Presidente della Commissione europea Juncker ai negoziati sulla Brexit Presidente della Commissione europea Juncker ai negoziati sulla Brexit 

Brexit: ultimatum Ue al premier Johnson

Il premier britannico Boris Johnson ha tempo fino al primo di ottobre, altrimenti sarà “tutto finito”. Lo ha dichiarato, secondo la Bbc, il premier finlandese Antti Rinne, presidente di turno del consiglio dell’Unione Europea, riferendo di aver concordato questa linea assieme al Presidente francese Macron

Federico Francesconi – Città del Vaticano

Se l’incontro di tre giorni fa tra il presidente uscente della commissione europea Junker e il primo ministro inglese Boris Johnson erano sembrati amichevoli ma poco risolutivi - vista l’assenza di proposte concrete sulla questione del backstop, la più discussa durante i negoziati - l’ultimatum lanciato oggi dal presidente di turno del consiglio Ue mette in chiaro la linea dell’Unione. L’inquilino di Downing Street aveva in precedenza fatto sapere di pensare alla data del 17 ottobre – cioè quella del prossimo vertice dell’Unione Europea – come un momento consono per presentare un progetto di “divorzio amichevole”, senza però smettere di ricordare di essere pronto a portare il Regno Unito fuori dall’Unione al termine prestabilito del 31 ottobre, anche a costo di una separazione senza accordi.

Il nodo backstop

L’accordo sui dazi doganali proposto dal precedente premier britannico May, è da tempo il punto centrale dei negoziati tra Ue e Gran Bretagna e rimane la questione principale da dirimere prima del termine per la fuoriuscita alla fine del mese prossimo. Se entro il 31 ottobre non si sarà trovato un accordo sulla questione – e se non ci saranno altri rinvii per l’attuazione effettiva di Brexit - l’Inghilterra potrebbe essere costretta ad affrontare lo scenario del no deal, separandosi dall’Unione Europea senza accordi.
La clausola del backstop, così come è stata presentata, farebbe sì che, una volta fuoriuscita, l’Inghilterra resti nell’Unione doganale europea, in modo da impedire la creazione di un confine “rigido” per gli scambi commerciali al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord, che altrimenti subirebbero un danno non solo economico, ma anche politico: la creazione di un confine aperto fu infatti uno dei principi portanti che posero fine alla guerra civile tra gruppi unionisti e separatisti irlandesi negli anni ‘90.
Questo meccanismo di emergenza si attiverebbe nel caso che alla fine del periodo di transizione, Ue e Gran Bretagna non riescano a firmare un trattato che garantisca un confine morbido.
L’idea non piace a molti per svariate ragioni. Principalmente, i più conservatori temono il fatto che non abbia una scadenza definita, finendo col tenere legata la Gran Bretagna all’Unione, rendendo difficoltoso concludere accordi con Paesi terzi. Altri temono invece che si venga a creare un doppio standard tra il mercato in Irlanda del Nord e quello inglese, cosa sgradita a moltissime forze parlamentari britanniche, prime tra tutte quelle della Scozia, che ha addirittura minacciato di indire un nuovo referendum per l’indipendenza se il backstop non sarà rivisto.
Il parlamento europeo ha più volte lamentato il fatto che l’amministrazione britannica non sia stata in grado fino ad ora di portare al tavolo dei negoziati un’alternativa soddisfacente al backstop, su cui L’Ue non ha mai desiderato davvero una rinegoziazione.

La situazione del parlamento britannico

Mentre il 16 settembre il premier Johnson ha abbandonato una conferenza stampa con il Presidente del Lussemburgo Bettel, a causa delle contestazioni di un gruppo di manifestanti anti-Brexit, Oltremanica la corte suprema ha accettato di esaminare il procedimento contro la decisione del premier Tory di sospendere il parlamento fino al 14 ottobre; una manovra che, in questo momento, rischia di rendere ancora più difficile il dialogo sulla Brexit, avvicinando rischiosamente la Gran Bretagna al “no deal”.
Il primo ministro inglese si è comunque mostrato sereno e ha dichiarato alla Bbc di nutrire fiducia nel sistema giudiziario e di voler attendere il verdetto dei giudici prima di pronunciarsi su un’eventuale riapertura anticipata del parlamento.
La corte suprema si trova ora a dover riconciliare le risoluzioni della corte di Edimburgo, che ha dichiarato illegale la sospensione del parlamento, e dell’alta Corte di Londra, che sostiene di non avere l’autorità per emettere un verdetto su questa materia.

Prospettive future

Ormai non manca che un mese e mezzo circa al termine del 31 ottobre per la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione, ma “la situazione è spinosa e non ci sono novità, a parte le dichiarazioni diplomatiche” lo spiega ai microfoni di Radio Vaticana Italia, Luciano Bozzo, docente di studi strategici e internazionali per l’università di Firenze

Ascolta l’intervista a Luciano Bozzo

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19 settembre 2019, 14:08