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Venezuela, gli emigrati italiani: non abbiamo più nulla

Permane caotica la situazione in Venezuela, dove una serie di black out sta mettendo in ginocchio un Paese già al collasso. L'attrattiva economica, che dopo la guerra spingeva migliaia di italiani a varcare l'oceano per il Sudamerica, si è rivelata una gabbia al limite della sopravvivenza.

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Nicola Francischiello ha settant'anni, è originario di Petrella Tifernina, un paesino del Molise. Emigrò in Venezuela quando ne aveva venti, dopo la maturità da perito geometra. Qualche tempo prima erano stati i suoi genitori a tentare la fortuna in questo Paese che li accolse "a braccia aperte". Direttamente da Valencia, un centinaio di chilometri dalla capitale, racconta a Radio Vaticana Italia che gli abitanti sono rimasti senza energia elettrica per più di ottanta ore negli ultimi giorni, con pesanti disagi dovuti anche alla mancanza di acqua, gas e benzina. "Una odissea veramente brutta, anche a causa dei supermercati chiusi che non hanno permesso quel poco di approvvigionamento alimentare che ci resta".

Descrive un Paese che era una miniera d'oro, aperto agli stranieri: "Venti anni fa nessuno pensava che tutto sarebbe precipitato in una spirale incredibile dove tutto è andato a monte.Tutto". Parla di una sete di potere che ha finito per accecare la gente per cui "non si è tenuto più a fare le cose perbene" e dei soldi facili assicurati dal petrolio che hanno generato un atteggiamento di pigrizia diffusa. Così si è precipitati. "Dal 2012 al 2017 - precisa - sono fallite circa 500mila aziende, tra cui la mia. Abbiamo perso tutto. Abbiamo dovuto ricominciare daccapo con dei lavoretti qua e là.

Ascolta l'intervista a Nicola Francischiello

Ce la caviamo ma la popolazione è stremata 

Fortunatamente c'è una rete di solidarietà fatta di persone singole, piccole associazioni dei territori da cui partirono, le Caritas locali (cita quella di Trivento): "Se non fosse stato per il loro sostegno a distanza non avremmo saputo come fare", spiega Nicola. "Grazie al progetto 'adotta un nonno' riusciamo a garantire ogni mese ad una settantina di anziani un po' di cibo, medicinali e qualche spicciolo per poter prendere l'autobus o comprare un po' di latte". Tornare in Italia? "I miei figli me lo ripetono spesso: 'andiamocene'. Ma è troppo difficile. Non avere la certezza di un luogo dove vivere e di una stabilità economica ci blocca qui". 

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12 marzo 2019, 15:02