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Migranti. Mons. Lorefice: non edulcoriamo il Vangelo

A Radio Vaticana Italia le parole dell'arcivescovo di Palermo e il suo timore che nel dibattito sui migranti i cristiani dimentichino la carità evangelica

Fabio Colagrande- Città del Vaticano

"Se fermiamo le navi dei poveri, se chiudiamo i porti, siamo dei disperati. La Chiesa non può restare in silenzio e non ha alternative: è stata collocata accanto ai derelitti della storia". A pronunciare queste affermazioni, che riguardano l’attuale dibattito sull’accoglienza dei migranti, è stato – domenica scorsa - mons. Corrado Lorefice, arcivescovo metropolita di Palermo, in occasione del discorso alla città per il festino di Santa Rosalia, in Piazza Marina.

Non perdiamo lo specifico cristiano

Intervistato da Radio Vaticana Italia, il presule ha ribadito che “in quanto cristiani, dobbiamo ascoltare le parole di Matteo 25 – ‘Ero profugo e mi avete accolto’ – e proprio in questo momento, in cui proliferano annunci populisti, non possiamo tergiversare”. “Dimenticare che ogni uomo è soggetto di diritto significa scordare il fondamento di ogni convivenza umana”. “Se abbiamo dimenticato che come cristiani dobbiamo assomigliare a Cristo e mettere in pratica il suo Vangelo – prosegue l’arcivescovo di Palermo – significa che la comunità cristiana ha perso ogni suo specifico nel mondo”.(Ascolta l'intervista a mons. Corrado Lorefice sulla situazione dei migranti)

Sicilia, terra segnata dalle migrazioni

“Noi siciliani – ha aggiunto il presule – abbiamo una storia segnata da questo evento. Ovunque nel mondo i siciliani siano arrivati hanno vissuto le stesse problematiche di non accoglienza, ma – alla fine – non si può dimenticare il loro contributo, come quello di tutti gli italiani, nella costruzione della società civile in tante nazioni di tutto il mondo”.


Debitori verso l’Africa

“Dobbiamo anche dire – continua mons. Lorefice – che noi siamo debitori nei confronti dell’Africa. Oggi che l’Occidente continua a depredare quel continente non possiamo essere così incoerenti e così ipocriti da considerare gli africani come coloro che vengono ad occupare il nostro territorio. Siamo noi oggi a occupare il loro. Lo vedo bene io in Congo, Paese dove mi reco ormai da anni, ricco di risorse come il coltan, l’oro, i diamanti, e dove regna una povertà che ha tra le sue cause il comportamento dell’Occidente. Non dovremmo mai dimenticarlo”.

Il rischio di contaminare il Vangelo

“Non è questione di accoglienza. Non dobbiamo essere buoni, ma giusti. Certo, come cristiani abbiamo anche il dovere della carità e deve essere chiaro che questo è il vero contenuto del Vangelo, altre parole non possono essere considerate evangeliche. La mia preoccupazione è che si arrivi a contaminare, edulcorare la forza del mandato evangelico”
 

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18 luglio 2018, 15:52