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Eutanasia. Don Colombo: “Lo Stato non può legalizzare un delitto”

Attesa per la decisione della Corte Costituzionale italiana sul suicidio assistito. La Consulta è chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale che punisce chiunque aiuti un’altra persona a togliersi la vita. “La depenalizzazione aprirebbe la strada all’eutanasia attiva”

Federico Piana- Città del Vaticano

C’è molta attesa per la decisione della Corte Costituzionale italiana sul suicidio assistito. Questa mattina i quindici giudici della Consulta hanno ascoltato tutte le parti in causa nel procedimento sollevato dalla Corte d’Assise di Milano sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice di procedura penale che prevede pene tra i 5 ed i 12 anni di carcere per chiunque istighi o aiuti qualcuno a togliersi la vita. Il dubbio di costituzionalità è stato ravvisato dalla Corte d’Assise di Milano nell’abito del processo Cappato-dj Fabo: nel 2017 l’esponente radicale aiutò Fabio Antoniani, paraplegico e cieco dopo un incidente d’auto, a raggiungere la Svizzera per ottenere il suicidio assistito. Dopo che la stessa Corte Costituzionale aveva chiesto al Parlamento, senza successo, una legge ordinaria per porre equilibrio tra le varie sensibilità etico-sociali in gioco, ora spetta ai giudici prendere una decisione. “Sono preoccupato” sospira don Roberto Colombo, membro della Pontificia Accademia per la Vita e docente di neurobiologia e genetica umana all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La posta in gioco è alta, molto alta.

C’è il rischio che con la ‘depenalizzazione’ del suicidio assistito si possa aprire la porta all’eutanasia…

R. - Purtroppo è proprio così. Rischia di diventare un’autostrada, una corsia preferenziale, verso l’eutanasia. Facendo leva su una falsa pietà, una falsa compassione, un atto grave contro la vita umana viene spacciato per un diritto ed un dovere civile. Papa Francesco lo ha più volte ricordato. La vita umana è un bene non solo personale ma anche sociale. L’uccisione di un membro della società è una ferita insanabile per tutta la collettività.

Esiste davvero un diritto a disporre liberamente della propria vita?

R. - No. Papa Francesco nel discorso ai medici italiani, ricevuti in udienza venerdì scorso, ha ricordato che non esiste un tale diritto. E nessun medico può farsi tutore esecutivo di un diritto inesistente. L’eutanasia ed il suicidio assistito non sono un diritto ma un delitto. Lo Stato non può legalizzare un delitto.

E non potrebbe costringere i medici a collaborare ad una esecuzione vera e propria…

R. - Non può farlo. Questo è da sempre il giudizio della Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II passando per la lettera-enciclica Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II fino agli ammonimenti recenti di Papa Francesco.

Come si deve reagire?

R. - Rispondo utilizzando un’affermazione di Papa Francesco contenuta nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia: l’eutanasia e il suicidio assistito sono gravi minacce per le famiglie di tutto il mondo. Credo che si debba ripartire da una nuova cultura della vita che si deve sviluppare proprio all’interno delle famiglie. E da una nuova educazione alla vita dei medici, fin dalla formazione universitaria. Troppo spesso si insiste sulla qualità della vita degli ammalati che qualora fosse giudicata insufficiente giustificherebbe l’eutanasia o il suicidio assistito. Dobbiamo, invece, puntare sulla qualità dell’amore, qualità della cura verso gli ammalati. Una nuova accoglienza di coloro i quali portano nella carne il segno della malattia può allontanare il terribile spettro del desiderio dell’eutanasia.

Ascolta l'intervista a don Colombo

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24 settembre 2019, 14:58