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Il beato don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993 Il beato don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993 

Palermo: atti vandalici contro l’asilo di don Puglisi

Catene spezzate e roghi nel terreno di Brancaccio dove sorgerà la struttura. Gesti intimidatori compiuti da ragazzi istigati dalla mafia.

Michele Raviart – Città del Vaticano

La creazione di un asilo a Brancaccio, insieme ad una scuola media e a delle infrastrutture degne di un Paese civile, era uno degli obiettivi del Beato Pino Puglisi per emancipare il quartiere dalla povertà e dal controllo della mafia. Un sogno che si è concretizzato venerdì scorso, con la consegna da parte del Comune del terreno in cui verrà edificata la struttura affidata ai volontari del Centro Padre nostro, fondato proprio da don Puglisi per strappare alla criminalità organizzata i ragazzi e i bambini del quartiere.

Realizzare il sogno di padre Puglisi

Sei attacchi vandalici in poco meno di una settimana hanno invece colpito la zona del futuro asilo, confermando che la battaglia per liberare Brancaccio dalla criminalità organizzata non è stata ancora vinta. Catene spezzate e roghi, atti intimidatori compiuti proprio dai ragazzi per i quali don Pino aveva dato la vita, ucciso da un commando mafioso il 15 settembre del 1993 davanti al portone di casa.

Gesti gravi, seppure isolati, che dimostrano ancora una volta come sia necessario seguire l’intuizione di don Pino, spiega a Vatican News Maurizio Artale, presidente del Centro Padre nostro.

Ascolta l'intervista a Maurizio Artale

R. – La prima cosa che succede è che sabato mattina strappano il cartellone con il rendering dell’asilo che dovrebbe essere costruito. Hanno asportato una catena e mentre cercavo di capire meglio cosa fosse accaduto, ho visto tre ragazzi di tredici, dodici anni che uscivano dal terreno. Ho chiesto loro cosa stesso facendo lì dentro; ed uno di loro mi ha risposo dicendo: “Tu qui non costruirai un asilo nido”. E sono scappati. Da quel momento è cominciata una serie infinita di atti vandalici: io mettevo catene e catenacci e questi rompevano catene e catenacci; poi hanno appiccato il fuoco per due volte. Tutto questo fino a ieri a mezzogiorno, quando hanno rotto la catena per la sesta volta. Lo considerano un loro territorio. Questo è un terreno del comune di Palermo, ma ci sono state persone che lo gestivano magari mettendoci gli animali oppure lo usavano per andare a bruciare i fili elettrici per togliere la plastica e vendere il rame o come discariche abusive di amianto o cose di questo genere. Quindi da quando noi lo abbiamo preso in consegna sono accadute tutte queste cose. Mi hanno chiamato poco fa dal centro dicendomi che hanno vandalizzato anche un lampioncino a Piazzetta Beato Padre Pino Puglisi, (il luogo dove è stato assassinato, ndr)

Quello che impressione è che a compiere questi atti vandalici siano dei ragazzi, dei giovani, cioè proprio la categoria preferita da don Pino Puglisi …

R. - I ragazzi sotto i 14 non sono imputabili per nessun tipo di reato, -e per la criminalità organizzata diventa una forma di “scegliersi i migliori”, cioè quelli che in qualche modo sono sprezzanti del rischio, de pericolo, ma sono dei bambini! Quando ne ho preso uno, domenica sera, questo si stava mettendo a piangere e mi ha chiesto scusa dicendomi: “Non lo faccio più”. Mentre avevo bloccato questo ragazzo, c’era gente adulta che dai balconi diceva: “Appicca il fuoco alla pila!”, incitando il bambino. Loro vogliono testare i ragazzi. Quando gli dicono: “Vediamo come ammazzi il cane”, non sono interessati a come ammazzano il cane; vogliono capire se questo bambino ha quell’anaffettività tale da poter ammazzare un cane, perché se oggi ammazzi un cane, domani ammazzi un cavallo e dopodomani ti dico: “Ammazza una persona”. Allora questi ragazzi se non vengono fermati oggi, diventano i Grigoli e gli Spatuzza del futuro! Noi non vogliamo che si ripeta di nuovo questo. Quindi bisogna che le istituzioni intercettino le famiglie, vadano a parlarci e se è il caso facciano le segnalazioni ai servizi sociali. Bisogna iniziare un percorso, ma soprattutto si deve presidiare il territorio. non è possibile che “i picciriddi”, come li chiamiamo noi, sfidino lo Stato e lo Stato si fa beffare da questi ragazzi.

Il quartiere Brancaccio dai tempi di don Puglisi ha fatto dei passi da gigante; questo è innegabile. Eppure episodi come questo dimostrano che c’è ancora un radicamento da parte della criminalità organizzata. Qual è la situazione? A che punto è la lotta?

R. - Apparentemente può sembrare che queste azioni riportino alla Brancaccio di 26 anni fa. Fortunatamente non è così, perché è soli un gruppo di famiglie che continua ancora a malversare, cominciando proprio dall’istigare il bambino a puntare il coltello alla gola del “compagnetto” per farsi dare la merenda. Ma ripeto, questo è il “percorso formativo” di questi bambini. Noi lavoriamo a stretto contatto con le scuole del territorio, agiamo a 360 gradi. Poi lavoriamo con le mamme.  Quando hanno la possibilità di lasciare i loro bambini nei nostri progetti – ecco perché l’importanza dell’asilo nido –possono andare a fare anche qualche lavoro domestico, come accudire un’anziana, pulire una scala, cucire un orlo, mettere un bottone e guadagnarsi qualcosa per vivere, perché la situazione delle donne a Brancaccio è molto critica. Spesso si ritrovano ad avere i mariti in carcere e chi le aiuta? La mafia! In modo che quando il marito esce è di nuovo vittima di questo sistema. Brancaccio è cambiata tantissimo. Chi viene oggi a Brancaccio vede una Brancaccio cambiata anche a livello strutturale, ma è cambiata perché sono le mamme che ci portano i bambini, sono le mogli che hanno i mariti in carcere che non vogliono rientrare nel circuito e chiedono aiuto a noi. Sono preoccupato per questi ragazzi. Se vogliamo salvarli dobbiamo intervenire ora. Fra due anni sarà troppo tardi. Lo diceva padre Puglisi nel 1990: “È impensabile pensare di potere salvare gli adulti: dobbiamo partire dai bambini, dagli asili”. Quando è stato intervistato e gli hanno chiesto: “Padre Puglisi, lei cosa vuole fare in questo territorio con i bambini?”, lui ha risposto: “Voglio insegnare loro a dire: grazie, buongiorno e per cortesia”. Questo era padre Pino Puglisi.

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12 marzo 2019, 14:49