notizie che ci arrivano circa gli abusi contro ragazzine e ragazzini; maltrattamenti e percosse che possono costituire fattispecie di tortura. Sono giunte altresì notizie di violenze sessuali subite da donne, uomini e adolescenti".
Ventiquattro ore prima del report dell’Onu, il settimo tribunale penale di Santiago del Cile ha accolto una denuncia contro il presidente Sebastián Piñera per crimini contro l’umanità, avviando una indagine ad hoc.

La situazione resta tesa e caotica

Si continuano a registrare anche saccheggi e attacchi ad alcune chiese, dopo che la cattedrale di Valparaiso e la parrocchia dell'Assunzione di Maria a Santiago del Cile sono state nei giorni scorsi saccheggiate e profanate da manifestanti incappucciati. I vescovi sono intervenuti con un comunicato, firmato anche dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Santiago Silva, in cui si legge tra l’altro: “I violenti impediscono di guardare con la dovuta attenzione alle giuste pretese della maggioranza del popolo cileno che desidera soluzioni reali e pacifiche”.

Per un aggiornamento sulla crisi cilena Sofia Lobos ha raggiunto telefonicamente monsignor Alberto Lorenzelli, vescovo ausiliare di Santiago del Cile:

R. - La situazione in Cile in questo momento è piuttosto difficile, complessa, proprio per la realtà che si sta vivendo: da una parte le manifestazioni pacifiche, la richiesta di più uguaglianza, del bene comune, che si possa veramente tornare ad una vita in cui non ci sia troppa differenza tra i più ricchi e i più poveri - e questo è il momento in cui questo svegliarsi del Cile, queste manifestazioni, portano anche tutta la classe politica a prendere coscienza che c’è necessità di un grande cambiamento -; dall’altra parte purtroppo accanto a queste manifestazioni pacifiche, si generano anche forme di violenza, dove si distruggono le strade, si fanno barricate, purtroppo anche incendi e saccheggi anche delle nostre chiese.

I vescovi seguono con grande attenzione la situazione…

R. - In questo momento i vescovi cileni sono radunati; stiamo dialogando e affrontando questo tema. Abbiamo mandato un messaggio chiedendo a tutti i cileni l’uso della ragione e l’apertura ad un dialogo; lo abbiamo chiesto anche alla classe politica, agli imprenditori, a tutte le istituzioni. Anche la Chiesa si è messa a disposizione per poter collaborare in qualche maniera a questo dialogo per creare una situazione più pacifica. A tutti i cileni che hanno un’anima generosa, di pace, che hanno saputo affrontare momenti più difficili: che possano tirare fuori veramente tutto quello spirito che li caratterizza, non attraverso la violenza, ma attraverso la generosità, la disponibilità, la solidarietà e soprattutto quella pace che fa parte proprio del popolo cileno. Chiediamo a tutti di usare la ragione, aprirsi al dialogo, a quella cultura dell’incontro, alla quale spesso il Papa invita. Chiediamo, noi come Chiesa, come comunità cristiana, di metterci anche in preghiera, per rispondere veramente a questo momento particolare della nostra storia, difficile e complessa.

Ascolta l'intervista a mons. Lorenzelli

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14 novembre 2019, 12:55