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Google compie 20 anni. Padre Spadaro: il rischio è perdere la domanda

Il mondo celebra il colosso dei motori di ricerca. Dio è tra le parole più cercate. Per il padre gesuita Antonio Spadaro, attuale direttore della rivista La Civiltà Cattolica e noto influencer "La Rete deve essere un luogo di comunicazione e di comunione".

Massimiliano Menichetti - Città del Vaticano

Il 4 settembre di venti anni fa Sergey Brin e Larry Page fondano la società Google Inc., da cui nascerà il motore di ricerca più usato al mondo. Padre Spadaro qual è l'intuizione di fondo che sta alla base di questo progetto che ha cambiato il volto di Internet?

Prima di tutto la parola da usare è innovazione, la capacità  dei fondatori di Google è stata quella di avere un’intuizione che è stata in grado di portare avanti un progetto che ha dato i suoi frutti. L’intuizione è molto semplice: capire l’importanza del motore di ricerca come valore. Prima della fondazione di Google sostanzialmente ciò che veniva venduto, che per il mercato era interessante erano i contenuti presenti nella pagina del motore di ricerca, Google cambia questo - infatti la sua pagina è assolutamente vuota - se andiamo sul sito c’è solo un box da dove però è possibile, in qualche modo, consultare tutto il sapere del mondo. Google corteggia, se vogliamo, un’utopia quella della Biblioteca di Alessandria: avere a portata di mano, in maniera organizzata tutto il sapere in un unico deposito. Dalla sua nascita dunque la Rete è diventata un luogo di ricerca e questa è l’intuizione fondamentale.

Alla base di tutto quindi ci sono le domande?

Si. Google poi è diventato qualcosa di più di un motore di ricerca perché ogni anno a partire dal 2000 ha cominciato ad acquisire altre realtà: nel 2001 la ricerca delle immagini, nel 2002 è nato Google News, nel 2004 è stato lanciato il servizio di posta elettronica Gmail, poi Maps, Youtube… in qualche modo c’è questo desiderio di soddisfare la domanda di conoscenza e di sapere. L’uomo oggi s’interroga, vuole raggiungere dei contenuti e attraverso Google è possibile arrivare a video, audio, e testi, avere un rapporto diretto con la conoscenza.

Si cercano curiosità, dati, fatti di cronaca, una delle parole più cercate è Dio...

La grande domanda che secondo me dobbiamo porci è: “Cosa significa la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca?”. Cioè nel momento in cui raggiugiamo la conoscenza o ci poniamo una domanda e vogliamo una risposta andiamo naturalmente su Google. Questo significa che ci abituiamo ad avere le risposte a portata di pochi click, da una parte ciò stimola la curiosità, dall’altra però fa perdere quella che definirei la sintassi della domanda, perché nessuno pone più domande al motore di ricerca, ma scrive delle parole e queste producono dei risultati, stiamo perdendo paradossalmente proprio la domanda.

Padre Spadaro Dio si trova in pochi click?

Dipende che cosa intendiamo, certamente l’incontro con Dio è un incontro personale non è attraverso una ricerca digitale che si può trovare, però è anche vero che si possono trovare tante esperienze che parlano di Dio, testi che parlano di Dio. Però oggi una persona interessata a Dio, si ritrova all’interno di un motore di ricerca con tanti contenuti senza alcuna gerarchia, senza alcuna organizzazione dottrinale. La sfida è dunque fornire contenuti raggiungibili e significativi.

Lei è molto attivo in Internet. Qual è la sfida della Chiesa?

La Rete non è da usare ma da abitare, bisogna viverci come dentro un’ambiente. Le sfide sono molte quella che trovo più significativa legata proprio al motore di ricerca è il rischio di finire dentro una specie di “bolla filtrata”, perché se cerchiamo dei contenuti questi ci arrivano grazie a degli algoritmi che sostanzialmente funzionano attraverso due criteri: testi e siti più cliccati e ripresi quindi apparentemente autorevoli – ma è un’autorevolezza fondata esclusivamente sulla popolarità – e d’altra Google che ci conosce - perché immagazzina tutte le ricerche che noi facciamo quotidianamente - ci orienta sulla base delle nostre opinioni, delle nostre conoscenze, quindi alla fine il rischio è quello di rimanere chiusi all’interno di informazioni che ci assomigliano sempre di più e perdiamo l’alterità. Questa è una grande sfida.

Il mondo di Internet spesso viene semplificato come pericoloso o ricco di opportunità. C’è un punto di equilibrio?

La Rete è un po’ come la vita. Diciamo che la differenza è che in Internet si comunica velocemente, un messaggio arriva potenzialmente nello stesso momento a tante persone, quindi con grande capacità di diffusione, però manca il contatto personale, “faccia a faccia” e questo può essere un problema. C’è una grande diffusione di odio, ci sono delle “bolle” che poi esplodono e che permettono addirittura anche la loro stessa manipolazione. Ovviamente la sfida positiva è quella di immettere contenuti, di essere presenti, di imparare ad avere un approccio che sia realmente di dialogo e di confronto. In fondo è la sfida educativa che abbiamo davanti e che ha davanti anche la Chiesa, ovvero imparare a vivere bene la Rete e aiutarla ad essere un luogo di comunicazione e di comunione.  

E’ molto vicino al Papa, spesso “posta” sue foto… cosa significa per lei?

Significa condividere un’esperienza. Mi capita spesso durante i viaggi papali, perché condivido via Twitter delle immagini che scatto e vedo che questo ha un grande successo nel senso che la gente sente di partecipare a quell’evento e condivide quelle immagini. Quindi è una briciola di esperienza condivisa in maniera molto semplice.

Cosa dona all’altro quindi?

Il senso di una presenza.

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04 settembre 2018, 19:47