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Santuario della Madonna del Rosario, Pompei Santuario della Madonna del Rosario, Pompei 

Da Pompei la preghiera alla Vergine per la fine della pandemia

Oggi a mezzogiorno la tradizionale Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei alla quale il Papa, mercoledì scorso, durante l’udienza generale, ha invitato ad unirsi. Monsignor Caputo: preghiera corale di tutta l’umanità

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Dopo le celebrazioni a porte chiuse, lo scorso anno, a causa della pandemia, oggi a Pompei i fedeli tornano a partecipare, al Santuario della Madonna del Rosario, alla Supplica a Maria, solennemente recitata l’8 maggio e la prima domenica di ottobre. Sul sagrato, nel rispetto delle norme anti-Covid e secondo i protocolli stabiliti dalla Conferenza episcopale, insieme all’arcivescovo prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, a pregare la Vergine il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Ad esortare alla tradizionale preghiera, mercoledì scorso, anche il Papa che, durante l’udienza generale, ha invitato ad unirsi “spiritualmente alla Supplica alla Madonna del Rosario” del Santuario di Pompei. Francesco ha inoltre ricordato che “la tradizione popolare dedica il mese di maggio alla Madonna” e ha esortato alla recita del Rosario “guidati dai santuari sparsi nel mondo”, nella maratona di preghiera da lui stesso voluta per 30 giorni, in diretta, ogni giorno, alle 18 su Vatican News, e promossa dal Dicastero per Promozione della Nuova Evangelizzazione “per invocare la fine della pandemia e la ripresa delle attività sociali e lavorative”. Il Santuario di Pompei è stato scelto per guidare il Rosario del 30 maggio.

Una preghiera forte a Maria

L’appello del Papa è un invito, in questo particolare momento segnato dalla pandemia e dalla lenta ripresa delle attività sociali e lavorative, a una preghiera più forte, “necessaria, ancor di più in questa difficile situazione che tutto il mondo sta sperimentando”, sostiene monsignor Caputo, spiegando il senso profondo della Supplica composta dal fondatore del Santuario di Pompei:

Ascolta l'intervista a monsignor Tommaso Caputo

R. - La Supplica è una preghiera corale. Nelle parole scritte dal beato Bartolo Longo, quasi 140 anni fa, sono comprese le richieste, le ansie, le preoccupazioni e i desideri di tutta l’umanità. Il profondo amore che il giovane avvocato aveva per la Madonna faceva sì che egli le parlasse come un figlio alla madre. In questo modo ha dato voce a tutto quello che ognuno di noi ha nel cuore e vorrebbe dire alla “più tenera tra le madri”, Colei che sa ascoltare, accogliere e che ci dona tutto il suo amore. La Madonna sa “quante calamità ed afflizioni ci costringono” - sono parole di Bartolo Longo -, conosce “gli affanni e i travagli che amareggiano la nostra vita”. Come Madre di noi peccatori è anche la nostra Avvocata, la nostra speranza ed avrà certamente pietà di noi, nonostante noi siamo “figli ingrati e immeritevoli”, perché il suo cuore di Madre “non permetterà di vedere noi, suoi figli, perduti”.

Anche il Santuario di Pompei è fra i luoghi mariani scelti per la recita del Rosario in collegamento con tutto il mondo. Come vi state preparando all'appuntamento del 30 maggio?

R. - Il 30 maggio, in Santuario, assieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ci saranno i responsabili delle nostre opere sociali, con le persone accolte, che sono bambini, donne e mamme in difficoltà, anziani, persone diversamente abili, poveri. Perché la fede non può essere mai disgiunta dalla carità. Il Santo Rosario è il fondamento stesso del nostro Santuario, sorto, alla fine dell’Ottocento, per iniziativa di un laico - Bartolo Longo - riconvertitosi alla fede dopo essersene allontanato. Mentre ancora cercava di capire come fare per espiare il male commesso, trovandosi a Pompei per motivi di lavoro, sentì una voce interiore che gli diceva: “Se vuoi salvezza, propaga il Rosario”. Era la famosa promessa della Vergine a San Domenico! Iniziò, così la sua missione. Oggi continuiamo a portare avanti questa missione e il Rosario è al centro della nostra azione pastorale e del nostro impegno di carità. Il Santo Rosario è una preghiera quanto mai efficace. Nella Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, promulgata da San Giovanni Paolo II, nel 2002, leggiamo che la Chiesa ha riconosciuto in questa preghiera “sempre una particolare efficacia” e ha affidato alla preghiera del Rosario le cause più difficili. Questo documento di San Giovanni Paolo II ha dato nuovo slancio alla preghiera mariana, che è stata riscoperta come un vero e proprio itinerario di spiritualità e di santità e una mirabile sintesi del Vangelo. A Pompei preghiamo il Rosario con l’aggiunta della clausola che, al termine della prima parte dell’Ave Maria, come aveva indicato San Giovanni Paolo II, evidenzia il mistero che si sta contemplando, e si percorre, in questo modo, un vero e proprio itinerario cristologico.

