Dialogo di bellezza tra Roma e Shanghai, nel nome di Matteo Ricci

La Fondazione Matteo Ricci ha presentato all’Università Gregoriana il volume dell’artista italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia “Epifanie” e la mostra “Due sguardi, una bellezza” che ospita anche foto dello scultore cinese Yang Dongbai. Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini: “saper vedere la bellezza è il segreto per saper custodire noi stessi e il mondo in cui viviamo”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La Bellezza che salva è quella che parla al cuore dell’uomo, “un linguaggio sublime ed universale, che, indipendentemente dalle fedi e dalle convinzioni, contribuisce alla civile e pacifica convivenza”. Nel è convinta la Fondazione internazionale Padre Matto Ricci di Macerata, che ha organizzato all’Università Gregoriana di Roma l’evento “La Via della Bellezza, luogo di incontro fra Roma e Shanghai”. Protagonista della giornata la bellezza delle foto scattate in più di 15 anni dall’artista italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia, in più di 60 paesi di quattro continenti, e raccolte nel volume “Epifanie”, e quelle esposte insieme agli scatti dello scultore di Shanghai Yang Dongbai, nella mostra “Due sguardi, una bellezza - sotto lo stesso Cielo e sulla stessa Terra”.

Grandoni (F. Matteo Ricci): per l'incontro tra Cina ed Europa

Nella sua introduzione, il presidente della Fondazione Dario Grandoni ricorda, che “dopo il grande evento di interscambio dei busti raffiguranti Padre Matteo Ricci e Paolo Xu, (nato Xu Guangqi, che fu il primo discepolo del missionario gesuita, n.d.r.) in collaborazione con la municipalità di Shanghai, abbiamo selezionato l’opera di un giovane e promettente artista italo-spagnolo, con spiccate capacita d'innovazione e comunicazione”. L’augurio è che Epifanie, pubblicato dalla Fondazione in italiano e cinese, “favorisca un incontro fecondo tra Cina ed Europa”. Così Dario Grandoni ne parla a Vatican News…

Ascolta l'intervista a Dario Grandoni

R. – Nel percorso di avvicinamento e di amicizia con Shanghai, che è la patria di Xu Guangqi, il primo discepolo di padre Matteo Ricci, questa iniziativa sulla bellezza mette insieme sia la cultura sia l’emozione. La realizzazione di questa Mostra, che poi sarà portata a Shanghai, da parte di un giovane artista italiano insieme ad un noto scultore, Yang Dongbai di Shanghai, fa il paio con l’amicizia tra padre Matteo Ricci e Xu Guangqi, che noi abbiamo celebrato nel 2014. Abbiamo inaugurato questo percorso che si chiama “La via della bellezza”: noi riteniamo che la via della bellezza sia molto più importante della via della seta, perché passano le persone, passano gli Uomini, passano le emozioni … Anche padre Matteo Ricci è andato in Cina non come conquistatore ma come evangelizzatore. Ha portato quello che di buono lui aveva avuto nella vita, che era un’esperienza profonda; la sua cultura rinascimentale, la sua parte scientifica ma soprattutto il suo essere evangelizzatore. E questo noi lo riproponiamo e lo mettiamo in una chiave universale: la bellezza, la natura. Come dice Papa Francesco, l’emozione e la via pulchritudis sono la strada per arrivare a Dio.

Questa via della bellezza può essere la strada per ampliare il dialogo con la Cina, e per avviare poi un dialogo più completo, anche a livello politico?

R. – “La via della bellezza” prepara gli uomini – italiani, europei e cinesi – a parlare di politica, economia, cultura, perché il linguaggio è universale. Il linguaggio della bellezza, il linguaggio culturale è universale: questo ci ha insegnato padre Matteo Ricci.

