Siria. Monteduro (Acs): le sanzioni bloccano la ricostruzione

Il presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre rilancia l’impegno della Fondazione di diritto pontificio che porta avanti decine di opere di carità e la ricostruzione dei villaggi cristiani in Siria

Marco Guerra – Città del Vaticano

Per fare il punto della situazione nell’opera di ricostruzione materiale e spirituale della Siria, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha dato la parola ai testimoni della guerra che ha devastato il Paese.

In una conferenza stampa tenuta questa mattina nella sede centrale della Fondazione di diritto pontificio, hanno raccontato le loro storie padre Talal Mtnias Taalab, sopravvissuto all’invasione e alle violenze dello Stato Islamico a Maalula, antica città cristiana, dove ancora si celebra Messa in aramaico, la "lingua del Gesù", e che nel settembre del 2014 subì la devastazione da parte delle milizie fondamentaliste.

Padre Talal e il dramma di Maalula

Il sacerdote siriano ha riferito delle chiese e croci distrutte, dei Vangeli calpestati ma soprattutto dei rastrellamenti dei gruppi armati che sono entrati nelle case dei cristiani imponendo loro conversione forzate come unico modo per evitare di essere uccisi. “Siamo nati cristiani e moriremo cristiani” è quello che hanno detto molti membri della famiglia di padre Talal prima di morire per mano dei jihadisti. Ma da quei giorni di sangue e dolore sono emerse anche testimonianze di cristiani che si sono salvati dopo una visione di Sant’Antonio, che ha consentito loro di rimanere sicuri nel loro nascondiglio. “Quello che abbiamo subito – ha detto ancora - testimonia quanto sia pesante la croce ma siamo convinti di essere sulla via della resurrezione: preghiamo per ogni famiglia perché Dio dia loro consolazione e pace”.

Il martirio di padre Frans

Samer al-Dhhak è stato testimone della vita e del martirio di padre Frans van der Lugt, il religioso gesuita olandese, che ha vissuto diversi decenni in Siria prima di essere ucciso dai jihadisti ad Homs. Samer membro della comunità musulmana ismaelita della città di Al Salamiya ha raccontato come padre Franz faceva sperimentare lo spirito di ospitalità a tutte le componenti etniche del Paese, tramite il “Centro la Terra”, struttura per disabili che veniva frequentata da persone provenienti da tutto il Paese.

Infine il prof. Maurice Agob, docente di filosofia e arabo, ha ripercorso il calvario del suo rapimento eseguito dai ribelli estremisti e di come le sue parole sulla fratellanza tra musulmani e cristiani lo abbiano salvato: “Quando sarete condotti davanti ai tribunali non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché lo Spirito del Padre vostro che parlerà per voi, mi sono ricordato di queste parole di Gesù è ho sentito una grande forza e sicurezza”.

Le opere di Acs in Siria

Tre siriani - due laici e un religioso, due cristiani e un musulmano  - che rappresentano lo spirito che anima la voglia di rinascita in Siria. Una propensione toccata con mano anche dal direttore di Acs Alessandro Monteduro appena tornato, insieme al arcivescovo di Milano Mario Delpini, da un viaggio in Siria che ha fatto tappa presso le comunità cristiane di Maalula, Aleppo e Homs. Una visita che è servita anche per tornare a dare supporto alle 75 opere di carità attualmente portate avanti Acs. Chiese, scuole, campi estivi, abitazioni sono oltre 800, per un totale di 36 milioni di euro, questi i progetti finanziati dal 2011 da Acs. Interventi tesi anche a fermare la diaspora dei cristiani che hanno lasciato la Siria, dopo un martirio che ha visto oltre 1.300 chiese distrutte, quasi 8.000 case di famiglie cristiane danneggiate, 677 cristiani rapiti e oltre 1.700 uccisi. La comunità cristiana è passata così nel suo complesso da circa 1 milione di presenze a poco più di 500mila. Sullo sfondo resta poi la tragedia di tutto il popolo siriano che conta circa 520mila vittime e oltre 6 milioni di sfollati interni, dopo 8 anni guerra.

