Bambino in un campo profughi ad Idlib Bambino in un campo profughi ad Idlib 

Siria: sale la tensione. Appello Unicef per i bambini

Il governo di Bashar al-Assad, sostenuto dagli alleati, è determinato a sferrare un attacco contro i ribelli della Provincia di Idlib, ma nell’area vivono circa tre milioni di persone, più di un terzo bambini. Il tributo di sangue rischia di essere altissimo. Dopo il Papa, appello dell'Unicef

Eugenio Murrali - Città del Vaticano

In questo momento di sospensione c’è un crescendo della tensione internazionale. Se da un lato Siria e Russia sottolineano la necessità di liberare la zona dall’alleanza costituita dall’ex Fronte al-Nusra, gli Stati Uniti vedono a Idlib l’escalation di un conflitto già pericoloso. Il ministro francese degli affari esteri, Jean-Yves Le Drian, ha dichiarato che il presidente siriano: “ha vinto la guerra, bisogna constatarlo, ma non ha vinto la pace”, cioè un processo politico capace di pacificare il Paese.
L’ONU, in particolare l’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan de Mistura, ha chiesto la creazione di corridoi umanitari.

L’appello del Papa

Le vite umane sono nel cuore di Papa Francesco che, nell’Angelus, si è rivolto alla Comunità internazionale e a tutti gli attori coinvolti, invitandoli a servirsi di tutti gli strumenti della diplomazia, del dialogo e dei negoziati per scongiurare una catastrofe umanitaria. 

L'Unicef parla di incubo umanitario

All’appello del Papa fa eco quello dell’Unicef che parla di “imminente incubo umanitario”. Il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, intervistato da Eugenio Murrali, spiega così la congiuntura Siriana:

Ascolta l'intervista a Iacomini

R. – Questa è la zona della provincia di Idlib dove vivono circa tre milioni di persone. Un terzo di queste sono bambini, quindi un numero enorme; sono bambini che naturalmente sono figli di questa guerra che dura da sette anni, una guerra che ha prodotto migliaia di morti e un esodo nei Paesi vicini che tutti conosciamo, che non ha precedenti nella storia: si parla di sei milioni di persone. Qui ci sono persone e bambini che addirittura hanno vissuto cinque, sei, sette volte la vicissitudine di essere sfollati; hanno visto con i loro occhi attacchi militari, hanno sofferto tutto quello che è accaduto ad Aleppo, a Homs e nella Gouta orientale. Quindi è diventata una enclave piena di persone sotto tiro: i bambini sono di fatto un target, un target di quella che
sarà l’offensiva annunciata dalle truppe governative, ma un’offensiva che non può – non può davvero! – non tener conto del fatto che qui ci sono vite umane, vite di bambini che non possono subire quello che stanno per subire. Ecco perché noi abbiamo lanciato un appello, perché siamo molto preoccupati di quello che si sta profilando: cioè un vero e proprio incubo umanitario. Questo, infatti, è un territorio – lo ripeto – nel quale sono concentrati milioni di persone, persone che hanno subito altri movimenti ma soprattutto persone di cui non sappiamo ancora, in questo momento, dove dislocarle nel caso di un grande esodo. Ci sono anche dei gravi problemi per quanto riguarda l’evacuazione di quelle che saranno poi le vittime di questo assedio.

In questo momento, i bambini stanno già vivendo una crisi umanitaria …

R. – Non c’è dubbio, perché questa è una zona dove esistono condizioni igienico -sanitarie inenarrabili, dove vige un tasso di malnutrizione purtroppo altissimo, dove i bambini vivono in condizioni estrema, sono vittime di violenze ed è chiaro che quindi questa è una zona sulla quale stiamo concentrando la nostra attenzione: siamo pronti a portare aiuti per 400 mila persone ma in realtà potrebbero non bastare. Cioè, qui si parla veramente di un esodo, nella ripresa del conflitto in questa zona, che va dalle 800 mila persone a oltre, quindi qualcosa che fino a oggi non abbiamo mai visto, neanche in questo frangente siriano che nel corso di sette anni ha visto cinque milioni
e mezzo di persone lasciare le loro case.

Qual è quindi la soluzione auspicata dall’Unicef?

R. – Corridoi umanitari che consentano alle persone di defluire nel rispetto degli esseri umani, una protezione immediata dei bambini, che non debbano subire nessun tipo di shock – ancora ricordiamo le difficoltà che si ebbero con l’evacuazione di Aleppo – quindi tener sempre presente che questi bambini pagano le scelte dei propri genitori o dei propri padri che non sono le loro: per questo, nessuno deve essere ucciso o violentato o vittima di abusi soltanto perché paga prezzi che non sono i suoi. Questi sono bambini, figli di una guerra che non hanno voluto, di scelte di cui non possono e non devono essere responsabili e quindi vanno protetti. Protetti vuol dire creare dei corridoi per mettere loro e le loro mamme, almeno, al sicuro.



Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

03 settembre 2018, 12:42