Ruffini: troppo presi da noi stessi, non contempliamo più

A seguire interviene Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, che, nel presentare l’opera “Epifanie”, ricorda quanto sia diventato difficile “vedere la grandezza del mondo in cui viviamo. Siamo così presi da noi stessi da aver perso l’abitudine di alzare lo sguardo per lasciarsi riempire, attraversare, illuminare dalla contemplazione”. E’ lo sguardo contemplativo “che fa passare la luce, che fa passare la Parola che Dio vuole dirci”. Allora è vero, chiediamo a Ruffini, che “la bellezza salverà il mondo” come Dostoevskij fa dire al principe Miškin nell’Idiota?

R. – Credo che tutti siamo chiamati a un’assunzione di responsabilità per salvare il mondo. Credo che noi dobbiamo riscoprire il segreto di saper vedere la bellezza: la bellezza dell’Uomo, la bellezza dell’amicizia tra i popoli, tra le persone, tra ognuno di noi … E’ saper vedere la bellezza della natura e attraverso la bellezza di ciò che vediamo, intravedere la bellezza di ciò che non vediamo, che non ci è dato del tutto ci capire, di comprendere e che però ci è dato di custodire e di salvaguardare.

Lei parla dell’arte della contemplazione: quale sguardo è necessario per cogliere la vera bellezza intorno a noi?

R. – Lo sguardo puro di chi si sa stupire. Una delle Beatitudini che per me è forse la più bella – sono tutte belle – è quella “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Nella purezza del cuore c’è la possibilità di vedere Dio attraverso la capacità di stupirsi, e di stupirsi nel guardare l’altro, nel guardare il mondo, nel guardare le bellezze della natura, nel guardare i doni che abbiamo e che troppo spesso, così presi da noi stessi, così presi anche dal bagliore di ciò che buono non è, non sappiamo più vedere.

Sono scatti sulla natura, quelli che si vedono in questo libro: cosa le ispira la visione di queste immagini? Come cogliere la mano e l’amore di Dio?

R. – Mi ispira la necessità di saper vedere e di scoprire quanta bellezza c’è sul pianeta, quanto dobbiamo custodirlo e quanto danno abbiamo fatto nel non saperlo custodire. Quelle foto vedono cose che noi non siamo più abituati a vedere e congelano in un istante, l’istante dello scatto fotografico, delle immagini che noi normalmente percorriamo senza prenderci il tempo più di vedere. Saper vedere la bellezza è un segreto per saper custodire noi stessi e il mondo in cui viviamo.

Questa via della bellezza nel dialogo con la Cina era già stata avviata dai Musei Vaticani, ora prosegue la Fondazione Matteo Ricci. E’ la strada giusta per iniziare anche un dialogo a livello politico, diplomatico?

R. – La bellezza è sempre qualcosa che unisce; la contemplazione del bello è sempre qualcosa che la storia del mondo unisce; la cultura è una strada per l’amicizia e per camminare insieme nella vita del mondo.

Astiaso Garcia: la Bellezza della vita si offre nel Creato

Della sua fatica parla a seguire l’autore, il pittore Francesco Astiaso Garcia, nato a Roma nel 1983 da padre spagnolo e madre italiana, che nel 2015 ha ricevuto il Premio internazionale Giovanni Paolo I, assegnato a personalità che si sono distinte nei vari campi del sapere “per la loro testimonianza cristiana o di impegno sociale”. I suoi quadri sono stati esposti ed apprezzati in sedi come la galleria Astarte a Parigi, il Museo Nazionale di Arte Moderna di Malta e le Sale del Bramante a Roma. Così parla a Vatican News di “Epifanie”.

Ascolta l'intervista a Francesco Astiaso Garcia

R. – La mia idea di approfondire il discorso sulla bellezza era proprio legata a questo desiderio di intraprendere un cammino almeno verso il mistero della vita che si manifesta attraverso il Creato per il credente o comunque la natura che studiano gli scienziati, che servono gli artisti e tutte le persone, indipendentemente dal loro credo religioso o dalla loro appartenenza sociale. Questo cammino dovrebbe essere più che un discorso da portare in Cina, un desiderio di condividere riflessioni, opinioni, punti di vista a partire dall’unica bellezza che ci accomuna …

che è quella della natura?

