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Dj Fabo: i giudici della Corte d'Assise di Milano Dj Fabo: i giudici della Corte d'Assise di Milano  

Sentenza della Consulta. Sconcerto dei vescovi italiani. Gambino: decisione grave

È arrivata ieri sera la decisione dei giudici della Suprema Corte sulla compatibilità con la Costituzione dell'articolo 580 del codice penale che punisce chiunque aiuti un’altra persona a togliersi la vita. La Chiesa italiana esprime preoccupazione e sconcerto

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano

Suicidio assistito non punibile, ma a determinate condizioni. Necessario un intervento legislativo. Questa in sintesi la decisione della Corte Costituzionale italiana sul suicidio assistito arrivata nella serata di ieri. La Chiesa italiana prende le distanze e in una nota rilancia le parole del Papa a riguardo: "Si può e si deve respingere la tentazione - indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”. Sulla stessa linea medici e associazioni cattoliche. Nell'intervista di Francesca Sabatinelli, il giurista e presidente dell’associazione Scienza e Vita, Alberto Gambino parla di "decisione grave". "Abbiamo aperto" - afferma -"un orizzonte pericoloso specie per le persone più fragili":

Ascolta l'intervista a Alberto Gambino

La Consulta - lo ricordiamo - era chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale che punisce con la reclusione fino a 12 anni l'aiuto e l'istigazione al suicidio. Il dubbio era stato ravvisato dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo Cappato-dj Fabo ovvero quando due anni fa l’esponente radicale aiutò Fabio Antoniani, paraplegico e cieco dopo un incidente d’auto, a raggiungere la Svizzera per ottenere il suicidio assistito.

La decisione

Esattamente - come si legge nel comunicato diffuso in serata - la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, "chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli". Le condizioni di non punibilità - in attesa di un "indispensabile" intervento del legislatore - sono legate alla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua nonchè alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura sanitaria pubblica, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente".

La Corte costituzionale ha previsto inoltre  "specifiche condizioni e modalità procedimentali", perchè l'aiuto al suicidio rientri nelle ipotesi non punibili, "per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili".

"Certamente la Corte ha messo dei paletti " - dice a questo proprosito Alberto Gambino -" ma resta fermo che essendo la decisione un modello con forza di legge", l'orizzonte aperto è grave. "Questo tanto più se fosse incardinato nel Sistema sanitario nazionale tanto più sarebbe devastante visto che il sistema è incentrato su cura e terapia anche davanti a situazioni inguaribili".

Vescovi italiani: dignità e obiezione di coscienza  

Anche la preoccupazione della Conferenza episcopale italiana è relativa - si legge nella nota dei vescovi - soprattutto "alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità. I Vescovi confermano e rilanciano l’impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati. Si attendono che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta".

Per il presidente dell'Associazione Giovanni XXIII, Ramonda, "questa sentenza apre un varco alla cultura della morte e separa il mistero della sofferenza dal calore della relazione e del vivere in famiglia", mentre Gigi De Palo del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio sottolinea che "ogni vita è degna, se c'è qualcuno che la ama. E ogni malato desidera vivere, se c'è qualcuno che continua a gioire per il suo sorriso o per il suo respiro".

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26 settembre 2019, 08:05