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I relatori della conferenza "La carità salverà il mondo" moderata da Massimiliano Menichetti, responsabile di Radio Vaticana\Vatican News I relatori della conferenza "La carità salverà il mondo" moderata da Massimiliano Menichetti, responsabile di Radio Vaticana\Vatican News

Don Orione, salvare il mondo con la carità e l'amore

Continuano le celebrazioni per i 150 anni della nascita del santo. A Sanremo una conferenza ricorda la sua figura straordinaria di impegno verso il prossimo e la sua fede

Michele Raviart - Sanremo

“Un cuore senza confini perché dilatato dalla carità di Gesù Crocifisso”. Così san Luigi Orione definiva il suo carisma rispondendo ad una lettera inviata da una madre che chiedeva informazioni sulle regole della neonata Piccola Opera della Divina Provvidenza per un figlio che voleva seguirlo nel sacerdozio. “Solo la carità salverà il mondo”, ripeteva infatti don Orione, nella sua frase forse più celebre e che ha dato anche il titolo alla conferenza che si è svolta ieri nel teatro del casinò di Sanremo, città dove il santo morì nel 1940, per commemorare i 150 anni dalla sua nascita.

La logica serrata dell'amore

L’episodio della lettera è stato ricordato da don Flavio Peloso, successore di don Orione alla guida della congregazione da lui fondata, presente in circa 30 Paesi del mondo, e postulatore del sacerdote nato a Pontecurone, nell’alessandrino, il 23 giugno del 1872. Don Orione fu il primo beato e l’ultimo santo proclamato, nel 2004, da Giovanni Paolo II che di lui ricordava “la logica serrata dell’amore” e lo definiva “stratega della carità”. Una carità, ha ricordato Peloso, sempre legata alla fede, volta “a far aprire gli occhi”, a dispetto di ogni seduzione ideologica, specialmente il socialismo, che allontanava la Chiesa dalle masse, come ad esempio in Brasile.

Don Peloso: don Orione spese la vita per Dio e per gli uomini

Una vita tra gli invisibili

Le persone di cui si occupava don Orione, spiega invece Davide Gandini, insegnante, formatore e membro del comitato etico dell'Opera don Orione in Italia, erano quelle le cui vite erano considerate indegne di essere vissute, gli invisibili. Gli scarti con cui bisogna consumare tempo insieme per formarsi – ricordava l’allora cardinale Bergoglio scrivendo al Piccolo Cottolengo di Buenos Aires – e raggiungere la frontiera esistenziale più concreta. “Desemparados”, persone private di ogni cura, che don Orione cominciò ad accogliere nel 1933, lo stesso anno in cui Hitler in Germania avviava il suo programma di sterilizzazione dei disabili per sbarazzarsi del “sangue infetto della nazione ariana” fino ad arrivare allo sterminio nei lager.

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Curare la persona, non solo la malattia

Don Orione era convinto che il mondo si potesse salvare con l’amore, che un estraneo è un fratello che non si conosce ancora, che la dignità non dipende da facoltà cognitive o posizioni sociali e che la cura della persona è importante quanto la cura della malattia. “Non si può ridurre la salvezza a benessere psicofisico”, così come la “bellezza all’estetica” e “la carità a servizio sociale”, ha ricordato invece il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo emerito di Genova.

Cardinale Bagnasco: la carità è l'amore di Dio per gli uomini

Bagnasco: ogni atto di carità è un riflesso di Dio

“Carità, bellezza e salvezza sono intimamente collegate”, ha ricordato il porporato, perché “la carità evangelica corrisponde alla bellezza dell’amore” ed essere salvati non vuol dire ripararsi dalle sciagure umane, ma perdere il senso dell’esistenza, e “non c’è povertà più grande”. Come ricordava san Paolo, ha sottolineato il presidente emerito della Cei e delle Conferenze episcopali europee, c’è differenza tra opere di bene e carità, che non è “nobile filantropia” perché altrimenti la fede diverrebbe irrilevante. La novità e essere fedeli a Gesù, che ha “ricominciato la creazione a partire da se stesso”. Ogni atto di carità, conclude, è un riflesso di Dio, che dopo aver creato l’uomo e la donna, “vide che era cosa molto buona”.

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22 giugno 2022, 13:34