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Yangon, la popolazione è allo stremo tra Covid,conflitto e collasso dell'economia Yangon, la popolazione è allo stremo tra Covid,conflitto e collasso dell'economia 

Myanmar, cardinale Bo: nutrire il popolo di pace e guarigione

Nuovo appello e profonda preghiera al Signore perché dia consolazione al popolo birmano. Se ne fa portavoce l'arcivescovo di Yangon nell'omelia domenicale con cui ha parlato alla gente fiaccata da emergenze a diversi livelli: Covid, mancanza di ossigeno e di medicinali, conflitti, violenze e uccisioni, collasso dell’economia e disoccupazione

Isabella PIro - Città del Vaticano 

Resta difficile la situazione pandemica in Myanmar, dove il Covid-19 ha provocato, finora, 270mila casi in totale ed oltre 7mila decessi. Tra le vittime più recenti, si conta anche Monsignor John Hsane Hgyi, vescovo di Pathein, morto il 22 luglio all’età di 68 anni. “Se ne è andato troppo presto – ha detto ieri il Cardinale Charles Bo, Arcivescovo di Yangon, nell’omelia della Messa domenicale – Era un pastore amabile e compassionevole, un vescovo gentile, uno studioso erudito, una persona dedita ai deboli ed ai vulnerabili che guidava, con gioia e competenza, i suoi fedeli. La sua scomparsa è una perdita irreparabile per tutta la Chiesa cattolica del Myanmar”.

Un'apocalisse cui rispondere solo con la pace

Il pensiero del porporato è andato, poi, a tutti i malati di coronavirus e, in generale, alla drammatica crisi che sta vivendo il Paese, anche in conseguenza al colpo di Stato che, il 1.mo febbraio, ha rovesciato il governo guidato da Aung San Suu Kyi, lasciando sul campo innumerevoli morti, feriti e violenze. “Questi sono tempi apocalittici – ha detto il Cardinale Bo – a causa della pandemia e del persistente virus del conflitto e della povertà tra il nostro popolo”. Di qui, l’accorato appello del porporato: “La pace è l’unico vaccino contro quella che si sta trasformando in un’apocalisse di morte e malattia”.

Il Signore non dimentica il Myanmar

La sofferenza della popolazione birmana, infatti, è “a più livelli”, ha affermato l’arcivescovo di Yangon: Covid, mancanza di ossigeno e di medicinali, conflitti, violenze e uccisioni, collasso dell’economia, carestia e disoccupazione. La fame del popolo, quindi, non è solo quella “del pane quotidiano”, ma è anche desiderio di pace e riconciliazione. “Per quanto tempo – si è chiesto il porporato – possiamo vivere con la pandemia dell’ingiustizia, della privazione e della desolazione?”. Ma il Signore “non si è dimenticato del Myanmar”, “terra d’oro” alla quale ha dato “cinque pani, ovvero cinque risorse: una terra meravigliosa, dei fiumi maestosi, un cielo che manda piogge copiose, tesori inestimabili e un popolo pieno di grazia”, ha sottolineato il Cardinale Bo.

Tuttavia, in questa “terra promessa – ha ribadito – non scorrono latte e miele, bensì lacrime e sangue. E invece di essere uno dei Paesi più ricchi del mondo, il Myanmar è alla fame, tanto che, secondo il Programma alimentare mondiale, circa 3,4 milioni di persone sono a rischio di carestia cronica”. Di fronte a tutto questo, dunque, l’arcivescovo ha esortato i fedeli a pregare il Signore affinché doni alla nazione “i cinque pani della consolazione, guarigione, pace, giustizia e prosperità”, perché “Dio non rimane mai in silenzio. Egli ascolta sempre il grido di un popolo ed agisce”. Soprattutto, ha sottolineato il porporato, “Dio aiuta coloro che aiutano gli altri”: di qui, l’invito a tutti alla condivisione, perché “quando condividiamo la compassione, comunque abbiamo qualcosa”.

Usciamo dalle paure e andiamo incontro al prossimo

Non si tratta di condividere “oro e argento – ha spiegato ancora il presule – bensì quello che si ha”; l’importante è guardare la realtà secondo “i cinque sensi” che Dio ci ha donato, ovvero la vista che ci permette di “vedere la sofferenza del prossimo con compassione”; l’udito che ci consente di ascoltare le grida di aiuto dei malati; il gusto che ci fa sperimentare il dolore del prossimo, così da condividerlo e alleviarlo; l’olfatto che permette ai vescovi di essere “pastori con l’odore delle pecore”, come dice Papa Francesco, ovvero calati nella realtà concreta dei loro fedeli; e infine il tatto, ossia l’andare materialmente incontro alle persone in difficoltà per aiutarle a guarire.

“In tempi di pandemia – ha concluso quindi il porporato – usciamo dalle nostre paure e insicurezze per tendere la mano al prossimo. Attraverso le nostre preghiere e la nostra cura reciproca, moltiplichiamo la compassione e condividiamola con gli altri”.

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27 luglio 2021, 08:00