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Namibia, vescovi anglicani contro le perforazioni nel bacino del Kavango

Si chiede alla compagnia canadese ReConAfrica di fermare immediatamente l'estrazione in una zona sensibile dal punto di vista ambientale

Anna Poce - Città del Vaticano

Trentaquattro vescovi e tre arcivescovi anglicani di tutto il mondo hanno firmato una petizione, che chiede alla compagnia canadese ReConAfrica di fermare immediatamente le perforazioni petrolifere nel bacino del Kavango, in Namibia, si legge sulla pagina web del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC). La petizione è stata consegnata al Governo e al Consolato namibiano, a Città del Capo, al quartier generale della ReconAfrica, a Vancouver, in Canada, e all’Ombudsperson for Responsible Enterprise canadese. L’iniziativa ha preso il via dopo che monsignor Luke Pato, vescovo di Namibia, ha annunciato alla Chiesa anglicana l’inizio della trivellazione esplorativa.

ReconAfrica ha acquistato i diritti di trivellazione su più di 35.000 chilometri quadrati del bacino del Kavango, un'area protetta e sensibile dal punto di vista ambientale, che fornisce acqua al delta dell'Okavango. Il bacino è un patrimonio mondiale e un sito Ramsar Wetland, un'area chiave della biodiversità e una delle sette meraviglie naturali dell'Africa. La regione ospita l’ultima più grande popolazione di elefanti africani, 400 specie di uccelli ed è un santuario per molti altri animali. È protetta dal protocollo della Commissione permanente per l'acqua del bacino del fiume Okavango.

La petizione

Questa esplorazione - si legge nella petizione - viola i diritti dei popoli indigeni secondo la Dichiarazione delle Nazioni Unite, essendo"l'acqua un bene scarso e prezioso in Namibia, il Paese più arido a sud del Sahara", uno dei Paesi  più vulnerabili al cambiamento climatico. Secondo il sito web di ReconAfrica, "il bacino potrebbe generare miliardi di barili di petrolio", e rappresentare “la più grande operazione petrolifera del decennio", ma "con un potenziale di energia solare quasi senza rivali”, estrarre miliardi di barili di petrolio in Namibia non ha senso, continua la petizione, anche perché "ridurre le emissioni di carbonio è una responsabilità globale". "Le preoccupazioni sollevate dagli attivisti locali sono state sminuite” continua la petizione, nonostante "le perforazioni nel bacino del Kavango frattureranno la sua struttura geologica e distruggeranno il sistema idrico che sostiene questo ecosistema unico e il santuario della fauna selvatica". Persino il “The Namibian, il giornale nazionale che ha dato la notizia, è stato minacciato di azioni legali".

A queste voci di protesta si è unito il segretario generale del WCC, il Rev. Prof. Ioan Sauca, che ha espresso solidarietà al popolo della Namibia e alla comunità anglicana.  "Non possiamo sacrificare i diritti delle comunità indigene – ha affermato - e distruggere il dono della creazione di Dio per il petrolio". “Se vogliamo raggiungere l'obiettivo internazionale di dimezzare le emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 – ha concluso -, dobbiamo porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili e passare a sistemi di energia rinnovabile ora". Giovedì prossimo, sui gradini della Cattedrale di San Giorgio, a Città del Capo, si terrà una protesta silenziosa contro la trivellazione petrolifera nel bacino del Kavango.

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09 marzo 2021, 14:09