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 Campo profughi di Rohingya in Bangladesh Campo profughi di Rohingya in Bangladesh 

Rohingya: appello di 61 ong per i rifugiati in Bangladesh

A due anni dalla crisi che li ha costretti a lasciare il Myanmar, quasi un milione di Rohingya sta ancora aspettando giustizia e chiarezza sul proprio futuro. Appello di 61 ong per i rifugiati nello stato di Rakhine, in Myanmar, e in Bangladesh. Intervista al direttore della comunicazione di Save the Children Italia

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Sono forti le preoccupazioni delle ong sulla sicurezza delle famiglie coinvolte dalle violenze nello stato di Rakhine, incluse quelle Rohingya. In una dichiarazione congiunta, riferisce Save the Children, 61 organizzazioni locali, nazionali e internazionali, che lavorano sia in Myanmar sia in Bangladesh, hanno chiesto che nello stato di Rakhine in Myanmar - dove circa 128.000 sfollati Rohngya e di altre comunità mussulmane sono confinati dal 2012 nei campi senza poter far ritorno alle loro case - i diritti umani vengano riconosciuti a tutta la popolazione, senza eccezioni, e che i rifugiati Rohingya attualmente in Bangladesh possano avere un ruolo nelle decisioni sul proprio futuro, comprese le modalità del loro rimpatrio in Myanmar.

Il possibile rimpatrio dei rifugiati

Alla luce delle notizie sul possibile rimpatrio accelerato di 3.450 rifugiati Rohingya circolate questa settimana, le ong esortano i governi del Bangladesh e del Myanmar a garantire che qualsiasi processo di rimpatrio avvenga in sicurezza e che sia volontario e dignitoso. Negli ultimi due anni, le organizzazioni non governative hanno aiutato il governo del Bangladesh e le agenzie delle Nazioni Unite a fornire il necessario sostegno e il supporto vitale ai rifugiati che vivono nel più grande campo profughi del mondo nel Paese. Gli sforzi congiunti hanno stabilizzato le condizioni di vita nel campo, predisponendo le misure necessarie per affrontare la difficile stagione dei monsoni e prevenire la rapida diffusione di malattie.

Le condizioni dei rifugiati

“Siamo di fronte a un’ennesima crisi irrisolta – afferma a Radio Vaticana Italia Filippo Ungaro, direttore della comunicazione di Save the Children Italia - in cui i bisogni e i diritti delle persone vengono messi in secondo piano. Ci sono quasi un milione di persone che aspettano giustizia e chiarezza sul loro futuro, dopo che due anni fa hanno dovuto subire terribili violenze e atrocità incredibili. Questa popolazione non ha ancora raggiunto una condizione di sicurezza e non è potuta tornare a casa perché gli esecutori di quelle violenze, i responsabili, non sono stati ancora assicurati alla giustizia. Noi chiediamo che il rimpatrio sia effettuato su base volontaria e in piena sicurezza”. Save the children lavora in Myanmar nello stato del Rakhine dal 2010 e in Bangladesh, a Cox's Bazar dal 2012, fornendo supporto ai bambini e alle persone più vulnerabili. “A Cox's Bazar - continua Ungaro - ci troviamo di fronte a un immenso campo profughi che contiene quasi un milione di persone in condizione igienico-sanitarie assolutamente critiche. Circa metà della popolazione rifugiata è costituita da bambini e purtroppo vivono in condizioni assai critiche: 1 su 10 è malnutrito e molti di loro non hanno la possibilità di ricevere un’istruzione adeguata”.

Ascolta l’intervista a Filippo Ungaro

 

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22 agosto 2019, 15:06