2019.06.05 Noa Pothoven 2019.06.05 Noa Pothoven 

La morte di Noa a 17 anni: una società che abbandona

Quando si sceglie di voltare le spalle all’uomo distorcendo parole come libertà e aiuto

Massimiliano Menichetti - Città del Vaticano

Noa Pothoven non c’è più ed ora tutti si accorgono di lei. Diciassette anni, si è spenta domenica due giugno in casa, ad Arnhem. E’ morta chiedendo “l'assistenza medica specializzata” fornita da una clinica. La “dolce morte” nei Paesi Bassi è legale dall’età di 12 anni, purché vi sia il consenso medico. Nel 2017 secondo fonti indipendenti oltre 6.580 persone sono state private della vita in questo modo.

Vincere o imparare

“Anni di sofferenze psichiche” scrivono le testate di tutto il mondo mentre raccontano la drammatica storia dell’adolescente che ha condiviso sui social il suo doloroso percorso. Violentata tre volte: a 11 anni durante una festa di un’amica di scuola; ancora violenza poco tempo dopo ad un’altra festa di adolescenti e a 14 anni quando due orchi l’aggrediscono in strada e la stuprano. Lei stessa racconta l’orrore nell’autobiografia “Vincere o imparare” (Winnen of leren), in quelle pagine però non c’è solo dolore, ma anche voglia di respirare.

Proteggere aiutare

Noa era entrata nel tunnel della depressione, dell’anoressia. Aveva subito trattamenti invasivi come l’elettroshock. Parole slegate tra di loro se non si guarda alla persona, se non si accoglie l’altro, se non lo si prende sulle proprie spalle. Una società per dirsi civile, evoluta, dovrebbe fare proprio questo: proteggere, aiutare chi più debole, indifeso, fragile. Questo ovviamente ha un costo. Costa in termini di strategia, persone, investimenti, risorse, e in questo senso un’iniezione, o "lasciare andare", ha certamente un impatto inferiore. Noa era sfinita. Scriveva di una “sofferenza insopportabile”.

Eutanasia affermazione ideologica

Senza una speranza affidabile che lo aiuti ad affrontare anche il dolore e la morte, l’uomo non riesce a vivere bene e a conservare una prospettiva fiduciosa davanti al suo futuro”. Lo ha ribadito più volte il Papa, che guardando lo scenario attuale ha denunciato che il “processo di secolarizzazione assolutizzando i concetti di autodeterminazione e di autonomia, ha comportato in molti Paesi una crescita della richiesta di eutanasia come affermazione ideologica della volontà di potenza dell’uomo sulla vita”. In pratica dice il pontefice che se non c’è consapevolezza del legame della vita con il Trascendente ogni cosa è possibile e l’uomo passa al secondo posto rispetto a qualunque altro valore.

Abbandonata e ignorata

Oggi si parla della "guerriera e blogger della malattia mentale" affidata alla misericordia del Padre celeste. Una ragazza uccisa, calpestata, abbandonata e di fatto ignorata. Ha descritto nel suo libro la lotta per vivere, per sconfiggere mostri e putridume. Voleva aiutare altri ragazzi, chi è più fragile. Sosteneva che nel suo Paese non c’erano strutture in grado di farsi carico di chi avesse subito ciò che aveva dovuto affrontare lei. 

Con amore, Noa

Adesso si discute se è stata eutanasia, suicidio assistito o se ha ricevuto cure palliative per non soffrire dopo aver deciso di smettere di mangiare e bere, ma sui social lei aveva annunciato la sua decisione di morire, ha spiegato che non si sentiva più viva da “troppo tempo”, di percepire il suo corpo “ancora sporco” e di come la sua scelta fosse consapevole. Poi la faccina con un bacio e il suo saluto: "Con amore, Noa".

 

Ultimo aggiornamento ore 16.05
 

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05 giugno 2019, 10:36