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Leonardo da Vinci, Annunciazione, olio su tavola, 1472, Galleria degli Uffizi Firenze Leonardo da Vinci, Annunciazione, olio su tavola, 1472, Galleria degli Uffizi Firenze 

L’arcangelo Gabriele, messaggero del Signore

Nel giorno in cui si la Chiesa fa memoria di Michele, Raffaele e Gabriele, angeli della più alta gerarchia celeste, soffermiamoci su quest’ultimo il cui nome significa “forza di Dio”. Gabriele viene ricordato alcune volte nelle Scritture ma è nei Vangeli che viene legato indissolubilmente alla Vergine nel mistero dell’Assunzione

Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano

Ai vertici della schiera angelica vi sono tre arcangeli, investiti di qualità e funzioni specifiche. Michele è l’angelo guerriero, terrifico con le forze maligne e misericordioso difensore degli uomini. Raffaele è forse il più “umano”, colui che guarisce, che prende per mano il giovane Tobiolo. Gabriele, infine, si fa tramite della voce di Dio e porta i suoi messaggi sulla terra.

Francesco Botticini, I tre arcangeli, pala di altare, 471 circa, Galleria degli Uffizi , Firenze
Francesco Botticini, I tre arcangeli, pala di altare, 471 circa, Galleria degli Uffizi , Firenze

Ed è su quest'ultimo, oggi, che vogliamo puntare l'attenzione. L'angelo annunziante appare più volte nella Bibbia. Senza nome si manifesta ad Abramo (Gen 18, 1-15), a Manoach e a sua moglie (Gdc 13,3-22), ma si chiama Gabriele quando appare a Daniele, al quale svela il tempo della venuta del Messia (Dn 9); di nuovo al sacerdote del Tempio Zaccaria per annunciargli che diventerà padre di Giovanni Battista, precursore del Messia (Lc 1, 9.20). Infine annuncia la maternità del Cristo alla giovane fanciulla della stirpe di Davide, Maria. 

Gabriele con gli altri angeli è presente  già nella religione ebraica e in quella islamica, l'arcangelo annuncia infatti a Maometto la sua missione nel mondo (Sura II, 97-98).

Nell'arte, diversamente da Raffaele e ancor meno da Michele, Gabriele è difficilmente effigiato come figura a sé stante. Oltre alla diffusissima Annunciazione appare talvolta con i due arcangeli in una visione epifanica. 

Marco d'Oggiono, I tre arcangeli, olio su tavola, 1516, Pinacoteca di Brera, Milano
Marco d'Oggiono, I tre arcangeli, olio su tavola, 1516, Pinacoteca di Brera, Milano

L'Annunciazione

Il Vangelo di Luca (1, 26-38), nel racconto dell’Annunciazione, fissa per sempre quel momento incredibile attraverso un dialogo che ha un tono naturale, di cui ci sembra di sentire le voci, eppure così poetico, tra Maria e Gabriele. In seguito, molti padri della Chiesa, santi e teologi hanno cercato di ripercorrere quel momento con parafrasi e approfondimenti, ma il nucleo rimane immutabile nella sua semplicità.

L’angelo vola dal cielo come un turbine e atterra nella casa della Vergine; le si inchina davanti, lui sovrannaturale e puro spirito, di fronte a una donna mortale. Un gesto che è già significato e presagio.

Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico, Annunciazione, tempera su tavola, 1430 ca, Museo diocesano, Cortona
Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico, Annunciazione, tempera su tavola, 1430 ca, Museo diocesano, Cortona

Un'immagine composta di bellezza 

L’immagine dell’Annunciazione è una delle più belle e ricorrenti nell’arte: la Vergine di fronte all’angelo è un binomio imprescindibile dell’iconografia sacra. Non esiste chiesa, piccola o grande, che non veneri questa immagine incantevole. Lo stesso per le strade, se alziamo lo sguardo, scorgeremo migliaia di edicole sacre con le due sagome inconfondibili. 

Tutti gli artisti di arte sacra si sono misurati con questa iconografia, soprattutto  tra XIV e XV secolo, alcuni anzi ripetendola più volte, primo fra tutti il Beato Angelico che ci ha lasciato immagini ineffabili, tanto che lo stesso Michelangelo disse, guardando una delle Annunciazioni nel Convento di San Marco di Firenze, che era tanto bella da presumere che il beato pittore l'avesse già vista in paradiso.

Giovanni da Fiesole detto Beato Angelico, Annunciazione della cella 3 del convento di San Marco, affresco, 1438-1440, Convento di San Marco, Firenze
Giovanni da Fiesole detto Beato Angelico, Annunciazione della cella 3 del convento di San Marco, affresco, 1438-1440, Convento di San Marco, Firenze

Un’iconografia immutabile, quindi, dove attraverso il tempo possono variare la torsione dei corpi, i gesti più o meno accentuati di stupore e sgomento della Vergine o quello interlocutorio di Gabriele, cambia sostanzialmente poco, ma non cambia la bellezza delle due figure.