Nelle sue preghiere, lei, cosa chiederà, in particolare, a Maria?

R. - Ogni giorno, potrei dire ogni ora, nel nostro Santuario riceviamo numerose richieste di preghiere, per telefono, per posta, sui nostri profili social. Sono tantissime le sofferenze dell’umanità: malattie, disunità, lutti, difficoltà economiche, incomprensioni. Personalmente prego sempre per tutti quelli che si raccomandano alle nostre preghiere. In particolare, poi, si prega per la Chiesa, per il Papa, per la sua salute, per il suo ministero, per le vocazioni. Non dimentico mai di pregare per i moribondi e per gli ammalati, soprattutto in questo periodo di pandemia. Ma al centro delle mie preghiere ci sono soprattutto i bambini e i giovani, che oggi appaiono così disorientati dall’emergenza sanitaria e sociale. Li affido a Maria, affinché li preservi dal male e li guidi verso il bene.

L’esempio del fondatore del Santuario di Pompei per ricominciare oggi

A precedere la Supplica a Maria, stamattina a Pompei, la Messa celebrata dal cardinale Marcello Semeraro, che nella sua omelia ha espresso gli interrogativi oggi più attuali. “Come e da dove riprendere, dopo questa dolorosissima fase della pandemia? Io penso che dovremo ricominciare dalla stessa carità da cui partì il beato Bartolo Longo” ha detto il porporato che ha definito la carità “la via nuova da cui ripartire. Quella carità che verso il prossimo “traduce la fede (…) diventa soccorso, aiuto, opera di misericordia” e che “testimoniata da noi di fronte al mondo, è in grado di introdurre alla fede”.

Vivere con fede la chiamata di Dio

Il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ha iniziato la sua riflessione commentando l’Annunciazione e soffermandosi sulla reazione di Maria, sui timori della Vergine fugati dalle rassicurazioni dell’Angelo: “Hai trovato grazia presso Dio” e “Non temere”. Il porporato ha definito le parole dell’Angelo “una chiamata a non lasciarsi bloccare, ma piuttosto affascinare dal nuovo che Dio le sta aprendo” e ha richiamato le parole di Papa Francesco nell’omelia della Domenica delle Palme di quest’anno, assicurando ai fedeli che di fronte al dramma della pandemia, alle “tante certezze che si sgretolano”, alle “tante aspettative tradite” c’è la consolazione di Dio. Il porporato ha aggiunto che dinanzi alla chiamata di Dio c’è da vivere la fede. “Il come (…) è sempre lasciato a noi - ha spiegato il cardinale Semeraro - alla nostra libertà e perfino alla nostra creatività. Vivere di fede non vuol dire avere la ricetta per tutti i problemi, ma cercare ogni volta una risposta personale, considerando gli stili di Dio e cogliendo le interpellanze della storia”. Calzante l’esempio di Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei, di cui il porporato ha riepilogato il percorso di vita che lo ha condotto ad avviare svariate opere caritative.

La palestra di carità di Bartolo Longo

“Quand’egli cercava ormai la sua strada tra le vie del Signore, gli fu aperta la strada della Carità attraverso l’incontro col padre Ludovico da Casoria - ha proseguito il cardinale Semeraro a proposito di Bartolo Longo -. Si indirizzò, dunque, alla via che conduceva allo storico Ospedale degli Incurabili, sorto a Napoli alla metà del Cinquecento ad opera della venerabile Maria Lorenza Longo, della quale il 27 ottobre scorso Papa Francesco ha approvato il decreto che apre la via alla beatificazione”. Il nosocomio fu per Bartolo Longo una “palestra di carità”, ha evidenziato il porporato, lì si adoperò per fare del bene al prossimo, ma “proprio lì trovò per sé stesso altri maestri di carità” e da lì avviò i suoi progetti. “È nei misteri di Dio che i santi s’incontrino per aprire sempre inedite vie di carità - ha detto poi il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi -. Tra i santi che Bartolo Longo incontrò, c’è anche con don Giustino Russolillo, di cui il Papa appena lunedì scorso ha annunciato la canonizzazione. Queste vie di carità - ha concluso il cardinale Semeraro - il nostro beato le percorse fino a divenire egli stesso santo di carità”.

(ultimo aggiornamento 8 maggio, 12.47)

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08 maggio 2021, 09:00