La sede del partito Zanu-Pf nella capitale Harare La sede del partito Zanu-Pf nella capitale Harare 

Zimbabwe: Mnangagwa confermato presidente

Nelle prime elezioni del dopo Mugabe, il partito Zanu-Pf ha riportato la maggioranza dei parlamentari. Ancora da assegnare 58 seggi

Michele Raviart – Città del Vaticano

In attesa dell’assegnazione degli ultimi seggi, il presidente uscente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa sarà riconfermato alla guida del Paese. Nelle prime elezioni del dopo Mugabe, in carica per 38 anni ed esautorato lo scorso novembre dallo stesso Mnangagwa, il partito governativo Zanu-Pf ha infatti conquistato 109 seggi al parlamento, sufficienti per ottenere la maggioranza.

41 seggi finora per l’opposizione

Ad opporsi a quello che era stato anche il partito di Mugabe, il Movimento per il cambio democratico guidato da Nelson Chamisa, che ha conquistato 41 seggi. La Commissione elettorale dello Zimbabwe deve ancora assegnare 58 seggi e al Zanu-Pf ne basterebbero 30 per ottenere i due terzi necessari per cambiare la costituzione.

Tresoldi: “non è un segno di cambiamento”

“Non è una buona notizia per chi sperava nel cambiamento”, spiega nell’intervista di Antonella Palermo il direttore di “Nigrizia” Efrem Tresoldi. “Sarebbe stato un esempio per tutta l’Africa australe dove in molti Paesi sono ancora al potere i partiti espressione dei movimenti di liberazione, che non vogliono lasciare il Paese”. (Ascolta l'intervista a Efrem Tresoldi sul voto nello Zimbabwe)

Chamisa raccoglie meno voti del previsto

Chamisa, che ha accusato la Commissione elettorale di ritardare la diffusione elettorale per favorire il partito di governo, era dato testa a testa con Mnangagwa, in quelle che sono state le prime elezioni dopo 16 anni ad ammettere osservatori internazionali e in cui le opposizioni non sono state sistematicamente represse.

Le opposizioni più forti nelle città

Tuttavia, spiega ancora Tresoldi, “la macchina elettorale è ancora saldamente nelle mani dello Zanu-Pf e di fatto anche dalle forze di polizia e militari, che si sono dichiarate neutrali, ci sono stati segnali di appoggio al partito”. “Probabilmente nelle città è stato più facile sostenere il Movimento democratico per il Cambiamento”, continua il direttore di Nigrizia, “mentre nelle zone rurali ci sono state intimidazioni e la gente non ha avuto la stessa libertà di esprimere un consenso diverso rispetto al passato”.

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01 agosto 2018, 14:30