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Don Zappolini: per contrastare il gioco d'azzardo vietarne la pubblicità

Dopo la soddisfazione delle organizzazioni che aderiscono alla Campagna di contrasto al gioco d'azzardo "Mettiamoci in gioco" per la recente entrata in vigore del divieto alla pubblicità, la preoccupazione di un possibile annacquamento del divieto stesso. Ai nostri microfoni don Armando Zappolini del CNCA

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Rendere effettivo il divieto di pubblicità del gioco d’azzardo previsto dal decreto Dignità approvato dal governo un anno fa, ma entrato in vigore solo il 15 luglio scorso, dopo che sono scadute le ultime deroghe, sarà complesso. A segnalarlo è l’Agcom che ieri ha inviato al governo una segnalazione di 31 pagine per “rappresentare alcune criticità interpretative e le problematiche applicative rilevate con riferimento alla disciplina introdotta dall’articolo 9 del decreto-legge 12 luglio 2018”. Secondo l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la nuova normativa non sarebbe in linea con i principi Ue e la sanzione minima di 50mila euro può risultare "poco ragionevole" se la pubblicità è trasmessa durante "manifestazioni sportive a livello amatoriale o da esercizi commerciali di modeste dimensioni".

Per le associazioni "Mettiamoci in gioco" la legge va applicata

Le preoccupazioni espresse dall’Agcom non stupiscono le numerose associazioni e organizzazioni civili ed ecclesiali che aderiscono alla Campagna “Mettiamoci in gioco” che da anni è impegnata nel contrasto al fenomeno del gioco d’azzardo e che ha messo da sempre tra i suoi obiettivi principali proprio il divieto di farne pubblicità. Un traguardo non facile da raggiungere: troppi infatti sono gli interessi economici in campo per il governo che mette in tasca circa 10 miliardi l’anno grazie all’azzardo, ma anche per giornali ed emittenti televisive che dalla pubblicità al gioco guadagnano molto. Don Armando Zappolini, attuale presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), che aderisce alla Campagna, legge nell’intervento di Agcom una trappola, un sabotaggio della legge stessa che vieta ogni forma di sollecitazione al gioco e la cui piena entrata a regime era stata commentata con soddisfazione lo scorso 18 luglio. 

La soddisfazione per il divieto assoluto della pubblicità

Il comunicato diffuso dai membri della Campagna "Mettiamoci in gioco" esprime "grande soddisfazione" e tuttavia guarda avanti: “Raggiunto questo risultato, - si legge nel testo - ci attendiamo ora che governo e parlamento si attivino al più presto per arrivare ad approvare una legge quadro sul gioco d’azzardo, che regolamenti i tanti aspetti critici che riguardano il settore”. Ma perché resta così centrale il divieto alla pubblicità? Ai nostri microfoni risponde lo stesso don Zappolini:

Ascolta l'intervista a don Armando Zappolini

R. – Noi lo abbiamo messo al primo posto perché questa pubblicità così pervasiva, ossessiva produce in moltissime persone uno scivolamento verso l’idea che con l’azzardo ci si può sistemare nella vita, per cui questo messaggio continuo: “basta poco, vinci”, “puoi sistemare le tue condizioni” … Ovunque guardi la televisione, nello sport e in altre cose c’è questo continuo bombardamento e per noi questa è un’aggressione che persone più fragili non riescono a gestire. E’ il primo punto che abbiamo chiesto da sempre e abbiamo accolto con soddisfazione l’anno passato che il decreto Dignità lo prevedesse, anche se con questo anno di tempo per permettere la scadenza dei contratti già in vigore. Però io ero molto preoccupato, e con me anche gli altri della Campagna, perché davanti all’avvicinarsi di questa scadenza nessuna lobby, nessuna grande tv commerciale protestava. Io penso da calcoli che abbiamo fatto, per esempio, Mediaset perderebbe 50, 60 milioni di pubblicità… Non sono cose da poco! Abbiamo capito dopo come mai stavano tutti zitti, perché l’Agicom stava preparando questa trappola che annullava in effetti la sostanza del provvedimento. Per noi il primo punto è il divieto assoluto di pubblicità. Come si è fatto per il fumo, è un segno di civiltà che un Paese non pubblicizzi cose o sostanze e stili di vita che possano avere conseguenza sulla salute dei cittadini.

