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Quartiere di Aleppo bombardato dai ribelli Quartiere di Aleppo bombardato dai ribelli  

Siria. Villaggi cristiani nell’area di Idlib colpiti dai jihadisti

Le milizie integraliste bombardano i villaggi cristiani ed Aleppo in risposta all’offensiva governativa, appoggiata dalla Russia, tesa a riconquistare le provincie di Idlib e Hama. Il clero locale teme una nuova carneficina: padre Firas racconta a VaticanNews dei missili caduti su una scuola ad Aleppo

Marco Guerra – Città del Vaticano

Almeno sei persone sono morte ieri in un campo profughi a Nayrab, colpito dai missili lanciati dai ribelli integralisti che controllano la provincia di Idlib, nel nord est della Siria. Secondo la tv di Stato siriana, tra le vittime ci sono anche due bambini, mentre un giornalista di al-Ikhbariya ha raccontato che i missili sono arrivati nell’ora del tramonto, quando i musulmani rompono il digiuno durante il mese Ramadan che è in corso.

Colpita la cittadina cristiana di Al-Sqaylabiyeh

Con l’avanzare dell’offensiva governativa, sostenuta dall’aviazione russa, verso le ultime roccaforti degli insorti nelle provincie di Idlib e Hama, si sono intensificati i lanci di artiglieria e di missili da parte delle milizie ribelli jihadiste anche sulla cittadina siriana di Al-Sqaylabiyeh, nel governatorato di Hama, abitata in maggioranza da cristiani ortodossi. Domenica scorsa un lancio di artiglieria di queste formazioni ha provocato la morte di quattro adolescenti cristiani (tre ragazze e un ragazzo) e della loro insegnante mentre svolgevano una lezione di catechismo. “Altri sei bambini sono rimasti feriti” riferisce la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa Che Soffre aggiungendo che agenzie locali parlano di azione di “gruppi terroristici”.

Tensioni nell’area contesa da anni

L’Agenzia Fides ricorda che durante l'offensiva tentata nell’area nordoccidentale della provincia di Hama nel 2014, le milizie islamiste di Jabhat al-Nusra e quelle del cosiddetto “Esercito siriano libero” (Free Syrian Army, FSA) avevano tentato a più riprese di occupare Sqaylabiyeh e la vicina città di Mhardeh. Azioni che fallirono grazie all’opposizione di alcune milizie del posto formate dai giovani, le cosiddette “Unità di difesa Nazionale”.

I raid aerei russi

E nella ridda di accuse reciproche, fonti e organizzazioni che si oppongono al governo siriano riferiscono di incursioni aree compiute dall’esercito di Damasco e da aerei russi su Idlib, come preparazione dell’imminente operazione militare che le truppe dell’esercito siriano starebbero preparando per riconquistare l’intera regione. Sempre la Fides riporta che i media ufficiali siriani sostegno invece che sono le milizie ribelli a violare l’accordo di “de-escalation” raggiunto lo scorso anno tra Russia e Turchia, continuando a colpire con l’artiglieria pesante le aree residenziali al di là delle zone-cuscinetto che circondano Idlib.

Colloquio tra Putin ed Erdogan

I combattimenti ad Idlib sono stati al centro anche di una conversazione telefonica avvenuta ieri tra i Presidenti di Turchia e Russia, Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin. Nel colloquio, Erdogan ha espresso preoccupazione per le violazioni del cessate il fuoco nella zona di de-escalation, concordata lo scorso settembre a Sochi con Putin, sostenendo che l'obiettivo di Damasco è quello di “sabotare la cooperazione turco-russa”. Poche ore dopo si sono parlati al telefono anche il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, e il suo omologo russo, Sergey Shoigu.

