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Elezioni europee, mons. Crociata (Comece) invita a partecipazione

Si è già votato in Olanda e Gran Bretagna mentre sono in corso le votazioni in Repubblica Ceca e Irlanda.Ai microfoni di Vatican News la riflessione del primo vicepresidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea-Comece

Matteo Petri – Città del Vaticano

La tornata elettorale europea è in corso. Diverse le tempistiche nei 27 Paesi al voto. Sono già andati alle urne infatti Olanda e Regno Unito, di giovedì, come tradizionalmente accade. Urne aperte in Repubblica Ceca fino a domani alle 14 e fino alle 22 di questa sera in Irlanda. I cittadini della Repubblica Ceca sono chiamati ad eleggere 21 eurodeputati, mentre i deputati irlandesi nel prossimo parlamento europeo saranno 11, più due riserve che saranno eletti se e qualora il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea.

Al voto, domenica, e per la nona volta dal 1979, anche i cittadini italiani, chiamati ad eleggere una gran parte degli europarlamentari di Bruxelles. Dopo la Germania e la Francia, l’Italia è infatti il Paese che eleggerà eurodeputati: 73, più 3 riserve che entreranno nel momento in cui il Regno Unito realizzerà l’uscita dall’Unione.

Mons. Crociata:partecipazione e radici cristiane

La Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece) è l’organizzazione cattolica che riunisce i vescovi europei con lo scopo di esaminare la politica e la legislazione dell'Unione europea dal punto di vista della dottrina della Chiesa cattolica. E’ composta dai vescovi delegati dalle ventisei conferenze episcopali cattoliche dell'Unione e ha un segretariato permanente a Bruxelles. A Vatican News mons. Mariano Crociata, primo vicepresidente della Commissione e vescovo di Latina, Terracina, Sezze e Priverno riflette su questo importante apppuntamento elettorale a partire dalle priorità che stanno a cuore ai presuli europei:

Ascolta l'intervista integrale a mons. Crociata

R.- In primo luogo, che il maggior numero di cittadini vada a votare, perché il progetto Europa, che tanti meriti ha, insieme a tanti problemi e difficoltà, vada davanti; è necessario che democraticamente gli elettori si esprimano. Questa è l’esigenza fondamentale, perché solo da una partecipazione il più possibile numerosa e attiva possono essere individuate e perseguite quelle correzioni o conferme che permettano all’Unione europea di andare avanti nel suo compito storico-politico, socio-politico, a beneficio di tutti.

Spesso Papa Francesco, ha evidenziato l’importanza della partecipazione alla vita pubblica e in generale dell'impegno in politica per il bene comune. I vescovi seguono in questo, l'auspicio del Papa?

R.- Siamo in grande sintonia, perché noto quello che il Papa dice da un bel po’ di anni, nei suoi ormai famosi cinque discorsi all’Europa, in varie circostanze e a varie istituzioni. E in questo momento ho modo di ribadire la preoccupazione che anche il Papa esprime circa il futuro dell’Unione per queste difficoltà che sono emerse un po’ in tutti i Paesi negli ultimi tempi; e quindi questo incoraggiamento ad andare a votare e cercare di rispondere alle difficoltà viene soprattutto da lui. C’è grande sintonia tra i vescovi, pur nella differenza delle sensibilità, tra i vari episcopati, di riflesso rispetto alle situazioni sociali nazionali, ma non in maniera da poter parlare di presa di distanza o di divaricazione.

La matrice cristiana dell’Europa è un punto fisso per la Chiesa e per molti cittadini europei: ce ne stiamo allontanando?

R.- Credo proprio di sì, e non da ora. L’allontanamento è reso più grave non tanto dalla mancata menzione delle radici cristiane nei documenti statutari dell’Unione, ma piuttosto dalla mentalità e dalla prassi di politici, istituzioni, ma anche di società intere. Per cui il problema, da questo punto di vista, è molto serio. I valori fondanti dell’Europa sono valori che sono nati dalla matrice cristiana. Il Papa, nei suoi discorsi, ha ribadito, a cominciare dall’idea fondamentale di persona, il valore intangibile e insuperabile della sua dignità, non separabile dalla comunità. Perché la persona che la tradizione cristiana ci consegna è una persona che è sé stessa grazie al rapporto con l’altro e grazie al tessuto comunitario in cui nasce, cresce, e vive. Ora ci si allontana a livello europeo, perché la persona è sempre più ridotta ad individuo e i meccanismi della globalizzazione purtroppo rafforzano. Quello che c’è da fare non è in primo luogo rivendicare una presenza solo verbalmente, o peggio retoricamente ribadita, ma piuttosto perseguire i valori sostanziali, che rispecchiano non solo le radici cristiane ma l’identità dell’Europa. Perché se si perde di vista la persona, la comunità e i principi ribaditi nella Dottrina sociale della Chiesa, il rischio è per le persone, i popoli e l’Europa.

Di contro, esiste un rischio che anche la religione diventi uno strumento elettorale?

R.-Non è un rischio: purtroppo è un processo in atto. Questo, in un certo senso, è in parte inevitabile. In una società aperta e plurale, dalle comunicazioni così pervasive e intrecciate, non dominabili per tanti versi, è inevitabile. Secondo non solo il mio parere, bisogna stare attenti a non inseguire su un terreno polemico queste strumentalizzazioni, senza tuttavia nemmeno ignorarle. Da cristiani, dovremmo tenere che questo utilizzo strumentale della religione rafforza la scristianizzazione della società italiana e delle società europee, perché rende sempre più evidente e accettabile il fatto che ci si possa appellare ai valori della tradizione cristiana solo nominalmente senza avere nessun interesse, e anzi contraddicendo le esigenze, i principi e la pratica della fede, della vita cristiana. Per cui, il lavoro va fatto sul piano delle motivazioni, della fede, dell’ispirazione culturale vera che nasce dalla fede cristiana, e nel cercare di diffonderla e di farla conoscere positivamente come motivazione di una vita buona per i singoli, per le comunità, per i popoli e per l’Europa intera.

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24 maggio 2019, 16:00