Civili i fuga da Tripoli Civili i fuga da Tripoli 

Libia: si aggrava il conflitto. Il lavoro dell’Unicef

Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità in Libia si aggrava il bilancio di morti e feriti causati dagli scontri nel Paese. Dall’inizio delle ostilità sarebbero morte 264 persone e oltre 1.200 sarebbero rimaste ferite. Intanto secondo i rapporti dell’intelligence italiana in 100mila sarebbero pronti a partire per l’Italia

Matteo Petri – Città del Vaticano

Si aggrava la crisi in Libia. Nel Paese nord africano continua a salire il bilancio delle vittime. L’Organizzazione mondiale della sanità ha reso noto con un tweet che i morti a causa degli scontri sono saliti a 264, mentre attualmente sarebbero rimaste ferite 1.266 persone “L'Oms - si legge - si unisce all' Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, nel chiedere una cessazione temporanea delle ostilità e a tutte le parti di rispettare il diritto internazionale umanitario". Secondo una stima complessiva trapelata da un rapporto dell’intelligence italiana ci sarebbero circa centomila uomini pronti a partire dalle coste libiche verso l’Italia. A questi secondo l’Alto commissario Onu per i Rifugiati, Filippo Grandi, potrebbero aggiungersi per cercare rifugio lontano dalla Libia anche gli stessi cittadini libici.

L’assenza della Guardia costiera libica

Secondo un alto funzionario delle Nazioni Unite a Tripoli, che avrebbe avuto accesso a informazioni ufficiali, dal 10 aprile i guardiacoste libici non pattugliano più l’area di ricerca e soccorso e, nel 2019, i guardacoste libici avrebbero intercettato 12 volte barconi con migranti, riportando nelle prigioni 1.015 persone. I tempi di reazione della centrale di coordinamento dei soccorsi di Tripoli rimangono, inoltre, uno dei principali pericoli per chiunque, non solo migranti, si trovasse in difficoltà al largo della Libia. Quest’anno sono già stati 409 i migranti morti nel Mediterraneo, di cui 248 solo sulla rotta libica. Numeri in forte calo rispetto al 2018, ma di molto superiori al 2014, quando nel pieno della crisi siriana si registrarono 170.100 arrivi. All’epoca l’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni aveva infatti registrato nei primi quattro mesi dell’anno 96 vittime.

Il generale peggioramento della situazione libica

È di 32.400 il numero degli sfollati dall’inizio degli scontri armati a Tripoli e dintorni. Lo scrive l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) in un aggiornamento sulla situazione nei dintorni della capitale. L’Ocha ha inoltre precisato che 3.600 rifugiati e migranti nei centri di detenzione sono esposti ai rischi derivanti dagli scontri.

Oggi meeting di emergenza l’Unione Africana

Oggi si terrà al Cairo una riunione di emergenza dell’Unione Africana, convocata per discutere delle crisi in atto in Libia e Sudan. Lo riferisce il sito sudafricano Iol annunciando la partecipazione al summit, fra gli altri, del Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. L’incontro del Cairo è stato convocato dal Presidente egiziano al-Sisi nella sua veste di presidente di turno dell’Unione Africana. Al meeting prenderanno parte, oltre all’Egitto, il Sudafrica e il Rwanda. Tra i partecipanti, anche il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Mahamat Faki, appena rientrato da una visita in Sudan. In una delle sessioni si parlerà di come arrestare l’attuale crisi in Libia, dove il generale Haftar sta conducendo un’offensiva. L’avanzata di Haftar ha incontrato la resistenza delle tribù alleate del governo di Tripoli. Sabato le forze fedeli a Sarraj hanno annunciato il contrattacco. A tal punto che l’aeroporto di Tripoli-Mitiga, l’unico funzionante, ha ripetutamente interrotto l’operatività.

18 tonnellate di aiuti di emergenza per aiutare i bambini colpiti dal conflitto

Alla popolazione libica saranno consegnate 18 tonnellate di aiuti di emergenza grazie ad un aereo noleggiato dall’Unicef, atterrato a Misurata. Questi aiuti permetteranno all'Unicef di raggiungere i bambini colpiti dal conflitto e le loro famiglie a Tripoli e dintorni. In Libia a causa dei conflitti sono a rischio circa 1 milione e mezzo di persone, tra cui mezzo milione di bambini. Molti civili, infatti, sono stati coinvolti nel fuoco incrociato che ha causato danni gravissimi alla popolazione.