Turchia rifornisce i ribelli

Intanto il sostegno della Turchia ai ribelli sarebbe confermato da Enab Baladi, una delle più autorevoli fonti mediatiche siriane, secondo cui le milizie antigovernative hanno ricevuto nelle ultime ore rifornimenti militari da Ankara, inclusi razzi anti-carro da usare contro le truppe di Damasco. Le fonti affermano che il carico di armi e munizioni è stato consegnato oggi ma che era arrivato già nei giorni scorsi durante una visita di una delegazione militare turca a Idlib.

I villaggi cristiani al centro dei combattimenti

“Stiamo aspettando la nostra liberazione. Si combatte a 50 km da noi e la tensione è altissima. Speriamo che i combattimenti finiscano presto e che si possa tornare a vivere liberamente e con dignità”, è la testimonianza di padre Hanna Jallouf raccolta dalla Agenzia Sir. Il francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte, nella provincia di Idlib – gli altri due sono Yacoubieh e Gidaideh – racconta all'Agenzia della Cei quella che potrebbe essere la resa dei conti tra l’esercito siriano, ribelli armati e terroristi del fronte jihadista Hayat Tahrir al-Sham, affiliato ad Al-Qaeda ed erede del più conosciuto Jabhat Al Nusra.

L’Onu lancia l’allarme per 150mila sfollati

Non c’è ancora una stima precisa del bilancio delle vittime dei combattimenti ma i morti sarebbero decine e secondo le Nazioni Unite sono oltre 150mila gli sfollati interni. Una situazione confermata da padre Jallouf che parla di “zone degli scontri spopolate da diverso tempo”.

Padre Jallouf: tanti in fuga e affamati

“Pensiamo che in tutta la provincia di Idlib possano essere rimasti 600 mila civili – spiega ancora al Sir il sacerdote -. La valle dell’Oronte è quasi deserta e ci sono migliaia di persone in fuga dai bombardamenti”. Padre Hanna Jallouf parla anche dell’emergenza umanitaria: “In questi giorni in tanti si presentano nei nostri conventi dei villaggi Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh a chiederci da mangiare e da bere. Non hanno dove dormire e per questo riposano sotto gli alberi nei campi della zona. Non hanno più nulla”.

Cristiani perseguitati dai jihadisti

Il francescano lancia poi un appello: “Pregate per noi, abbiamo bisogno delle vostre preghiere. Chiediamo al Signore che ci liberi presto dalla guerra, dalla violenza dei terroristi che ci perseguitano e ci impediscono di vivere in pace”. Padre Jallouf spiega infatti che in quella zona è in vigore la Sharia imposta da alcune milizie e che cristiani sono particolarmente perseguitati dai miliziani allo sbando, molti sono anche stranieri, che da mesi non ricevono più la loro paga mensile, “per questo motivo – racconta - si lasciano andare a razzie e furti nelle abitazioni soprattutto dei cristiani”.

Padre Firas: ad Aleppo torna la paura delle bombe

Le bombe sono quindi tornate a cadere anche su Aleppo dopo due anni di relativa calma. La città è nel mirino dei ribelli che lanciano missili dalle loro roccaforti. Padre Padre Firas, francescano della Custodia di Terra Santa e viceparroco della chiesa di san Francesco ad Aleppo, racconta a VaticanNews dei bombardamenti che ieri sera hanno provocato due morti e diversi feriti:

