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Il sit-in ieri a Palermo in segno di solidarietà al sindaco Orlando Il sit-in ieri a Palermo in segno di solidarietà al sindaco Orlando 

Sindaci in Italia. Mirabelli: la Corte competente sulla costituzionalità o meno del dl sicurezza

In Italia, da una parte il cosiddetto "partito dei sindaci" che si dichiara contrario ad alcune norme comunali sui migranti contenute nel Dl sicurezza, dall'altra amministratori che con esse concordano. Si accende il dibattito sulla legittimità della disobbedienza

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Centinaia le persone che ieri a Palermo si sono date appuntamento in piazza Pretoria, davanti al Palazzo delle Aquile sede del Municipio, per sostenere la scelta del loro sindaco, Leoluca Orlando e dei sindaci di diversi comuni italiani, di non applicare alcune norme contenute nel Decreto sicurezza, in particolare quella che impone la non registrazione dei richiedenti asilo all’anagrafe comunale con la conseguente negazione della residenza.

La scelta del sindaco di Palermo

Accanto a immigrati e cittadini anche attivisti di associazioni come il Centro Astalli gestito dai gesuiti. Una presenza che Alfonso Cinquemani del Centro spiega così: "Penso che sia il momento di resistere avvalendoci di tutti i mezzi che ci offre la democrazia. La Costituzione va difesa davanti al decreto sull'immigrazione che l'ha calpestata". Da parte sua il sindaco Orlando ha ribadito: “Ho esercitato le mie funzioni di sindaco: ho sospeso l'applicazione di norme di esclusiva competenza comunale che potevano pregiudicare i diritti umani dei migranti".  Adesso, ha aggiunto "mi rivolgerò all'autorità giudiziaria perché, in quella sede, il caso possa essere rimesso alla Corte Costituzionale che giudicherà la legittimità o l'illegittimità costituzionale di norme che hanno un sapore certamente disumano e criminogeno".

La preghiera dell'arcivescovo della città, mons. Lorefice

"Siamo fatti per l'amore, non per l'odio. Per incontrarci, non per separarci, per fecondarci di bene vicendevolmente", diceva intanto nell’omelia alla Messa celebrata nella stessa mattinata, l’arcivescovo della città siciliana, mons. Corrado Lorefice che, non citando direttamente la questione migranti, ha pregato: "Tu, Gesù, sei stato il primo profugo dell'era cristiana. Aiutaci ad aiutare ogni uomo che chiede accoglienza. (…) Fai in modo che non ci accada di rimanere in silenzio dinnanzi ai 'disumani' decreti che aggravano la sofferenza di chi è vessato dalla povertà e dalla guerra". Del resto già alla vigilia di Natale era uscito un documento firmato da tutti i vescovi della Sicilia in cui si definiva il decreto sicurezza come un provvedimento che “mette in grave insicurezza, sulla strada, tanti figli di Dio, a iniziare dai più deboli”.

Il tema dibattuto dell'obiezione di coscienza

I sindaci d'Italia intanto prendono posizione, alcuni dichiarano di stare dalla parte del primo cittadino palermitano, altri, specie quelli di comuni del Nord come Udine e Novara, si dicono d’accordo con la linea dettata dal governo e accusato i colleghi di deriva ideologica. Ma, in merito all’atteggiamento dei sindaci che si oppongono al decreto, è stato lo stesso arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco a dire ieri: “Penso che nessuno voglia essere sovversivo, però ci sono dei problemi che richiedono anche dei giudizi di coscienza”.

Il parere del prof. Mirabelli: si tratta di un atto politico 

Obiettivo a cui sembrano voler arrivare gli amministratori “dissidenti” è comunque quello di chiamare in causa la Corte costituzionale, a cui sola compete valutare la legittimità costituzionale o meno di una legge. Su questo insiste Cesare Mirabelli, già presidente della Corte, che intervistato da Luca Collodi di Radio Vaticana Italia, sul tema esprime così la sua opinione:

R. – I sindaci non possono certamente abrogare la legge e come pubblica amministrazione sono tenuti ad applicare la legge anche se è incostituzionale. Tuttavia possono disobbedire alla legge nel senso che il provvedimento esclude - a quel che pare - l’iscrizione nei registri della popolazione residente degli stranieri che non siano in possesso del permesso di soggiorno; se il sindaco provvede alla iscrizione contro la previsione della legge vi potrà essere un intervento del prefetto e, allora, nel corso del giudizio il giudice potrà sollevare una questione di illegittimità costituzionale per far valere la ritenuta illegittimità della legge. Perciò quello dei sindaci è un atto politico…

Il motivo del contendere è che i richiedenti asilo non possono essere iscritti all’anagrafe e dunque godere dei diritti dei residenti nel comune di appartenenza. Questo è il punto che questi sindaci vorrebbero cambiare e non applicare. Come lei ha detto si tratta di una posizione politica perché questi sindaci ancora non sono passati alle vie di fatto, stanno cercando di capire che manovrabilità hanno…

R. - Le vie di fatto possono essere queste: che di fronte alla domanda di un richiedente asilo di essere iscritto nell’anagrafe della popolazione residente, il sindaco, anziché rigettare questa domanda, provveda a questa iscrizione. Questo atto è illegittimo ma nel giudizio che ci può essere contro la illegittimità dell’atto, appunto, si potrà innestare un giudizio di legittimità costituzionale per vedere se la legge è conforme a Costituzione o contro la Costituzione. E’ da dire che comunque gli stranieri godono di alcuni diritti indipendentemente dalla iscrizione nel registro della popolazione. La Corte costituzionale ha già ritenuto che il diritto alla salute, il diritto all’istruzione, sono diritti essenziali della persona. Può valere l’iscrizione al registro della popolazione residente per alcuni benefici di carattere assistenziale che i comuni sono tenuti a erogare nei confronti delle persone.

Quindi si può dire che la strada maestra e quella di questi sindaci è il ricorso alla Corte costituzionale e non alla disapplicazione della legge…

R. - E’ una protesta istituzionale questa dei sindaci e l’annuncio di una possibile disobbedienza.

Ascolta l'intervista al prof. Cesare Mirabelli

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05 gennaio 2019, 12:29