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Una delle vie centrali di Baghdad Una delle vie centrali di Baghdad 

Iraq: accordo per un nuovo governo

Raggiunta un'intesa tra il leader radicale sciita Moqtada al-Sadr e la fazione del premier uscente Haider al-Abadi. Oggi seduta inaugurale del nuovo parlamento. Il patriarca Sako chiede un governo forte per fermare le spinte settarie e affrontare la crisi economica

Roberto Piermarini - Città del Vaticano

L’accordo chiamato a formare un nuovo governo e raggiunto nella tarda serata di ieri, prevede un importante coalizione parlamentare composta da sedici movimenti e partiti politici irakeni, fra cui la lista populista del leader radicale sciita Moqtada al-Sadr - vincitore delle elezioni del maggio scorso - e la fazione del premier uscente Haider al-Abadi. La coalizione comprende 177 deputati eletti alle legislative di maggio. Un numero superiore alla metà dei 329 seggi di cui è formato il Parlamento e che rappresenta una solida base in aula per il futuro esecutivo.

Presidente Masum: respingiamo corruzione e settarismo

Questa mattina in apertura della prima riunione del nuovo parlamento il Presidente iracheno Fuad Masum ha detto che “vogliamo che l’Iraq sia un Paese che contempli le diversità, l’uguaglianza e la trasparenza”. “Respingiamo manifestazioni di corruzione e di settarismo” ha aggiunto il Presidente. La sessione del nuovo Parlamento dovrà eleggere il Presidente – che, come tradizione dovrà essere un sunnita – che sarà affiancato da altri due vice.

Il Parlamento dovrà eleggere un nuovo Presidente

I deputati entro 30 giorni dovranno poi per eleggere il futuro Presidente della Repubblica, in questo caso un curdo secondo la storia recente del Paese. Egli dovrà ottenere i due terzi dei seggi parlamentari e, una volta eletto, avrà 15 giorni di tempo per affidare l’incarico alla coalizione maggioritaria – in questo caso quella che si è formata ieri - per la formazione del nuovo governo.
I partiti curdi, divisi al loro interno, devono ancora ufficializzare i nomi dei candidati alla carica di Presidente, la più importante del Paese sebbene rivesta un ruolo in larga parte simbolico. Analisti ed esperti ricordano che il sistema politico iracheno è studiato perché nessuno, leader o gruppo politico, possa avere un dominio sulla camera; l’obiettivo è quello di impedire il ritorno di un dittatore o di un uomo (troppo) forte, dopo la caduta nel 2003 di Saddam Hussein.

Card. Sako invoca governo forte

L’avvio dei lavori parlamentari e la nascita di un blocco che ha i numeri per formare il nuovo governo scrive la parola fine a mesi di dubbi e incertezze legate alle accuse di brogli emerse in seguito al voto. Per questo un mese fa il card. Louis Raphael Sako, in una lettera ai politici iracheni e alle rappresentanze diplomatiche presenti nel Paese aveva chiesto con urgenza “un forte governo di coalizione” per fermare le spinte settarie e per far fronte alla crisi economica. Il patriarca Sako ha voluto richiamare tutti i politici iracheni alle loro responsabilità, anzitutto chiedendo di formare “prima che sia troppo tardi” un governo di coalizione capace di intervenire sulla presenza delle milizie organizzate su base etnico-religiosa che ancora dettano legge in ampie aree dell’Iraq.

Il porporato si interroga sul futuro del Paese

“Bisogna ascoltare le richieste della popolazione perchè sono richieste giuste: chiedono elettricità, acqua, lavoro, il rispetto dei bisogni primari delle persone, la loro dignità e libertà” ha scritto Sako. “In Iraq tutto è fermo: l’agricoltura, l’industria, il turismo, abbiamo solo il petrolio e quello viene venduto e i soldi rubati. Che ne sarà del Paese, che ne sarà di 30 milioni di iracheni?», si chiede il primate della Chiesa caldea. Suggerisce quindi, tramite il documento, ai politici di riformare la Costituzione ormai superata e le leggi, tenendo conto del «principio di cittadinanza» per risolvere ogni tipo di affiliazione religiosa o settaria dei cittadini. “Non è la religione il problema, la religione è solo una scusa di alcuni per giustificare i propri interessi - rimarca il card. Sako -. La religione non entra nella politica, ciò che si deve fare è riconoscere l’uguaglianza e la dignità di tutti e fare tutto il possibile per migliorare le condizioni di vita della gente”.
 

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03 settembre 2018, 11:49