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Fotografie dell'Olocausto Fotografie dell'Olocausto 

Giornata della Memoria: il tweet del Papa e il racconto di Bruno Segre

Vergogna per ciò che l’uomo è capace di fare e richiesta di misericordia, nel tweet del Papa oggi. Una riflessione sul significato della memoria, anche nella costruzione del futuro, è quanto lo storico Bruno Segre traccia conservando viva la speranza nei giovani.

Gabriella Ceraso- Città del Vaticano

Oggi 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria col pensiero rivolto al 1945 quando, in questa data, al termine della seconda guerra mondiale, la 60.esima armata dell’esercito sovietico entrò nel campo di sterminio di Auschwitz. I cancelli si aprirono sull’orrore che si era consumato e che solo negli anni si è lentamente scoperto e compreso grazie soprattutto al ricordo di quanti lo hanno vissuto e di una storiografia accurata e seria che lo ha documentato.

Il tweet del Papa 

"Eccoci, Signore, con la vergogna di ciò che l’uomo, creato a tua immagine, è capace di fare. Ricordati di noi nella tua misericordia." E' il tweet che Papa Francesco ha scritto oggi in questa ricorrenza.

Memoria di un sopravvissuto

"Memoria per me è coscienza, ricordo e gratitudine". Così racconta Bruno Segre, classe 1930, studioso e ricercatore per oltre dieci anni al Centro di documentazione ebraica di Milano, scampato ai campi di concentramento grazie all'aiuto di una famiglia di Ascoli, dopo essere stato cacciato dalla scuola a causa delle leggi razziali che definisce un "atto ignobile". Quest'anno ricorrono 80 anni dalla promulgazione di quelle leggi che, "sbandamento di tutto un Paese", cancellarono l'identità civile degli ebrei italiani, che, sottolinea Segre, quantitativamente erano pochi e "non contavano nulla". Una pagina oscura come tutta la Shoah, "immane tragedia" che fece scomparire una parte d'Europa.

La Giornata della Memoria rischia di perdere senso

La Giornata della Memoria, tiene a spiegare Bruno Segre, non è stata istituita solo per gli ebrei - che non hanno bisogno di una data per ricordare la Shoah- ma è stata istituta per gli italiani e per l'Europa, c'è infatti un significato più ampio che abbraccia l'intero Vecchio continente. Con la Shoah, "l’Europa ha compiuto una sorta di amputazione di un pezzo di se stessa, ha sacrificato e ucciso un pezzo della propria cultura, quella degli ebrei insediati nell' Europa centro orientale, che si esprimeva con una lingua, una sua letteratura, una sua economia… c'era tutto un mondo che non c’è più". E' questo che bisogna capire, altrimenti questa Giornata perde il suo senso . La sollecitazione del prof. Segre è quindi "non tanto a trasferire la memoria ai giovani di oggi, ma a incentivare in loro la volontà di studiare la storia, leggerla criticamente e con lucidità, di capire cosa è accaduto nel loro mondo e cosa sta accadendo oggi e poi costruire insieme un futuro meno indecente di quanto è stato vissuto. A questo deve servire la Giornata, non a mettere a posto le coscienze". 

Progettare un avvenire comune e in pace

Con una pedagogia storiografica si può costruire un futuro migliore, è l'idea del prof. Segre. Più che una Giornata dunque, prosegue Segre, "bisognerebbe programmare un certo tipo di educazione alla comprensione della storia, ci vorrebbe una leva di docenti in grado di fare questo tipo di lavoro". Bruno Segre insiste anche molto sull'impegno etico a trasmettere alle giovani generazioni la "speranza". "Io nel mio linguaggio, confessa, ho espulso due termini: ottimismo e pessimismo, due facce di una stessa falsa medaglia. L'uno è l'atteggiamento di chi pensa che ci sia un happy end sempre e l'altro è di chi decide che non c'è speranza. Invece occorre tenerla viva la speranza, è un impegno etico quello di trasmettere operatività progettuale positiva alle nuove generazioni. Questo è il nostro compito". Nessuno spazio anche per la parola vendetta: "non serve  a niente, è solo la premessa per ripetere sine die gli stessi comportamenti sbagliati. E' da questa spirale che dobbiamo cercare di uscire".

Leggi Razziali: 80 anni da un "atto ignobile"

" Le ho vissute sulla mia pelle": Bruno Segre racconta la sua storia di ragazzo vittima delle leggi razziali. Un bambino "reso invisibile", spento nella sua cittadinanza, cancellato nella sua identità di civis italiano. "La minoranza ebraica- dice- era l'uno per mille della popolazione. Non contavamo nulla, come contiamo poco anche oggi. Fu un atto che per altro alimentò anche molta corruzione e soprattutto fu un vulnus che incentivò chiusura e risentimenti, tutte cose negative. Intorno, denuncia Segre, la grande indifferenza di molti, " ma non di tutti: fu proprio grazie ai tanti Giusti delle nazioni che noi abbiamo riguadagnato la speranza e ci siamo potuti reinserire nella società che ci aveva bandito".

Ascolta e scarica l'intervista a Bruno Segre

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27 gennaio 2018, 08:00