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80 anni fa lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. I vescovi: lavorare per un'Europa più unita

80 anni fa a Wielnun in Polonia scoppiava la Seconda Guerra Mondiale. Dopo l’appello del Papa, quello congiunto dei vescovi polacchi e tedeschi: fare memoria della tragedia ma partecipare insieme al processo di riconciliazione tra le nazioni per costruire un’Europa più unita

Cecilia Seppia e Luisa Urbani – Città del Vaticano

Ottanta anni fa, la Germania nazionalsocialista dava inizio a quella tragedia immane per il mondo e l’umanità intera che fu la Seconda Guerra Mondiale. Le prime bombe vennero sganciate venerdì 1 settembre 1939 sulla città di Wielun, causando dolorose e ingenti perdite di vite e distruzione, cadendo persino sull'ospedale della città. Lo stesso giorno, i cannoni delle navi nemiche attaccarono anche Westerplatte.

6 milioni di polacchi vittime del nazismo

In questo modo, la Polonia divenne la prima vittima della Seconda Guerra Mondiale soffrendo quasi sei anni di occupazione, accompagnata da innumerevoli atrocità e da una politica distruttiva di sterminio, in particolare verso la popolazione ebraica. “Nell’80° anniversario dello scoppio della guerra - scrivono i vescovi polacchi e tedeschi in una dichiarazione congiunta - ricordiamo i 6 milioni di polacchi, di cui 3 milioni di origine ebraica, vittime del sistema criminale nazista. Siamo consapevoli del dolore che le vittime e i loro cari hanno sofferto e che si sente ancora oggi. La guerra ha causato ulteriori gravi danni e sofferenze alle persone, soprattutto a causa dei reinsediamenti: milioni di polacchi, e poi tedeschi, hanno dovuto lasciare le loro case e cercare una nuova patria”.

Partecipare alla riconciliazione

Fare memoria resta secondo i presuli il primo importante avvertimento per non ripetere gli errori del passato ma, affermano, è necessario guardare al presente e al futuro, cercando di agire in direzione della pace e della riconciliazione. “Per superare questa sofferenza e le sue dolorose memorie, dobbiamo tutti partecipare sinceramente al processo di riconciliazione tra le nostre nazioni. Traiamo forza dal coraggio dei vescovi polacchi che nel 1965 invitavano la Germania e la Polonia a cercare con determinazione la verità e a seguire le vie della riconciliazione. Il loro messaggio, conosciuto soprattutto dalle parole ‘perdoniamo e chiediamo perdono’, ha aperto un nuovo capitolo nei rapporti tra le nostre nazioni”.

Non cedere a compromessi e interessi politici

I vescovi sottolineano anche gli importanti passi fatti in questa direzione ma, ribadiscono la necessità di rispondere a dovere ai cambiamenti sociali, politici e culturali che l’Europa sta attraversando, mantenendo salde le radici cristiane. “Riconosciamo che bisogna affrontare in modo responsabile i frutti della riconciliazione, che non possono essere temerariamente compromessi a causa di interessi politici. Pertanto, in questo particolare momento storico chiediamo che le nostre relazioni non siano mai segnate da violenza, sospetto reciproco o ingiustizia. Spetta a noi oggi rafforzare e approfondire l’unità dell'Europa, nonostante le distinzioni storiche delle singole nazioni e dei singoli Stati”.

La preghiera per la pace

“Facciamo appello a tutti - è il cuore del messaggio - affinché attingano dalla memoria collettiva del passato, carico di violenza e ingiustizia, ma anche dalla memoria di testimonianze incoraggianti dell'umanità, ispirazione per ulteriori azioni comuni per la pace e l'unità. Allo stesso tempo, confidiamo nell'aiuto di Dio, al quale affidiamo le nostre nazioni e tutte le nazioni d'Europa, così come la terra intera. Invitiamo alla preghiera per la pace nel mondo durante tutte le Messe celebrate il 1° settembre. Chiediamo anche a tutti i credenti di pregare nelle loro preghiere personali per la cessazione di tutti i conflitti e le guerre, di ogni terrore e ogni violenza e di implorare la pace per tutti gli uomini”.