Gabriele ha sempre grandi ali, spesso ricche di colori, variopinte come nessun uccello sulla terra. Lunghi capelli biondi, abiti sontuosi, un ramo di giglio in mano, è in piedi o spesso inginocchiato. La Vergine è sorpresa nel segreto della sua dimora e sembra essere sua coetanea, giovanissima, tra le mani il libro che sta leggendo mentre è in preghiera. Lo sguardo è sempre basso, pudico, dolcissimo nel momento del suo sì, o ad occhi aperti e un po' sbarrati a sottolineare la sorpresa di quella visita soprannaturale. 

Bottega di Gentile da Fabriano, Gentile di Niccolò detto, Annunciazione, tempera e oro su tavola, 1425 ca, Pinacoteca vaticana ©Musei Vaticani
Bottega di Gentile da Fabriano, Gentile di Niccolò detto, Annunciazione, tempera e oro su tavola, 1425 ca, Pinacoteca vaticana ©Musei Vaticani

L’ambientazione domestica riserva enfasi particolare allo spazio, reso profondo dalla prospettiva. Di solito si tratta di un loggiato circondato da un giardino, l'hortus conclusus simbolo di purezza, in un paesaggio quieto, mentre in alto si affaccia Dio Padre che manda la colomba dello Spirito Santo. 

Nell'Annunciazione di Cortona e in quella del museo del Prado, il Beato Angelico dipinge sullo sfondo la cacciata di Adamo ed Eva innescando tutta una serie di simboli, rimandi e significati teologici. Maria è la nuova Eva e attraverso il concepimento del Figlio sarà attuato il disegno di salvezza del Salvatore che il peccato nel Giardino dell'Eden aveva causato. Nella cacciata un angelo sguaina la spada, nell'Annunciazione Gabriele dice "Non temere".

Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico, Annunciazione, tempera su tavola, 1435, Museo del Prado, Madrid
Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico, Annunciazione, tempera su tavola, 1435, Museo del Prado, Madrid

La rivoluzione umana di luci e ombre del Caravaggio 

Nel tempo la fissità composta delle due figure, una di fronte all’altra, si dissolve in esperimenti spaziali. L’angelo fluttua sospeso nell’aria più in alto mentre in basso rimane Maria come nell’opera del Caravaggio, dove Gabriele è di spalle ed entrambe le due figure sono immerse nel buio, illuminate solo parzialmente da spot di luce. L’arcangelo protende il braccio magro e bianco, ossuto, mentre il buio lotta con la luce e sembra voler inghiottire le figure. 

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Annunciazione, 1607-1610 ca, olio su tavola, Nancy, ©Musée des Beaux-Arts, photo. C. Philippot
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Annunciazione, 1607-1610 ca, olio su tavola, Nancy, ©Musée des Beaux-Arts, photo. C. Philippot

Specialmente con l'arte manierista, l’arcangelo non ha più caratteristiche efebiche, sovrannaturali: perde le ali, ha tratti più marcati e terrestri, come nell’opera di Matthias Stomer (1600 - 1650) nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

La scenografia matematica degli archi e delle volte e i paesaggi in lontananza spariscono; lo spazio si riempie di angeli e figure che forse vorrebbero aggiungere e invece sottraggono sacralità al silenzio dello schema antico più essenziale. 

Federico Fiori, detto il Barocci, Annunciazione, olio su tavola trasportata su tela,  1582-1584, Pinacoteca Vaticana, ©Musei Vaticani
Federico Fiori, detto il Barocci, Annunciazione, olio su tavola trasportata su tela, 1582-1584, Pinacoteca Vaticana, ©Musei Vaticani

Il giglio, attributo dell’arcangelo 

Il legame tra Gabriele e Maria si sviluppa nel tempo attraverso leggende, come quella che vede nell'arcangelo il primo a formare il Rosario con tre corone intrecciate di centocinquanta rose celesti: la prima di rose bianco argentee per il gaudio, dov’erano contemplati gli avvenimenti dell'infanzia di Gesù; la seconda di rose rosse per i dolori e la Passione; la terza di rose dorate per la glorificazione di Gesù Cristo e sua Madre.

La rosa, secondo Plinio, è il fiore che più  si avvicina al giglio, fiore che Gabriele porge a Maria. Nella Naturalis historia, Plinio scrive che per fama il giglio è vicino alla rosa, anche a causa di una certa somiglianza del suo profumo e dell'olio, che è detto olio di lilino. "Si addice soprattutto messo anche fra le rose - continua - dando inizio alla fioritura durante la produzione di quelle" ( XXI 22).

Fiore candido e profumatissimo, concentra in sé molteplici simboli: nell’Antico Testamento è metafora di fertilità e bellezza. Nel Cantico dei Cantici si ripete più volte per celebrare la bellezza della sposa, simbolo di Israele. È menzionato in Siracide (39, 14) nell'Inno a Dio creatore e più avanti associato alla rosa quale fiore più nobile (50, 8). Nella parabola dei gigli del campo, Cristo ne parla come emblema dell' abbandono alla Provvidenza (Mt  6, 24-34).

Così, nell’arte, il giglio è assunto dall’angelo che, nell'offrirlo a Maria, riassume i significati di immacolata concezione, verginità, purezza, fecondità, abbandono alla volontà del Signore. Infine, ricordando le parole del Cantico dei Cantici, l’elezione della sposa da parte dello sposo e il suo fiorire spirituale. Infatti, questo fiore simboleggia Cristo stesso, come lo sposo il “giglio delle valli” (2, 1).

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29 settembre 2022, 09:00