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Alfie Evans: lunedì si deciderà se staccare la spina

Marina Casini, neo presidente del Movimento per la Vita: uno Stato non può avere il diritto di vita o di morte su una persona; il papà e la mamma sono stati scippati della potestà genitoriale senza nessuna motivazione oggettiva

Federico Piana - Città del Vaticano

Giovedì scorso i genitori avevano tentato di far uscire il piccolo Alfie Evans dall’Alder Hey Hospital Trust, a Liverpool, con l’intenzione di condurlo nell’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù, pronto ad accoglierlo per donargli una speranza di vita. Tutto era stato studiato nei minimi dettagli: dalla revoca del dovere di cura ai dottori dell’Alder Hey Hospital all’elicottero-ambulanza. Ma non è bastato. I medici del nosocomio inglese si sono opposti ottenendo l’aiuto della polizia e sbarrando tutte le porte. I familiari del bambino di appena due anni, affetto da una malattia degenerativa del sistema nervoso e tenuto in vita da macchinari, hanno diffuso un comunicato nel quale hanno accusato i medici e le autorità di “detenere illegalmente il loro bambino e violare i loro diritti di genitori”. Lunedì prossimo Tom Evans e Kate James, dopo lo stop alla sentenza dei giudici che autorizzava l’interruzione della nutrizione e della ventilazione assistite, torneranno in tribunale appellandosi all’habeas corpus, il principio anglosassone dell’inviolabilità delle persone.

Una vicenda inquietante

Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano, sta seguendo da vicino gli sviluppi della situazione. Non nasconde il proprio dolore, la propria rabbia: “E’ una vicenda inquietante, raccapricciante. La decisione di uccidere il povero Alfie è stata presa in un tribunale, dove dovrebbe trionfare la difesa del diritto. E’ qui il luogo in cui una vita è stata definita inutile, superflua. E’ in un tribunale che la mamma ed il papà sono stati scippati della propria potestà genitoriale senza nessuna motivazione oggettiva”.

Si sta tentando di trovare un pretesto per accelerare la morte del piccolo Alfie

Nel loro durissimo comunicato stampa, i genitori si domandano: cosa hanno da guadagnare dalla morte di una creatura innocente? Alla base c’è un ragionamento puramente ideologico, prova a rispondere Marina Casini: “Basti pensare, per capirlo, il fatto che le prove sulla reattività fisica del bambino - quando ad esempio mangia la cioccolata – non sono state prese in considerazione. E’ evidente che c’è il tentativo di far affermare l’idea dell’eutanasia per via giudiziaria. Non è un Paese civile quello che pretende di sopprimere delle vite non considerate degne di essere vissute come quelle afflitte da malattia o gravi disabilità”.

I medici debbono curare, non uccidere. Ignorato il giuramento di Ippocrate

A destare stupore, in questa vicenda, è la facilità con la quale i medici dell’Alder Hey Hospital vogliano obbedire alla decisione della magistratura inglese di staccare la spina al piccolo Alfie. Il giuramento del medico di Ippocrate, quello del IV secolo, recita in un passo: non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio. Del tutto simile a quello moderno. “Eppure – sottolinea Marina Casini – in questo caso viene ignorato. Siamo davanti non solo ad una profonda crisi del diritto ma anche della medicina. Il tutto deve essere ricollegato ad una profonda crisi antropologica. Oggi non sappiamo più cos’è l’uomo, qual è il senso della vita umana”.

La storia di Alfie sta scuotendo le coscienze assopite nel politicamente corretto

Marina Casini è comunque convinta di una cosa: questa storia, pur tragica e dolorosa, sta scuotendo la coscienza del mondo. “Alfie, dalla sua culla di sofferenza, e i genitori, dalla loro profonda disperazione, stanno davvero scuotendo le fondamenta della società. Stanno affermando con forza che non esiste una vita non degna di essere vissuta. Una testimonianza che dà coraggio e speranza anche ad altri genitori nella stessa situazione”.

Ascolta l'intervista a Marina Casini

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14 aprile 2018, 13:14