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Antonella Penati-Associazione, Federico nel cuore Antonella Penati-Associazione, Federico nel cuore 

Non banalizzare fenomeno della violenza su donne e bambini

Sui comportamenti violenti verso le donne, Papa Francesco continua a far riferimento nei suoi discorsi, recenti e passati. Nella nostra intervista Antonella Penati, presidente dell’associazione “Federico nel cuore”, racconta il suo impegno a partire dalla morte del figlio

Debora Donnini – Città del Vaticano

“La vergognosa violenza che a volte si usa nei confronti delle donne, i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitù che non costituiscono una dimostrazione di forza mascolina bensì un codardo degrado”: sono le forti parole di Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Amoris laetitia.  Un tema, quello della “piaga degli abusi fisici e psicologici sulle donne”, che spesso emerge nei suoi interventi. Ne ha parlato - per citare solo le ultime volte - nel recente discorso al Corpo diplomatico, sottolineando “l’urgenza di riscoprire forme di relazioni giuste ed equilibrate”. Vi ha fatto riferimento anche alla Gmg di Panama: sia alla Via Crucis sia nel discorso ai vescovi centroamericani, nel quale si è soffermato sulla “violenza domestica” e sul “femminicidio” definendolo “una piaga” per il Continente. E oggi i dati ci dicono che nel mondo una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Un dramma, quello della violenza, che ha segnato la vita di Antonella Penati. Nel 2009 perde suo figlio. Federico è un bimbo di soli 8 anni quando viene ucciso dal padre in un incontro protetto. Tutto questo nonostante otto denunce e anni di soprusi e violenze contro lei stessa. “Sei la mia mamma cammello”, le diceva, scherzosamente, Federico quando d’estate Antonella si incollava lo zaino tecnico con lettino, cibo e ombrellone per portarlo nelle spiagge più belle. “Quando sarò grande dirò ai miei bambini quante fatiche hai fatto per me”: sono le parole di Federico, che la mamma tiene a ricordare. Un abisso di dolore che l’ha portata però non a chiudersi in se stessa ma a impegnarsi per lottare contro la violenza su donne e bambini con l’Associazione “Federico nel cuore”, come racconta nell’intervista:

R. - Quello che mi ha dato la forza è la promessa che ho fatto al mio bambino l’ultima volta che l’ho visto, prima di chiudere la sua bara bianca. Avevo chiesto al sacerdote di benedirlo e stare lì con me, e gli feci una promessa: di fare giustizia e di fare in modo che quello che è capitato a lui, non capiti più a nessun altro bambino. E’ il motivo che mi fa alzare la mattina, è il mio impegno non solo per fare giustizia a Federico: era evitabile se solo lo avessero ascoltato. Federico è stato ucciso in un ambito protetto e ha avuto una morte orribile. Questo non deve capitare. Ma purtroppo in Italia continua a capitare. I bambini continuano ad essere uccisi, le donne anche.

Il Papa in diversi discorsi, anche recentemente, ha parlato della piaga degli abusi fisici e psicologici verso le donne. Nella sua associazione “Federico nel cuore” come state cercando di trarre dal male – per quanto possibile – qualcosa di buono per gli altri?

R. - Come associazione, ma anche come donna, come madre, come cristiana ho ascoltato attentamente le parole del Santo Padre, che reputo fondamentali perché di fatto quello che fa anche l’Associazione è cercare di portare avanti un messaggio di massima attenzione verso le donne e i bambini contro tutto ciò che è violenza, perché la violenza riguarda tutti i livelli sociali. Non dobbiamo distogliere la nostra attenzione, dobbiamo portare un messaggio di pace e di equilibrio all’interno delle famiglie, non nascondendo la verità ma facendo un’azione culturale profonda, partendo dalle famiglie, dalla scuola, dal mondo della politica, dei media. Bisogna iniziare a parlare con un linguaggio differente e non nascondere la verità perché in Italia purtroppo il fenomeno della violenza sta assumendo contorni devastanti.

Non bisogna abbassare la guardia…

R. - Esatto. Il Santo Padre con il suo discorso l’ha ben evidenziato, anche in altri Paesi non solo in Italia, e soprattutto si basa sul rispetto che bisogna avere prima di tutto dei bambini e delle donne: non si può far finta che la violenza non esista o sia un fattore marginale. È un problema che dobbiamo tutti affrontare con umiltà e serietà.

C’è stato un evento, qualcosa che l’hai aiutata a vivere, per quanto è possibile, questo dramma?

R. - Tra i segnali più toccanti che ho ricevuto c’è stata una lettera del Santo Padre che mi ha mandato un messaggio di sostegno per quello che sto facendo anche per le altre donne, un messaggio di vicinanza oltre che di preghiera nei miei confronti, per la vicenda e il dolore enorme che ho patito. E’ stata una lettera che mi ha davvero commosso e mi ha dato un po’ più di forza per andare avanti. Penso che dimostri anche la sensibilità che il Papa ha nei confronti dei bambini e delle donne e sicuramente ha una visione non negazionista di questa realtà. Anzi, il Santo Padre ha ben presente cosa sta avvenendo e la violenza dilagante non solo nel nostro Paese. E gli ultimi suoi interventi lo dimostrano. Devo dire che quando mi è arrivata la lettera non ci potevo credere: ho pianto. Mi ha mandato anche delle immagini e un suo Rosario che tengo sempre con me.

Come associazione cosa state facendo?

R. - Quando faccio delle cose per i bambini, faccio educazione alla relazione, al rispetto l’uno dell’altro. Bisogna insegnargli una cultura della non violenza e del rispetto reciproco. Quello che mi preoccupa è che in Italia ci sono delle derive in atto di opinioni che sono veramente lontane dalla realtà perché le donne e i bambini in Italia devono essere protetti. E certe teorie che stanno avanzando mi preoccupano moltissimo, soprattutto quando si basano sul disconoscimento della violenza e portano avanti invece un ruolo di contrapposizione fra donne e uomini. Deve essere chiaro questo messaggio: i bambini non devono essere esposti alla violenza degli adulti perché non sono i genitori da proteggere, sono i bambini da proteggere soprattutto dalla violenza. E se un bambino ha paura, ci sono delle ragioni e devono essere ascoltate. Quello che faccio è un appello alle donne italiane, cristiane, cattoliche, tutte: tutte unite dobbiamo non abbassare la guardia, fare in modo che la violenza venga riconosciuta, perché è un problema esistente. Informatevi e soprattutto fate in modo che in Italia non passino situazioni che vogliono negare l’evidenza di questo problema. Secondo mie stime, nel 2018 sono stati 17 i bambini uccisi, dal 2010 ad oggi sono oltre 400 i bambini uccisi per mano di un genitore. Non cadete nell’inganno di banalizzare questo fenomeno perché i bambini sono tutti figli nostri.

 

 

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30 gennaio 2019, 12:47