Il lavoro dell’Unicef

Sin dal primo giorno, l'Unicef e i suoi partner hanno distribuito scorte vitali di acqua, attrezzature igienico-sanitarie, kit medici di emergenza, kit didattici e ricreativi per rispondere alle necessità delle famiglie colpite dal conflitto e degli sfollati. In tempi di conflitto, infatti, i bambini e le famiglie spesso pagano il prezzo più alto. "Questo aereo con i rifornimenti (acqua, kit igienico-sanitari e per l'igiene, kit per la purificazione dell'acqua, serbatoi d'acqua trasportabili, kit speciali per l'igiene femminile e forniture nutrizionali) – spiega con un comunicato dell’organizzazione Abdel Rahman Ghandour, Rappresentante speciale dell'Unicef in Libia - è fondamentale per continuare la nostra risposta alle emergenze e ricostituire le scorte. L'Unicef sta lavorando in Libia con altre agenzie delle Nazioni Unite, sette partner nazionali, due organizzazioni internazionali e autorità locali, per rispondere alle necessità delle famiglie colpite. L’organizzazione ha partenariati consolidati con i consigli comunali e con il Comitato di crisi di Tripoli. Per coordinare la sua risposta umanitaria e per poter continuare a rispondere alle crescenti esigenze umanitarie a Tripoli e nella Libia occidentale, necessita urgentemente 5,5 milioni di dollari.

Sulla situazione politica in questo momento nel Paese, Luca Collodi ha intervistato il prof. Renzo Guolo, docente di sociologia della religione all’Università di Padova e grande espero del mondo arabo

R. – Il conflitto si internazionalizza sempre di più - lo sapevamo, lo abbiamo visto da tempo -, ma adesso con l’avanzata di Haftar verso Tripoli le cose sono diventate purtroppo più chiare: non si tratta solamente di uno scontro interno tra Haftar e al-Sarraj, tra la Cirenaica e la Tripolitania, ma ci sono anche potenze regionali - e non solo - che saldano conti, definiscono sfere di influenza, oppure potenze anche europee che si disputano risorse, controllo territoriale e strategico del Mediterraneo. Questa è anche una guerra che si combatte, ancora una volta, per esempio sul fronte che vede Arabia Saudita e Qatar su versanti opposti, così come la Turchia e l’Egitto su versanti opposti, per disputarsi in qualche modo un’influenza sul mondo sunnita. Si incrociano molti conflitti; ci sono molti attori interessati a guardare quello che accade in Libia ed è per questo che il conflitto diventa particolarmente complicato.

Professor Guolo, al momento qual è il ruolo di Russia e Stati Uniti?

R. - Osservano, ma ovviamente il problema è capire cosa vogliono fare successivamente. Per esempio, la Russia di Putin ha una formidabile occasione per allargare ulteriormente il suo raggio di azione; ha sempre voluto uno sbocco nei mari caldi, cioè al Mediterraneo. Ha conservato, mentre sembrava perduta fino a qualche anno fa, la base siriana che gli consentiva di stare in una zona del Mediterraneo attraversata dal conflitto israelo-palestinese, una zona strategia e oggi, sponsorizzando Haftar, però, anche erigendosi in qualche modo a potenza mediatrice proprio perché capace di parlare con tutti, può allargare ulteriormente la sua sfera di influenza. Quanto a Trump deve decidere che cosa fare, nel senso che in qualche modo ha una vocazione isolazionista rispetto al Mediterraneo, ma questo non è la linea del partito dei generali, cioè l’ambiente del complesso militare e industriale che, in qualche modo, nonostante Trump sia un outsider classico, invece ancora conta molto e vede qualsiasi ipotesi di penetrazione Usa nel Mediterraneo come fumo negli occhi.

L’Italia sembra avere una politica incerta per alcuni, attendista per altri, diplomatica per molti

R. - L’Italia ha un grande problema: in qualche modo con le sue scelte si è concentrata soprattutto su una politica che ha messo in primo piano solo la questione sbarchi e sicurezza che sono certo un approccio indipendentemente da come viene risolta, ma non ha colto sostanzialmente la valenza strategica che la questione libica ha ormai assunto. Non dobbiamo dimenticare che gli interessi nazional italiani sono rilevanti: i flussi energetici, i problemi di sicurezza, i problemi dei migranti … Insomma in Libia l’Italia deve esserci, se non altro per ragioni geopolitiche e storiche. Qual è il nodo? Bisogna capire che cosa vuole fare, ovvero se limitarsi sostanzialmente a guardare tutto nella logica del frenare gli sbarchi o se invece lavorare per costruire una soluzione politica. Ma per affare questo ha bisogno di alleanze, cose che in questo momento non persegue con forza e con una strategia chiara, perché questo tipo di maggioranza è concentrato su altro. Tra l’altro scontiamo largamente una sorta di isolamento internazionale dovuto alle scelte che stiamo facendo in Europa e non solo.
 

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23 aprile 2019, 12:54