Ascolta l'intervista a Padre Firas

R. – Proprio ieri sera abbiamo sentito un grande frastuono che ha evocato i brutti ricordi, le brutte memorie di due-tre anni fa, quando i jihadisti lanciavano i missili e la guerra era proprio nelle zone abitate dai civili. Subito si sono sentite le sirene delle ambulanze che sono corse dove erano caduti i missili e purtroppo oltre ai grandi danni materiali, c’erano stati anche morti e feriti. E’ morta una donna con sua figlia – la mamma era la custode di una scuola … menomale che i missili sono stati lanciati di notte! Immaginiamo se questa scuola – una scuola di bambine – fosse stata affollata! Quindi, il danno è stato limitato, senza trascurare il danno comunque grave di due vite, di una mamma e della sua bambina. Poi ci sono stati altri tre lanci, uno dopo l’altro, mentre qui ad Aleppo c’era il Ramadan, il mese del digiuno per i musulmani: a quell’ora, i musulmani passeggiano dopo il pasto serale del Ramadan. Certo, questa escalation forse è anche una reazione a quello che sta succedendo nei dintorni della città di Hama, con l’esercito ufficiale siriano che sta avanzando con l’idea, magari, di riconquistare tutta la zona di Idlib che era fuori dal controllo di Damasco. Dall’altro lato, incominciano anche a farsi sentire le truppe dei jihadisti che si trovano ancora nella periferia di Aleppo.

Quindi i lanci su Aleppo arrivano dalle zone controllate dai jihadisti?

R. – Certamente. Due anni fa, i jihadisti, sono usciti dall’interno della città, soprattutto dalla parte storica della città di Aleppo, grazie a quell’accordo famoso con i russi secondo il quale sarebbero potuti uscire con armi leggere; però, loro sono andati verso la città di Idlib. La periferia confinante con la città di Idlib, tra Aleppo e Idlib, è ancora occupata dai jihadisti; per tanto tempo non si sono fatti vivi, e invece sembra che adesso l’escalation di tensione con l’esercito siriano che intende riconquistare la città di Idlib, trova eco anche qui, nella città di Aleppo.

Avete notizie di cristiani che vivono nelle aree ancora controllate dai jihadisti?

R. – Certamente. Padre Hanna Jallouf, francescano come me, della Custodia di Terra Santa della regione di San Paolo; proprio ieri sera ho avuto modo di sentirlo ed era preoccupatissimo appunto di questa escalation, perché tutte queste famiglie dei jihadisti incominciano a scappare dalla zona di conflitto e vanno verso il confine con la Turchia, proprio dove si trovano i nostri tre villaggi in cui ci sono due francescani parroci e pastori di quel piccolo gregge, di quei piccoli, pochi cristiani rimasti – più o meno 200 persone. Allora, padre Hanna è preoccupato perché queste persone sono tutte lì in attesa di un rifugio, una casa, una dimora. Ma in queste situazioni, i jihadisti cacciano via i cristiani dalle loro case per installarci le famiglie musulmane con ideologia estremista, che non sono tutte siriane. E poi c’è anche l’aspetto del maltrattamento delle persone che vivono lì … Lui è molto preoccupato. Dall’altro lato, non sa se l’avanzamento della macchina della guerra arriverà fino a lì e non sa quali potranno essere le drammatiche conseguenze: se ci saranno, per esempio, bombardamenti aerei oppure scontri militari sul posto: in quel caso, il massacro sarà grande. Lui auspica un accordo pacifico, politico.

Anche ad Aleppo è il mese del Ramadan: cristiani e musulmani vivono insieme queste nuove tensioni, dei bombardamenti che arrivano dalle zone controllate dai ribelli …

R. – Certamente, quando cade una bomba non distingue tra un cristiano e un musulmano, tra un adulto e un bambino. Ieri la paura, il terrore che è stato rievocato dalla memoria delle persone che credevano che ad Aleppo la guerra fosse finalmente finita, e invece è stato toccato un nervo scoperto, un trauma, una ferita non ancora guarita: questo evento ha toccato tutti! Allora, semplicemente speriamo che questo mese di Ramadan, alla cui fine ci sarà la festa del sacrificio - che è come la nostra Pasqua cristiana che abbiamo appena celebrato - sia veramente l’augurio di una Pasqua: cioè che questo bagno di sangue di innocenti diventi veramente segno di una Siria in cui regna la pace, dove regna la tranquillità, la convivenza e la riconciliazione. E che la Siria diventi anche un simbolo di questa pace per tutta l’umanità, un grande esempio di convivenza e di serenità.

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15 maggio 2019, 15:01