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Sako: da Budapest un appello per l'unità della Chiesa e per la pace in Medio Oriente

Dal Congresso Eucaristico internazionale, il ringraziamento del patriarca caldeo all'Ungheria per gli aiuti alle popolazioni di Iraq, Siria e Libano ed Egitto: "Bisogna incoraggiare i cristiani a non partire, ma a restare e sperare"

Francesca Sabatinelli e Agnes Gedo - Città del Vaticano

Il dramma dei cristiani in Medio Oriente; l’emorragia dell’emigrazione da Iraq, Siria, Libano e l’Occidente distratto che non si rende conto delle difficoltà di vita dei cristiani, vittime innocenti di un radicalismo e un estremismo, che, in Medio Oriente, crescono sempre più, anche con l’obiettivo di mettere fine alla presenza cristiana in quell’area. È il drammatico allarme lanciato dal cardinale Louis Raphael Sako, patriarca di Baghdad dei Caldei, intervenuto al Congresso Eucaristico internazionale, in corso a Budapest fino a domenica, quando sarà chiuso da Papa Francesco. La fuoriuscita di cristiani dal Medio Oriente è sempre stata denunciata dal porporato che, in varie occasioni, ha ricordato come oggi i cristiani, oltre ad essere una minoranza, siano considerati anche cittadini di seconda classe. Sako, attraverso Vatican News, ha anche ringraziato l’Ungheria per il sostegno dato agli sfollati di quei Paesi.

Eminenza, quale è il significato di questo Congresso al quale lei partecipa? Che impressione ha di questo evento?

Sono molto toccato da questo incontro, perché vuol dire che l’Eucaristia unisce tutti: cattolici, cristiani, ma anche coloro che non sono cristiani e che vivono questa celebrazione che a loro manca, si chiedono “perché noi no?”.  Io, in quanto cristiano, penso che l’Eucaristia sia il centro della nostra vita, è il cammino del cristiano, così come Gesù si è dato agli altri, un cristiano deve pensare sempre al prossimo. Anche nella Bibbia si chiede che cosa si è fatto per il proprio fratello. Noi siamo solidali e non bisogna vivere nell’egoismo o isolati, la comunione è sempre importante, nella Chiesa, ma anche in famiglia. Io ho parlato un po’ della nostra esperienza, della famiglia cristiana orientale irachena, dove i rapporti sono molto molto stretti, non possiamo vivere senza la famiglia, non c’è l’individualismo, qui, al contrario, è concentrato tutto sull’individualismo, sul consumismo. Noi lavoriamo e mettiamo tutto in comune, lo condividiamo con tanta gioia, perché siamo una famiglia, anche nella Chiesa. Credo, pertanto, che si debba lanciare un messaggio per l’unità della Chiesa partendo da questo Congresso, ma anche un appello per la pace internazionale, perché ci sono tanti conflitti tante guerre e soprattutto nel Medio Oriente, dove i cristiani sono una minoranza minacciata e l’avvenire non è sicuro, e questo è triste.

Lei ha avuto modo di sperimentare anche la solidarietà dell’Ungheria…

Sì, ho ringraziato questo Paese che ha tanto aiutato questi cristiani fratelli che sono bisognosi non solo in Iraq, ma anche in Siria, in Libano, e in Egitto. Bisogna esprimere loro la vicinanza, l’amicizia, ma anche un aiuto materiale. Invece di incoraggiare la gente a partire, è meglio aiutarla a rimanere sul posto e sperare.

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10 settembre 2021, 18:06