Però la vostra campagna richiede anche che ci siano dei controlli, sarà possibile realizzarli?

R. – In effetti abbiamo già visto che i controlli sono già stati bypassati perché l’Agicom che è un’agenzia che dovrebbe controllare la democrazia e l’efficacia delle comunicazioni, in realtà ha preparato una prima comunicazione, che sta cercando di correggere con quella mandata ieri, nella quale in pratica svuota l’effetto del provvedimento. Noi chiediamo che lo Stato tiri fuori una sua capacità di controllo e porti a compimento quanto ha scritto nella legge approvata dal parlamento l’anno scorso di divieto assoluto di pubblicità.

Ma perché lei dice che l’Agicom tenta di annullare ciò che prevede la legge? Eppure fa delle proposte, dice che ci vuole una legge quadro, che bisogna incentivare le campagne di informazione sui rischi…

R. – Sì ma tutto questo è contorno, non è sostanza, perché in realtà la sostanza è che la pubblicità continua, l’Agicom dice che non si può regolamentare un sistema così complesso, che è una cosa che richiede normative più specializzate, che è una cosa che attualmente non può essere gestita… L’obiettivo è che tutto continui com’è, al massimo prevedendo la scritta alla fine degli spot: “gioca in modo responsabile”,  ma quelle sono cose che non incidono per niente. Capisco che lo Stato ha bisogno di soldi, ma continuare a prendere ogni anno più di 10 miliardi dalle tasche dei cittadini con questa trappola dell’azzardo che uccide e ammala persone è una cosa immorale e inaccettabile.

Anche il Lotto in tutte le sue varianti rientra nel gioco d’azzardo?

R. – Certo, l’azzardo è un fenomeno sociale del Paese. Ci giocano più di 20 milioni di persone; non può essere criminalizzato, ma va regolamentato in modo molto forte, partendo da quelle forme di azzardo che producono maggiore dipendenza. Le macchinette, sia le Vlt che le Slot, e i Gratta e Vinci, sono le realtà che producono una maggiore dipendenza. Ci vuole una regolamentazione forte, che metta al primo posto non tirar su i soldi, ma la salute dei cittadini. Quindi giocare con la tessera sanitaria; mettere un tetto di soldi da giocare; un tetto di tempo per la partita, sono tutte cose che sono ovvie, ma che chiaramente produrrebbero un’entrata minore e quindi anche queste sono cose che non vengono prese in considerazione.

Secondo i vostri dati, il gioco d'azzardo è un fenomeno ancora in crescita in Italia?

R. – Sì, certo. L'anno scorso il fatturato è stato di 107 miliardi. C’è qualche segnale positivo forse dal mondo giovanile di fronte alle nostre campagne che riescono a suscitare attenzione nelle persone più sensibili. Però è un fenomeno che sta crescendo e perciò è una cosa che non si può sottovalutare.

Le realtà impegnate in "Mettiamoci in gioco"

Aderiscono alla campagna "Mettiamoci in gioco": Acli, Ada, Adusbef, Ali per Giocare, Anci, Anteas, Arci, Associazione Orthos, Auser, Aupi, Avviso Pubblico, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Confsal, Ctg, Federazione Scs-Cnos/Salesiani per il sociale, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fp Cgil, Gruppo Abele, InterCear, Ital Uil, Lega Consumatori, Libera, Missionari Comboniani, Scuola delle Buone Pratiche/Legautonomie-Terre di mezzo, Shaker-pensieri senza dimora, Uil, Uil Pensionati, Uisp.

 


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25 luglio 2019, 14:10