Monteduro: le sanzioni bloccano la rinascita

“Ora il conflitto si è concluso su quasi tutto il territorio Siriano, ma dopo le bombe stanno infliggendo altrettanta sofferenza le sanzioni alla Siria, questo ci hanno detto di denunciare con forza le comunità che abbiamo incontrato in Siria”, ha voluto sottolineare il direttore Alessandro Monteduro intervistato a margine della conferenza stampa da VaticanNews:

Ascolta l'intervista al direttore di Acs Monteduro

R. - Abbiamo voluto coinvolgere queste figure, queste storie perché possano descrivere oggi cosa è la Siria. Sono storie geograficamente coinvolgenti perché raccontano quello che si è patito a Homs, a Ma'lula, ad Aleppo in questi anni di conflitto; storie nella loro fede coinvolgenti perché, per esempio, tra i tre testimoni vi è un cittadino siriano, un musulmano che diviene quasi un discepolo di padre Frans van der Lugt, ne racconta quindi la meraviglia dell’opera e oggi se ne è fatto, se vogliamo, un naturale prosecutore, aggregando dei ragazzi attorno alla misura dello stesso padre Van der Lugt. La storia del professor Agob da Aleppo, è una storia straordinaria, drammatica, perché lui subisce il rapimento ma racconta come nei giorni del sequestro sia stata la fede a nutrirlo, a dargli la speranza e con quella fede, credendo solo nella fede, a ritrovare quella stessa libertà. Ecco, storie che fotografano oggi quello che è stata la Siria ieri, ma anche provare a descrivere la sofferenza dell’oggi. Perché in Siria il conflitto oggi è nella gran parte della nazione terminato. Non è terminato ad Idlib. Ci sono fortissime tensioni nella zona nordest, nella zona occupata dai curdi, ma non è sostanzialmente terminato perché un conflitto non termina solo se non esplodono le bombe; termina nel momento in cui ad un popolo viene data la possibilità di rinascere. E oggi le sanzioni economiche impediscono in modo violento a quel popolo di ripartire, di rinascere.

A fronte delle sanzioni economiche che ancora mortificano il popolo siriano c’è l’azione di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Non si può ridurre in numeri questo grande impegno però ci sono dati che danno contezza di quello che fate. Può parlarcene?

R. – L’azione di Aiuto alla Chiesa che soffre, l’azione di altre organizzazioni di carità, l’azione dell’intera comunità cattolica di Occidente… Io dico sempre come siano impressionanti quei numeri nell’aridità che i numeri di per sé rappresentano. Sono impressionanti nel momento in cui raccontano come per la sola Siria in 17 mesi dal 1 gennaio 2017 al 31 luglio 2018 da tutte le agenzie di carità cattoliche sono arrivati interventi per oltre 170 milioni di dollari… anche l’impegno di Acs oggi si sta innalzando. Paradossalmente non ci sono più le bombe ma stiamo implementando i nostri progetti. Dicevo prima quel conflitto sarebbe solo terminato perché le bombe non starebbero più esplodendo ma gli effetti sono altrettanto traumatici con l’applicazione delle sanzioni economiche… Non può ripartire un Paese se non ha il petrolio, se non ha la benzina. Un agricoltore cristiano che ci ha chiesto: “Io sono tornato a lavorare la mia terra, ma come faccio a raggiungere i mercati di Damasco, di Homs, di Aleppo, se non ho la benzina per poterli raggiungere? Dunque a chi vendo i prodotti della mia terra?”. Il Paese non può ripartire. E, allora, la Siria è scomparsa dai radar dell’informazione della politica internazionale, le sanzioni economiche la stanno ulteriormente uccidendo… Aiuto alla Chiesa che soffre, attraverso l’informazione, attraverso i suoi progetti, in questo momento ne abbiamo 75 pienamente aperti che significano case, chiese, cibo, latte, borse di studio... Significa tutto quello che oggi manca soprattutto alle minoranze e ovviamente per Aiuto alla Chiesa che soffre la minoranza cristiana è quella alla quale guardiamo con maggiore trasporto.

Un ultimo sguardo a quei pochi villaggi che sono ancora nelle aree occupate dai ribelli. Si sa qualcosa di quelle comunità?

R. – Eravamo all’ospedale italiano di Aleppo, Saint Joseph e ad un certo punto si avvicina una persona anziana, tremante, arrivava da Idlib … Idlib in tempi di pace la si raggiunge da Aleppo e viceversa con appena mezzora di auto. Aveva percorso 24 ore di viaggio, una persona veramente molto anziana, insieme alla moglie, però necessitava di cure … Era commossa, più che commossa… Aveva lavorato per più di 20 anni in Italia, quindi avevamo la possibilità di dialogare serenamente. Ci raccontava di una condizione drammatica. Nel suo villaggio, che è un villaggio piccolissimo cristiano, sono in 10 famiglie: sono asserragliati, non possono uscire non hanno più nulla, imploravano un aiuto.

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30 settembre 2019, 14:53