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Il patriarca di Baghdad dei Caldei, il cardinale Louis Raphael Sako Il patriarca di Baghdad dei Caldei, il cardinale Louis Raphael Sako

Il patriarca Sako: i cristiani del Medio Oriente non sono cittadini di serie B

Il patriarca di Baghdad dei Caldei parla della minaccia che grava sulle Chiese mediorientali il cui futuro è sempre più a rischio in Paesi dove la maggioranza musulmana le marginalizza. “Abbiamo bisogno di essere ascoltati e rispettati”

Francesca Sabatinelli - Inviata a Nicosia (Cipro)

I cristiani del Medio Oriente devono essere aiutati a restare nelle loro terre e a viverci da cittadini con i diritti e i doveri di tutti. Da Cipro, dal Simposio "Radicati nella speranza", organizzato dalla ROACO in occasione dell’anniversario dalla Ecclesia in Medio Oriente, il patriarca di Baghdad dei Caldei, il cardinale Louis Raphael Sako, presente a Nicosia, si esprime con dolore e preoccupazione che il futuro della regione possa definitivamente essere senza la presenza dei cristiani. Dal Sinodo per il Medio Oriente sono passati quasi 13 anni, era l’ottobre del 2010, dall’Esortazione apostolica post-sinodale ne sono trascorsi poco più di 10, era il settembre del 2012. In questi giorni a Cipro le Chiese mediorientali testimoniano i cambiamenti registrati negli ultimi anni e presentano una realtà diversa, drammatica, fatta di nuovi problemi e gravi sfide, una fra tutte la presenza e il contributo dei cristiani nelle loro terre. A Vatican News - Radio Vaticana risponde il cardinale Sako:

Ascolta l'intervista con il cardinale Sako

Eminenza, come si possono aiutare i cristiani a restare nella loro terra, a sperare e a testimoniare la loro fede?

Non è un caso se noi cristiani siamo in quei luoghi, abbiamo una vocazione, ma abbiamo bisogno di essere aiutati, ascoltati, accompagnati anche dalla Chiesa Madre. Bisogna appoggiare i cristiani affinché non se ne vadano, bisogna aiutarli a non emigrare. Sarà davvero grave se il Medio Oriente si svuoterà dei cristiani e se le radici del cristianesimo non ci saranno più. La presenza delle Chiese orientali è minacciata e non vedono un futuro in Iraq, in Siria, in Libano, in Palestina, a causa delle sfide politiche, economiche, culturali e non solo. In Occidente mancano i valori religiosi e umani, c'è la secolarizzazione, e la vita si svuota di qualunque sacralità. In Oriente, invece, c’è il fondamentalismo, che si trasforma in terrore e terrorismo, e noi siamo minacciati, siamo marginalizzati. Le nostre case, le nostre proprietà, i nostri villaggi, vengono occupati, e poi c’è la questione demografica.

Cosa è accaduto in questi anni che sono trascorsi dal Sinodo e dall’Esortazione? 

Nel 2009 andai io dal Papa a chiedere di fare un Sinodo per il Medio Oriente, per noi, piccole Chiese con il futuro a rischio, per dare loro speranza. Ma oggi tutto è cambiato, l’Esortazione è molto bella, ma noi viviamo in un altro mondo. La visita del Papa in Iraq, i suoi discorsi, la sua vicinanza e la sua amicizia con i musulmani hanno generato il documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi e l'incontro con Al Sistani (guida suprema sciita - Najaf, marzo 2021 ndr) quando l’ayatollah disse che siamo fratelli. Ecco, occorre sfruttare tutto questo per vivere da fratelli e da cittadini, e anche per cambiare la mentalità di chi ritiene che i musulmani siano superiori agli altri, ai cristiani, che poi vengono trattati come cittadini di serie B. Ma questo non può essere! I cristiani erano in Iraq da prima dei musulmani, ma siamo una minoranza, dunque abbiamo bisogno degli altri.

Questo significa che quindi sia il Documento sulla Fratellanza di Abu Dhabi, così come la Fratelli tutti non stanno portando i frutti sperati nel dialogo?

C’è dialogo con le autorità musulmane, ma bisogna implementarlo. Inoltre, a dare speranza ai cristiani del Medio Oriente sono le visite delle delegazioni di vescovi e cardinali dall’Occidente. Perché sebbene in Oriente il sistema sia tribale, noi siamo e restiamo una Chiesa che ha bisogno di vicinanza e di amicizia, con azioni, non solo a parole. 

E quali potrebbero essere queste azioni concrete che potrebbero veramente aiutare le Chiese orientali e i loro fedeli a restare e ad avere anche un ruolo pubblico?

Tutti parlano dei diritti dell'uomo, ma noi non siamo trattati alla stessa maniera dei musulmani, con gli stessi diritti e doveri. Invece di creare Stati democratici e civili hanno alzato le barriere. Serve separare la religione dallo Stato. Tutto questo chiede un sostegno diplomatico e politico, anche esterno, nei confronti dei cristiani, verso i quali ora c’è una persecuzione, seppur discreta, non pubblica, che si traduce con l’impossibilità per un cristiano di essere ministro, oppure lo vede costretto a subire l’occupazione della propria casa, o minacce per non essere rapito. La persecuzione non è soltanto uccidere qualcuno. Prendiamo il Libano, i cristiani erano la maggioranza, sono loro l'origine del Libano. Quanti cristiani ora rimangono lì? Tutti pensano a lasciare questo Medioriente che però è loro terra, la loro identità. La storia ci dice che i cristiani hanno dato tanto ai loro Paesi, ma ora il mondo è cambiato, e noi paghiamo una politica occidentale sbagliata. La Chiesa deve avere la voce profetica di Gesù. Siamo meno di mezzo milione, domani saremo forse 300mila anche meno. Le famiglie sono divise fra l’Iraq e l’Occidente, e si aiutano le persone ad andare via, non a restare. Noi oggi siamo persi, siamo delusi e non abbiamo forza.

 

 

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22 aprile 2023, 09:03