Uno dei tanti migranti morti recuperati dalla guardia costiera libica Uno dei tanti migranti morti recuperati dalla guardia costiera libica 

Ancora strage di migranti: più di 150 morti al largo delle coste libiche

Due imbarcazioni, con circa 300 persone stimate a bordo, si sono capovolte nelle acque davanti a Khoms, circa 120 km a est di Tripoli. A intervenire in loro soccorso sono stati soltanto alcuni pescatori. Padre Ripamonti presidente del Centro Astalli chiede alle istituzioni nazionali e sovranazionali, di ripristinare immediatamente le operazioni di ricerca e soccorso in mare e di attivare un piano di evacuazione dei migranti dalla Libia

Roberto Piermarini - Città del Vaticano

Le equipe di Medici Senza Frontiere in Libia, hanno soccorso al porto di Khoms i sopravvissuti del nuovo naufragio di ieri, che ha causato almeno 70 morti e 100 dispersi. "La terribile notizia di questo nuovo, tragico naufragio, dimostra per l'ennesima volta l'altissimo costo umano dell'attuale situazione in Libia e della mancanza di un'adeguata capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale", dichiara Julien Raickman, capomissione di Medici Senza Frontiere (Msf) in Libia. "Ci sono oltre 100 dispersi, - racconta - di cui molti potrebbero essere annegati, stando alle prime testimonianze dei sopravvissuti visitati da Msf. Le équipe di Msf hanno fornito cure mediche a due gruppi di sopravvissuti, rispettivamente di 82 e 53 persone. Abbiamo dato prima assistenza e stabilizzato le condizioni più urgenti e abbiamo trasferito 7 persone in ospedale per cure mediche salvavita. I pazienti sono sotto shock e hanno sintomi da pre-annegamento, come ipossia e ipotermia.

I sopravvissuti che verranno riportati nei centri di detenzione libici, rischiano la vita

"Serve un'azione immediata per garantire un'efficace capacità di ricerca e soccorso in mare e l'evacuazione dalla Libia di tutte le persone che stanno cercando di fuggirne, solo così potremo prevenire ulteriori morti - continua Raickman - Due giorni fa, 38 persone intercettate in mare dalla Guardia costiera libica sono state riportate nel centro di detenzione di Tajoura, lo stesso che solo tre settimane prima era stato attaccato da un bombardamento aereo che ha causato 60 morti e 70 feriti. Era una tragedia del tutto evitabile.'' ''Ora siamo estremamente preoccupati per i sopravvissuti di questo naufragio. Non possono essere rinchiusi di nuovo in centri di detenzione dove le loro vite sono a rischio - prosegue - Lo hanno ribadito di recente anche l'Oim, l'Unhcr e i leader europei che si sono uniti all'appello di Msf per l'evacuazione immediata e urgente di tutti i rifugiati e migranti intrappolati nei centri di detenzione in Libia''.

Onu: la peggiore tragedia di quest'anno nel Mediterraneo

Per Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) si tratta della peggiore tragedia nel Mediterraneo di quest’anno. Grandi ha chiesto anche di “ripristinare il salvataggio in mare, porre fine alla detenzione di rifugiati e migranti in Libia, aumentare i percorsi sicuri fuori dalla Libia deve avvenire ora, prima che sia troppo tardi per molte delle persone più disperate”.

Il Centro Astalli chiede l’evacuazione dei migranti dalla Libia

Anche il Centro Astalli chiede alle istituzioni nazionali e sovranazionali, “di ripristinare immediatamente le operazioni di ricerca e soccorso in mare; di attivare un piano di evacuazione dei migranti dalla Libia, dove la loro vita è in pericolo a causa di violenze e soprusi che sono prassi quotidiana; di prevedere percorsi di ingresso legale in Europa per i migranti oggi costretti a dover ricorrere al traffico di essere umani in assenza di vie sicure e regolamentate; di aprire canali umanitari per chi scappa da guerre, persecuzioni ed estrema povertà e ha diritto a chiedere protezione e accoglienza in Europa". Così padre Ripamonti, presidente del Centro Astalli, al microfono di Luca Collodi

Ascolta l'intervista a padre Ripamonti

R. – Purtroppo la situazione nel Mediterraneo si aggrava sempre di più e senza la garanzia del soccorso in mare gestito da organismi sovranazionali oltre che all’aiuto delle ong rischia di far accadere questi eventi sempre più frequentemente. Quindi siamo molto preoccupati e chiediamo insistentemente di ristabilire almeno il soccorso in mare per queste persone che si avventurano alla ricerca di salvezza.

Padre Ripamonti, si può prevedere un percorso di ingresso legale nei Paesi europei?

R. - Sì. Noi, insieme a tante altre realtà, abbiamo più volte ribadito la necessità di creare dei percorsi legali. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati fa da sempre questo percorso, individuando le persone da inviare nei vari Paesi. In questo momento, soprattutto per la situazione libica, c’è la necessità di evacuare quelli che sono nei centri di detenzione che, come abbiamo visto, in più occasione non sono al sicuro, perché appunto sono a rischio anche di bombardamenti di queste sedi. Quindi due vie importanti sono l’evacuazione e la creazione di vie legali d’ingresso nei singoli Stati dell’Europa. Poi, l’altra grande modalità che negli ultimi tempi si è fatta strada è quella dei canali umanitari che attraverso la Comunità di Sant’Egidio, le chiese evangeliche e la Caritas, in molte occasioni sono state una via importante per l’ingresso in Europa e in sicurezza di molte persone vulnerabili. Questa è un’altra via che non bisogna abbandonare.

In assenza di queste vie di sicurezza si può dire che nel Mediterraneo esiste un traffico di esseri umani?

R. - Sì, e credo che questo continuerà, perché gli interessi economici dietro alle persone continuano indipendentemente dal fatto che si attivino anche dei canali legali. Ma questo non ci esime dal salvare le persone in mare, creare quelle condizioni di salvataggio in mare, creare dei canali legali che certamente contrastano questa immigrazione in mano ai trafficanti anche se, dobbiamo essere molto realisti, non l’abbasserà.

Save the Children: l’Europa non può rimanere inerme di fronte a tali tragedie

Save the Children ritiene "assolutamente inaccettabile che l'Europa rimanga inerme di fronte alla tragedia che continua a consumarsi alle sue porte. Secondo le ultime stime disponibili, nei primi 5 mesi dell'anno, 1 persona su 14 tra quelle che hanno provato ad attraversare il Mediterraneo ha perso la vita e in questi casi i minori sono i più vulnerabili. Mentre la situazione della sicurezza in Libia peggiora giorno dopo giorno, i rifugiati e i migranti hanno poche opzioni: o rimangono intrappolati nel Paese o fuggono attraverso il Mediterraneo o il deserto nigerino. Tra loro sono tantissimi i minori, adolescenti e talvolta poco più che bambini, spesso in viaggio da soli. Secondo Save The Children "salvare vite umane deve essere la preoccupazione principale degli Stati Membri dell'Ue. E’ inoltre indispensabile che la comunità internazionale, e in primo luogo l'Europa, moltiplichi gli sforzi per realizzare vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare che decine di migliaia di persone continuino a vedersi costrette ad affidarsi ai trafficanti, mettendo in serio pericolo la propria vita, per attraversare il Mar Mediterraneo, come questa ennesima tragedia ci ha purtroppo dimostrato".

 


 

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26 luglio 2019, 07:47