R. - … che è quella della natura, che è quella del mondo, che è quella dell’universo, che è quella che osserviamo dai dettagli del microcosmo fino al macrocosmo, e che unisce tutti e tutto.

Ma cosa manca all’Uomo per saper cogliere davvero questa bellezza e non rischiare di distruggerla?

R. – Spesso, anzitutto il tempo, perché siamo presi da troppe cose; poi, manca anche la sensibilità di capirne ancora l’importanza, perché non è un discorso da fotografo o da artista, quello di dare importanza alla bellezza, ma credo che sia una necessità di tutti gli uomini perché è legata appunto a quella ricerca, a quel cammino verso la bellezza, si può arrivare invece a una dimensione molto più profonda che è quella di riscoprire l’anima del mondo, di riscoprire la spiritualità, quello che unisce noi tutti, quello che dobbiamo tutelare per cui noi tutti abbiamo una responsabilità … Credo che sia veramente di prioritaria importanza soffermarci di più sulla bellezza. Un’altra cosa che ci distoglie è sicuramente la priorità che diamo alle cose materiali, la perdita di quella capacità di contemplazione, di osservazione, anche di saperci fermare a riflettere. Joseph Pieper che la capacità di vedere dell’Uomo è in un declino che è arrivato a un livello ormai molto preoccupante, quindi che non è più soltanto un po’ superficiale, l’Uomo, oggi, davanti alla bellezza: è arrivato a una trascuratezza del bello, non solo quindi dell’ambiente da un punto di vista ecologico, di ecosistemi e funzionalità del ciclo della natura, ma anche proprio di sensibilità verso la bellezza, verso questo mistero di Dio che anche se siamo atei comunque ci porta a capire che siamo parte di qualcosa di più grande.

Come artista, sente la responsabilità di fissare su un’opera questa natura, questa bellezza che è sempre in movimento, anche come responsabilità per chi invece il tempo di fissarla non ce l’ha?

R. – Io sento moltissima responsabilità e anche una missione avventurosa, entusiasmante perché veramente è urgente. Dice Chesterton che la dignità dell’artista sta nel suo dovere di tener vivo il senso della meraviglia del mondo e aggiunge: “Il mondo non perirà per mancanza di meraviglie – il mondo è pieno di meraviglie – ma perirà per mancanza di meraviglia”, quindi di questa capacità di lasciarsi stupire, di emozionarsi, di saper intuire qualcosa che va oltre le apparenze. E l’artista, sì, io tra questi, tra i tanti, può dare il suo modesto contributo che poi modesto non è perché, appunto, è talmente importante che ce ne sono pochi. Forse ci sono troppi medici, troppi operatori finanziari, troppi politici ma pochi artisti rispetto alla necessità, all’urgenza che c’è di ricordare che vale la pena sapersi fermare, ritrovare quella dimensione della contemplazione, della spiritualità … Poi, che tutti gli artisti lo facciano o meno, è un altro discorso.

Ma è tutto vero quello che fotografa? E’ tutta natura o c’è un po’ di rielaborazione grafica?

R. – No: ho voluto proprio evitare la rielaborazione grafica per non confondere – non che ci sia niente di male in quell’aspetto – però questa mostra e questo libro sono soltanto frutto di fotografie originali. Anche queste che vede qui davanti, che sembrano le più misteriose, da questo punto di vista, in realtà non sono altro che dei riflessi capovolti, presentati al contrario, che ci portano un po’ a questo enigma, a questo mistero del cielo che si ripropone sulla terra attraverso il riflesso. 

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Photogallery

L' evento ospitato dall'Università Gregoriana
07 giugno 2019, 16:21