Monsignor Giorgio Marengo con i fedeli della sua diocesi Monsignor Giorgio Marengo con i fedeli della sua diocesi

Mongolia, la Pasqua del piccolo gregge

Nel Paese asiatico, dove vivono appena 1.300 cattolici suddivisi in otto parrocchie, chiusi i luoghi di culto e vietate le riunioni religiose a causa della pandemia. Il vicario apostolico di Ulan Bator, capitale della nazione: “C’è tristezza ma anche tanta speranza. Il popolo è compatto e pronto ad affrontare le difficoltà. Per essergli vicino utilizzati social e nuovi programmi di catechesi”. In Mongolia l’evangelizzazione della Chiesa è iniziata solo 29 anni fa ma i suoi frutti sono sorprendenti.

Federico Piana- Città del Vaticano

Nonostante la pandemia abbia imposto la completa chiusura dei luoghi di culto e la sospensione totale delle riunioni religiose, in Mongolia si vive lo stesso una Pasqua carica di amore e speranza. Lo si percepisce nettamente dal tono della voce di monsignor Giorgio Marengo, vicario apostolico di Ulan Bator, capitale del Paese dell’Asia centrale, quando, in modo sereno, spiega che tra i fedeli “c’è un po’ di tristezza ma, nello stesso tempo, capiscono bene l’emergenza che si sta vivendo e sanno essere un popolo compatto in grado di affrontare le difficoltà con spirito di coesione”.

Ascolta l'intervista a monsignor Giorgio Marengo

Preparazione social

Il periodo pasquale è stato preparato al meglio utilizzando i social, unico modo per non disperdere la comunità e farla rimanere in costante contatto. “Ogni giorno, abbiamo pensato di trasmettere in diretta anche la celebrazione eucaristica: è bello vedere come la gente preghi con il cuore, facendo la comunione spirituale. E poi, quando è possibile, andiamo a trovare le famiglie nelle loro case e alcune volte celebriamo lì l’Eucaristia. Diventa una messa domestica”.

Piccola porzione di Chiesa

In Mongolia, i cattolici sono solo 1.300 distribuiti su appena 8 parrocchie in tutto il territorio nazionale, 5 nella capitale e 3 fuori. “Bisogna poi aggiungere un dato da non trascurare per le difficoltà dell’evangelizzazione– spiega monsignor Marengo-. Questa nazione è grande cinque volte l’Italia ma conta poco più di 3 milioni di abitanti”. Dunque, non è facile per i sacerdoti, i missionari e le missionarie del vicariato apostolico accudire questo piccolo gregge: ”Con creatività, sono stati messi in campo dei sistemi nuovi per stare vicino ad ogni fedele. Abbiamo dato vita ad alcune catechesi che si adattano meglio alle situazioni di emergenza come quella attuale: sono organizzate in gruppi di cinque persone, il numero massimo ammesso anche in tempo di restrizioni, e si fondano su testi scritti e video che vengono inviati ai singoli catechisti. Insomma, un mix tra piattaforme digitali e incontri”.

Agli inizi, come gli Apostoli

Sono solo 29 anni che la Chiesa in Mongolia ha potuto iniziare la sua evangelizzazione alla luce del sole. “Prima – ricorda il vescovo – nel Paese esisteva un rigido regime di stampo comunista durato per settant’anni. E le prime persone che sono venute a contatto con i missionari, arrivati qui di recente, hanno letteralmente fondato le prime comunità. Ci sentiamo come nelle situazioni descritte dagli Atti degli Apostoli proprio perché siamo ancora all’inizio, alla fase del primo annuncio del Vangelo, in una struttura sociale che ha altri riferimenti religiosi”. Le sfide, però, sono molteplici ma nello stesso tempo affascinanti: “Visti i piccoli numeri, è veramente affascinante poter accompagnare personalmente questi fedeli alla scoperta del Vangelo, del Signore. E’ la gioia immensa di potersi scoprire fratelli in Cristo”.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

04 aprile 2021, 08:00