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Kerala, la Chiesa scende in campo per medicare le ferite

Fra Kannampuzha, francescano del Kerala, racconta la situazione drammatica che sta vivendo il popolo indiano: “Qui manca tutto, c’è solo distruzione e morte. Preti e suore in prima linea per aiutare”

Federico Piana - Città del Vaticano

“Abbiamo bisogno di tutto. Qui non c’è più nulla, solo distruzione”. La voce roca, flebile, dolorosa, è di frate Sjo’ Kannampuzha, dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Si trova nello Stato indiano del Kerala colpito da una forte alluvione che ha devastato oltre 1.200 villaggi provocando più di 400 morti. Fa spola tra i pochi distretti risparmiati dalla furia delle acque e le zone annientate per portare aiuti: viveri, beni di prima necessità, sostegno morale. Il suo racconto è scarno e impietoso: “Quello che è accaduto è orrendo. Non ce lo saremmo mai aspettato. Ancora non si è riusciti a fare un bilancio preciso dei danni: i morti potrebbero essere stati calcolati per difetto. Ci vorrà ancora molto tempo per capire”.(Ascolta l'intervista frate Sjo’ Kannampuzha sulla situaizone in Kerala)

La Chiesa locale in prima linea per gli aiuti

Immediatamente dopo la tragedia, la Chiesa locale si è mobilitata per aiutare il più possibile. Insieme ai militari e alle forze di polizia e di soccorso, sono stati molti i volontari cristiani pronti a mettersi a disposizione per dare una mano. “Questa fase – entra nel dettaglio fra Kannampuzha – è terminata. Ora se ne apre una nuova e forse più difficile: provvedere al cibo, ai vestiti e ai medicinali per le persone che hanno perso ogni cosa. Su questo fronte la mobilitazione è grande, al pari della sofferenza. Ad esempio, un arcidiocesi centrale del Kerala ha visto la distruzione completa di 280 parrocchie. Una catastrofe”.


Una sola diocesi accoglie e sostiene migliaia di sfollati

La stessa diocesi colpita dall’immane tragedia ha deciso di contribuire all’apertura di numerosi campi profughi. “Sono più di 1200 ed accolgono 260.000 persone: qui lavorano 400 sacerdoti e 500 suore – spiega fra Kannampuzha. Inoltre, 350 seminaristi hanno preso una pausa dagli studi per andare ad aiutare in questi campi. E sono i dati di una sola diocesi, in Kerala ce ne sono altre 13 che si sono mobilitate con la stessa intensità. La Chiesa, anche se ferita, sta portando avanti una missione incredibile”.
 

 

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22 agosto 2018, 13:37