Stephen Hawking Stephen Hawking 

Morto l’astrofisico Stephen Hawking. Sperava di non scoprire tutto

Si è spento nella sua abitazione di Cambridge, all’età di 76 anni. Hawking ha ridefinito la cosmologia, proponendo l’idea che i buchi neri emettono radiazioni e poi evaporano

Barbara Castelli – Città del Vaticano

“Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi. Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire”. La vita dell’astrofisico Stephen Hawking, uno degli scienziati più celebri e brillanti degli ultimi decenni, può essere sintetizzata nella parola “sfida”, non solo per le sue teorie sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo, ma anche per la tenacia con la quale ha affrontato la sclerosi laterale amiotrofica, diagnosticata all’età di 21 anni. Teorico della non necessità dell’intervento di Dio nella creazione, è, comunque, nominato membro della Pontificia accademia delle scienze nel 1986 e incontra quattro pontefici: Paolo VI il 9 aprile 1975, Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1981, Benedetto XVI il 31 ottobre 2008 e Francesco il 28 novembre 2016. “Il mondo – aveva rimarcato Papa Ratzinger durante l’incontro con i membri della Pontificia accademia delle scienze, riuniti per discutere delle teorie scientifiche sull’evoluzione dell’universo e della vita – lungi dall’essere originato dal caos, somiglia a un libro ordinato”.

L'incontro con Benedetto XVI e Papa Francesco

Nato 300 anni dopo la morte di Galileo Galilei

Nato l’8 gennaio 1942 (300 anni dopo la morte di Galileo Galilei, come teneva a sottolineare), il diciasettenne Stephen Hawking all’University College di Oxford si dipinge pigro e annoiato, perché trova lo studio “ridicolmente facile”. Le cose cambiano quando la malattia degenerativa si affaccia nella sua vita. In quel momento, dichiara, “ogni cosa è cambiata: quando hai di fronte l’eventualità di una morte precoce, realizzi tutte le cose che vorresti fare, e che la vita deve essere vissuta a pieno”. Una sedia a rotelle progettata su misura e un computer con sintetizzatore vocale sono gli strumenti che gli permettono di comunicare con il mondo.

Dal Big Bang ai buchi neri

Tra il 1979 e il 2009 occupa a Cambridge la cattedra che era stata di Isaac Newton. A farlo conoscere in tutto il mondo sono i suoi studi sui buchi neri, che perdono radiazioni (dette proprio di Hawking) e particelle, nel loro ciclo che li porta a collassare e scomparire. Le sue ricerche permettono, inoltre, di confermare la teoria del Big Bang, l’esplosione dalla quale sarebbe nato l’universo. Il corpo imprigionato dalla malattia non impedisce alla mente visioni straordinarie, che nel 1988 raccontava nel libro “Dal Big Bang ai buchi neri: breve storia del tempo”. Lavora anche per integrare le due grandi teorie della fisica contemporanea: la teoria della relatività di Einstein e la meccanica quantistica. Le sognava riunite nella “teoria del tutto”, che nel 2014 ispira il film di James Marsh.

“Sarebbe noioso non avere più niente da scoprire”

Una delle teorie più recenti che il fisico e cosmologo britannico formula con il fisico Thomas Hertog, del Cern di Ginevra, prevede che l’universo non abbia avuto un inizio e una storia unici, ma una moltitudine di inizi e di storie diversi. La maggior parte di questi mondi alternativi sarebbe però scomparsa molto precocemente dopo il Big Bang, lasciando spazio all’universo che conosciamo.
 

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Stephen Hawking e i Pontefici
14 marzo 2018, 12:33