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Pakistan: confermata l’assoluzione per Asia Bibi

Lo ha deciso la Corte suprema. La donna può ora lasciare il Paese. Paul Bhatti: per il Pakistan l’inizio di un cambiamento importante

Michele Raviart – Città del Vaticano

La Corte suprema del Pakistan ha rigettato la richiesta di riapertura del processo di Asia Bibi, scagionata lo scorso ottobre dall’accusa di blasfemia, per cui era stata condannata a morte ed aveva passato 9 anni di carcere. Nessun ostacolo formale ora vieta alla donna di lasciare il Paese.

Nessun errore nel verdetto precedente

Secondo il giudice Asif Saeed Khosa, presidente dei tre membri della Corte che dovevano decidere sul caso, “il firmatario del ricorso”, il religioso musulmano Qari Salaam che per primo aveva accusato la donna nel 2009, “non è stato in grado di individuare alcun errore nel verdetto della Corte Suprema che ha assolto Asia Bibi”.

Non si può condannare un innocente

L’avvocato dell’accusa aveva chiesto la riesamina del processo da parte di un tribunale più ampio che comprendesse anche religiosi islamici ulema. “Il verdetto è stato emesso sulla base di testimonianze”, è stata la risposta del presidente, che ha chiesto all’accusa di dimostrare cosa ci fosse di sbagliato nel verdetto precedente ricordando come secondo l’Islam non possa essere punita una persona che non è giudicata colpevole.

Asia Bibi può raggiungere le sue figlie

Per Asia Bibi si trova ora in una località segreta del Pakistan sotto stretta protezione insieme al marito Ashiq Masih, dopo che l’assoluzione dello scorso ottobre aveva scatenato le proteste dei gruppi islamici radicali. Solo un accordo con il governo sulla possibilità di chiedere la riapertura del processo aveva fatto desistere gli islamisti dalle manifestazioni di protesta durate tre giorni in tutto il Paese. Un clima di tensione che aveva fatto fuggire le figlie della coppia, che hanno ottenuto asilo in Canada e l’avvocato della donna, Saif ul Malook, aveva lasciato il Pakistan ed era rientrato ad Islamabad dall’Olanda proprio per l’udienza di revisione.

Una vittoria sulla “legge sulla blasfemia”

La sentenza pone fine al caso più noto a livello internazionale dell’applicazione della cosiddetta “legge sulla blasfemia”, secondo cui il solo sospetto di un’offesa a Maometto o al Corano può portare alla pena di morte. La stessa Asia Bibi era stata accusata pretestuosamente dopo una lite con delle donne musulmane del suo villaggio.

Paul Bhatti: in Pakistan la giustizia è ora più forte

Tra le persone che hanno denunciato da subito il caso di Asia Bibi e l’oppressione subita dai cristiani ricordiamo Shabaz Bhatti, ministro per le minoranze in Pakistan e Salman Taseer, governatore del Punjab, entrambi uccisi dai fondamentalisti islamici. Paul Bhatti, fratello di Shabaz e anche lui ex-ministro pakistano per le minoranze, racconta a Vatican News cosa significa la conferma dell’assoluzione di Asia Bibi per il futuro del Pakistan

R. – Per me è stata una notizia bellissima, anche se ne ero certo. Prima di tutto, vorrei applaudire alla giustizia pakistana, perché i giudici sono stati molto coraggiosi e hanno sostenuto anche la giustizia, quella che è la verità del Pakistan. Vorrei anche ricordare mio fratello, insieme con il governatore del Punjab, che hanno perso la vita per mettere in luce questo caso al mondo; un grazie inoltre alla comunità internazionale. È stato grazie a tutto questo che Asia Bibi è stata oggi liberata. Non riesco a trattenere la gioia: questa è una svolta in Pakistan. È una svolta non solo nel senso che Asia Bibi è libera, ma anche per il messaggio che è stato trasmesso dai giudici, dai media pakistani e dall’attuale governo del Pakistan. La giustizia oggi in Pakistan è molto più forte, determinata e vera in un certo senso.

Che cosa cambia adesso per i cristiani in Pakistan e per le minoranze religiose?

R. – Prima di tutto il cambiamento sta nel fatto che la giustizia di più alto livello ha adottato una decisione molto dettagliata. Quest’ultima ha dimostrato che i cristiani sono persone che vogliono vivere in pace e vogliono rispettare la religione e la fede di tutti. A tanti musulmani è stato detto che i cristiani sono loro nemici, che Asia Bibi e altri cristiani insultano il loro profeta, Muhammad. E invece hanno capito che tutto questo è un’ingiustizia, che avviene nel nome della religione, e che non deve essere accettata. Inoltre, tutti quei cristiani che vivevano sottoposti a pressioni e pensavano di non ricevere giustizia in questo Paese, ora sono sollevati di vedere che questa giustizia invece si può ottenere. Quindi è l’inizio di un cambiamento importante.

Che cosa farà ora Asia Bibi?

R. – Credo che lascerà il Paese. Non so dove andrà, ci sono molti Paesi che le hanno offerto accoglienza. Sicuramente penso che lascerà il Paese. Dobbiamo anche ricordare molti casi come quello di Asia Bibi, di persone che si trovano ancora in prigione dopo aver subito violenze, e che ancora non sono libere. Dobbiamo ricordare anche questo. Asia Bibi è stata fortunata a ricevere tutti questi appoggi a livello internazionale, a livello politico locale, della giustizia. È chiaramente una persona che ha sofferto, che era innocente, però non dobbiamo dimenticare anche altre persone che, con la stessa accusa, sono ancora in prigione e hanno subito violenze.

Dopo l’assoluzione dello scorso ottobre, c’erano state delle proteste dei gruppi islamisti. Si teme ora un’altra reazione?

R. – Penso che la reazione sarà molto debole. Prima di tutto perché la gente, attraverso i canali televisivi, i talk show, è bene informata sul fatto che questa è una decisione giusta. E poi, in secondo luogo, le 300 persone che volevano organizzare la reazione si trovano agli arresti, dunque le loro proteste saranno insignificanti. Non credo che potranno fare molto.

Ascolta l'intervista a Paul Bhatti sulla sentenza a favore di Asia Bibi

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29 gennaio 2019, 11:06