L’appello del Papa

Mercoledì scorso, all’udienza generale, lo stesso Papa Francesco, salutando i pellegrini polacchi, aveva lanciato un forte appello per la pace: “Mentre a Varsavia, a Wielun e in altre città si svolgeranno le celebrazioni commemorative, con la partecipazione di numerosi capi di stati di tutto il mondo, pregheremo tutti per la pace, affinché non si ripetano più le tragiche vicende provocate dall’odio, che portarono solo distruzione, sofferenze e morte. Preghiamo Dio, perché la pace regni nei cuori degli uomini, nelle famiglie, nelle società e tra i popoli! Affido tutti voi alla materna protezione di Maria Regina della Pace e vi benedico di cuore”.

Il radiomessaggio di Pio XII

80 anni prima di Francesco, è Pio XII a invocare la pace. Indimenticabile il radiomessaggio del 24 agosto del 1939, rivolto ai governanti nell’imminente pericolo del conflitto: “Un’ora grave - dice con voce ferma - suona nuovamente per la grande famiglia umana; ora di tremende deliberazioni, delle quali non può disinteressarsi il nostro cuore, non deve disinteressarsi la nostra autorità spirituale, che da Dio ci viene, per condurre gli animi sulle vie della giustizia e della pace”.

Il ruolo della Chiesa e di Papa Pacelli

Pio XII è consapevole dell’imminenza del conflitto perché, come sottolinea Federico Niglia, professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università per stranieri di Perugia “è forse l’uomo che più si interroga sui pericoli che possono portare ideologie totalitarie come quelle che si stavano diffondendo in quegli anni. Papa Pacelli  - prosegue il professore - ha visto nascere il nazismo e conosce molto bene la Germania. Già quando è nunzio apostolico a Monaco di Baviera ne comprende la pericolosità, anche come Segretario di Stato è avverso alle ideologie totalitarie. Pio XII dice chiaramente che il nazismo non è il mostro da aizzare contro il marxismo e il comunismo ma è una minaccia in sé: è la minaccia del paganesimo che rischia di sostituire il sacro con gli idoli pagani”.

La Chiesa come baluardo

“La Chiesa, anche nella figura di Pio XII, ha dunque saputo comprendere le minacce che derivavano dalle  ideologie totalitarie che caratterizzarono la guerra, capendo quanto ideologie come nazismo e comunismo potevano essere liberticide e negatrici dei diritti umani”, insiste Niglia aggiungendo che “lo capisce in anticipo rispetto a tanti governi perché nel panorama degli Stati ha saputo essere baluardo di comprensione e di difesa rispetto alle minacce che hanno costituito il combustibile con cui si è alimentata la Secondo Guerra Mondiale. Mano a mano che il nazismo va avanti la posizione della Chiesa è nettissima: mentre molti vedono nell’avanzata di Hitler una possibile soluzione ai problemi che la Prima Guerra Mondiale aveva lasciato irrisolti, la Chiesa  ne capisce il chiaro disegno ideologico”.

L'influenza del conflitto sulle relazioni internazionali

La Seconda Guerra Mondiale, oltre ad aver segnato gli animi della collettività, rappresenta un momento storico che ha contrassegnato indelebilmente le relazioni internazionali, spiega infine l'esperto, evidenziando quanto, ancora oggi, restino in qualche modo legate ad alcune dinamiche del passato. “La Seconda Guerra Mondiale ha dei tratti di originalità rispetto ai precedenti conflitti, delle novità che hanno influenzato le successive relazioni internazionali” spiega il professore sottolineando come tale guerra abbia “fatto entrare nella collettività l’idea di globalizzazione della conflittualità”.  Altra peculiarità di questo conflitto è l’aver fatto comprendere a tutte le potenze mondiali “il crescente peso della tecnologia nelle relazioni internazionali. Con la Seconda Guerra Mondiale le nazioni capiscono che la supremazia tecnologica rappresenta sempre di più un fattore determinante in ambito internazionale”, aggiunge il professore evidenziando come questo sia“ un aspetto che dobbiamo ancora tenere presente perché oggi la tecnologia sta mutando ancora una volta gli equilibri delle relazioni globali”.

Ascolta l'intervista a Federico Niglia

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01 settembre 2019, 08:39