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Nigeriani in fuga da Boko Haram: missionario Camerun, non dimenticare emergenza

Intervista con fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, nell’Estremo Nord del Camerun: nella zona, a ridosso del Lago Tchad, sono presenti circa 20 mila nigeriani scappati dalle violenze di Boko Haram

Giada Aquilino - Città del Vaticano

L’ultimo attacco in Camerun è avvenuto la settimana scorsa, nella notte tra giovedì e venerdì, a Sandawadjiri, nella regione dell’Estremo Nord. Tre civili, tutti profughi della zona frontaliera con la Nigeria, sono stati uccisi. Ad entrare in azione, ancora una volta, gli estremisti islamici di Boko Haram, attivi principalmente in Nigeria, ma con sconfinamenti appunto in Camerun, Niger e Tchad: con le loro violenze hanno provocato 27 mila morti dal 2009 e 1 milione e 800 mila persone al momento non possono rientrare nelle loro case per il pericolo di ulteriori assalti.

Circa 20 mila profughi nigeriani

A fine gennaio, decine di migliaia di persone che cercavano di sopravvivere agli attacchi di tali milizie hanno oltrepassato il confine e si sono stabilite nel villaggio di Goura, sempre nell’Estremo Nord, nei pressi del Lago Tchad: a fine febbraio si registravano 40 mila profughi nigeriani accampati nella zona, in parte poi rientrati in patria nelle ultime settimane. “Al momento se ne contano 18 - 20 mila, ripartiti in vari villaggi, perché nel frattempo ci sono state le elezioni in Nigeria e la situazione si è in qualche modo sbloccata per una parte di loro”, spiega al telefono da Blangoua fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua. Si trova proprio nelle zone del Lago Tchad che ospitano i nigeriani in fuga da Boko Haram (Ascolta l'intervista a fratel Fabio Mussi).

Acqua potabile, malnutrizione e rischio meningite

“Queste persone raccontano degli attacchi di Boko Haram, che hanno depredato in particolare la città nigeriana di Rann, seminando morte e terrore”, proprio alla vigilia delle consultazioni svoltesi il 23 febbraio scorso, che hanno sancito la riconferma del presidente uscente Muhammadu Buhari. Al momento “l’esercito della Nigeria, coadiuvato da una missione internazionale a prevalenza tchadiana, ha ripreso il controllo della zona attaccata” prosegue il missionario. Ma in Camerun rimane l’emergenza per i profughi che ancora non hanno potuto far rientro a casa: “la prima emergenza - racconta fratel Mussi - è quella dell’acqua potabile, perché aumentando la popolazione nell’area i pozzi esistenti si sono rivelati insufficienti; poi c’è l’allarme per la salute, soprattutto dei bambini: una recente rilevazione ha mostrato come in zona il 15% dei bambini tra i 6 e i 24 mesi è a rischio malnutrizione; infine, con la stagione secca e calda, c’è il pericolo di epidemie di meningite”. Con l’aiuto del Centro Pime di Milano, la Caritas diocesana di Yagoua sta raccogliendo fondi per realizzare “nuove perforazioni” per pozzi di acqua potabile, aumentare “il numero delle vaccinazioni” e aiutare i bambini malnutriti con “alimenti proteici” di supporto.

Da Boko Haram, arruolamenti forzati

L’attenzione ai più piccoli è dettata anche dal fatto che i bambini, assieme alle donne e agli anziani, rappresentano “più del 70% dei profughi”, “perché Boko Haram - prosegue - non permette agli uomini di fuggire oltre confine, in quanto cerca di arruolarli e, se i miliziani non riescono nell’intento, arrivano fino ad ucciderli”. Proseguono intanto gli sconfinamenti degli estremisti islamici, “in cerca di risorse per sopravvivere, soprattutto alimenti”, riferisce il coordinatore della Caritas locale che parla di attacchi anche contro la povera gente in fuga, “alla ricerca magari di qualche bene prezioso” che può essere stato portato via da casa, o per “vendetta” contro chi non si è schierato al fianco di Boko Haram.

Le violenze nelle zone anglofone

Si tratta di persone che raccontano storie di “insicurezza”, spesso “madri in fuga con quattro - cinque bambini che cercano di avere un minimo necessario per sopravvivere”. A loro si sommano gli sfollati interni del Camerun, causati anch’essi dalle violenze di Boko Haram: in queste aree, per via delle ampie distanze, “oltre mille chilometri”, non sono comunque presenti - chiarisce fratel Fabio - quelli provocati dalle violenze in atto ormai da fine 2017 nei territori anglofoni del Paese, nel Sud Ovest e Nord Ovest: lì ad affrontarsi sono l’esercito di Yaoundé e gruppi separatisti, con scontri che secondo l’Onu hanno già causato 437 mila sfollati. Una emergenza generale che il missionario esorta a non dimenticare, per assicurare un “minimo di conforto” a popolazioni che negli ultimi anni hanno conosciuto vere e proprie “tragedie”.

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18 marzo 2019, 16:33