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Congo: i missionari, riferimento per la gente

L’est della Repubblica Democratica del Congo continua a non trovare pace. La vita è difficile, la popolazione è allo stremo e i giovani sono preoccupati per il loro futuro. A Vatican News la testimonianza di un missionario

Eugenio Serra - Città del Vaticano 

“La situazione sociale non credo che sia cambiata molto rispetto agli anni in cui ero là come missionario. E’ una vita di povertà quella vissuta dalla popolazione”. Così padre Raffaele Mandolesi, missionario per 20 anni nella regione del nord Chivu, nell’intervista a Vatican News. Missionario dell’Ordine dei chierici regolari minori, meglio conosciuti come “caracciolini”. Rientrato in Italia nel 2006, dove ha svolto 12 anni di servizio come Superiore generale per l’Ordine. Oggi, si definisce, “un semplice parroco di campagna”. Svolge il servizio a Villa Santa Maria, comune abruzzese, dove è nato il fondatore dell’Ordine, Francesco Caracciolo. “Sono tornato – racconta – in Congo in visita alle comunità. Le notizie nuove, oggi, vengono dai miei confratelli che vivono nelle diverse comunità del Paese”.

Qual è la situazione nella Repubblica Democratica del Congo?

R. – Il lavoro nel campi è l’unica risorsa. Si tratta di una regione ambita da molti per le ricchezze del sottosuolo, e questa ricchezza attira moltissimi. Purtroppo il governo centrale non sfrutta la prosperità del Paese, come si dovrebbe , a favore della gente, a favore del popolo, a favore della nazione. C’è un detto: sul suolo più ricco del mondo vive la popolazione più povera del mondo.

Qual è la situazione dei giovani nel Paese?

R. – E’ una situazione molto precaria. Moltissimi giovani si trovano in uno stato di assoluto abbandono. Non sanno cosa fare e non hanno prospettive future. Molti giovani, quindi, aderiscono a gruppi armati, vivono con un fucile in mano, e sfruttano il fucile come strumento per sopravvivere.

Crede che la fede possa dare un contributo in questa difficile situazione?

R. – Sono convinto che la fede aiuti moltissimo, questo è certo. Noi, per esempio, lavoriamo molto per le adozioni a distanza e per la formazione delle persone dalla scuola materna all’università. Questi giovani, spesso, una volta terminati gli studi, arrivati al diploma o addirittura alla laurea universitaria, si ritrovano anche loro senza una possibilità di impiego; questo è il problema più grosso. Sono convinto che la presenza dei missionari in quelle zone fa da scudo alla popolazione, perché nel missionario trovano sempre un punto di appoggio e di difesa e soprattutto qualcuno che si interessa al loro sviluppo, questa è la cosa più importante.

Ascolta l'intervista Raffaele Mandolesi

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19 luglio 2019, 17:12