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Manifesti elettorali nel centro di Atene Manifesti elettorali nel centro di Atene 

Elezioni in Grecia, l'arcivescovo di Atene: cittadini stremati da povertà, tasse e violenze

Si vota questa domenica in Grecia, in un Paese impoverito dai passati malgoverni e dall’austerità imposta da Bruxelles per risanare i conti sulle spalle dei cittadini. Denuncia l’arcivescovo di Atene, Sevastianos Rossolatos: “Il popolo non ce la fa più!”

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Tante le incognite alla vigilia delle elezioni politiche in Grecia per la formazione di un nuovo governo. Un voto anticipato richiesto dal primo ministro Alexis Tsipras, dopo la sconfitta subita a Strasburgo nel maggio scorso nel rinnovo del Parlamento europeo, dove il suo partito di sinistra radicale, Syriza, è arrivato secondo, indietro di 10 punti rispetto alla formazione rivale di centrodestra, Nuova Democrazia (Nd), ora in testa nei sondaggi nazionali. Syriza al governo dal 2015, dopo avere applicato i controversi tagli imposti dalla Troika, e Nuova Democrazia, guidata da Kyriatos Mitsotakis, accusata in passato di essere responsabile della rovina economica del Paese, starebbero quindi per ripassarsi il testimone. Alla vigilia del voto, Syriza è al 29% delle preferenze mentre Nd è oltre il 38%.

Le sfide del voto secondo mons. Rossolatos  

Grandi sono le attese del popolo greco, che per la sesta volta viene chiamato alle urne in 10 anni di tormenti politici e sociali, seguiti all’aprirsi nel 2009 della crisi economica, come testimonia mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo metropolita di Atene, presidente della Conferenza episcopale greca.

Ascolta l'intervista a mons. Sevastianos Rossolatos

R. – Le principali attese sono una diminuzione delle tasse da una parte e un aumento del lavoro dall'altra, perché ci sono ancora molti disoccupati, quasi il 18 per cento. Si spera anche in una diminuzione degli attentati che fanno gli anarchici, perché qui ad Atene la situazione è troppo grave: causano distruzioni ovunque, anche nelle università; non c’è controllo e per questo il partito di destra promette di togliere il diritto d’asilo alle università per permettere alla polizia di entrare in caso di ribellioni degli anarchici, che entrano, fanno spaccio di droga e compiono atti di vandalismo.

Lei disegna un quadro ancora drammatico: sono stati dieci anni davvero difficili per il popolo greco, così impoverito...

R. – Sì, certamente, tutti i cittadini, ma anche le istituzioni sono aggravati da questa povertà da una parte e dalla tassazione così forte dall’altra; anche nelle chiese e nelle diocesi soffriamo molto. In questi giorni aspettavo un pagamento da parte del Ministero delle Finanze, che ha in affitto una parte del nostro edificio, ma non è arrivato, forse perché hanno dato molti sussidi ai più poveri, poco prima delle elezioni, e non ci sono soldi per pagare gli affitti. Lo Stato ha molti debiti verso i privati.

La Chiesa cattolica ha avuto sofferenze particolari?

R. – Sì, perché da un lato noi - sacerdoti e vescovi – non siamo stipendiati come gli ortodossi e gli ebrei; d’altra parte, siamo allo stesso livello per quanto riguarda le tasse: arriviamo fino al 48-50% delle nostre entrate e quindi per la pastorale non rimane tanto, siamo ormai alle strette.

Lei non crede che questa crisi della Grecia, queste sofferenze di un popolo siano state sottovalutate dalla comunità internazionale?

R. – Sembra di sì, veramente, specialmente dall’Unione Europea, che è stata molto severa. Da un lato aveva ragione, perché i nostri governanti non avevano trattato la questione economica con tanta serietà, però questo poi è ricaduto sulle spalle del popolo, che vive in una penuria tremenda: abbiamo 600 mila giovani, soprattutto universitari, che sono usciti dal Paese, sono emigrati in Europa per trovare lavoro. Come fare per farli rientrare in Grecia? Sono proprio la gioventù più forte, più istruita, più preparata!

Queste misure di austerità non hanno sortito l’effetto di risanare la situazione del Paese e questo sembra abbia portato il popolo a orientarsi di nuovo – secondo i sondaggi – verso il partito Nuova Democrazia, che in passato invece era stato accusato di malgoverno.

R. – Sì, per questo Nuova Democrazia promette di sostenere veramente questi giovani per farli rientrare in Patria.

Le incognite sono davvero tante, a questo punto.

R. – Ci sono tante promesse da tutti: i partiti hanno capito che il popolo non resisteva più. Il popolo aspetta molto, cerca un cambiamento; ci sono quelli che sostengono il partito del governo, però tanti altri ritornano ai partiti del centro e centro-destra. C’è una forte radicalizzazione al punto che si teme che alcuni partiti piccoli del centro non potranno entrare nella Camera dei Deputati.

Si spera anche che la nuova Europa, uscita dalle ultime elezioni, sappia sostenere questo Paese fratello...

R. – Per il momento non vediamo questo sostegno, perché la posizione di parecchi Stati dell’Unione Europea nei riguardi dei profughi è molto negativa, e i profughi restano in Grecia. Noi, anche come Caritas, con l’aiuto dell’Alto Commissariato e anche dell’Ue, cerchiamo di aiutarli, sostenerli e farli entrare nel tessuto sociale, dove però già ci sono molti greci e immigrati senza lavoro. Tutti avvertono che siamo stati delusi dall’Unione Europea.

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06 luglio 2019, 07:00