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Cei: nuove strade di conversione per il mondo del lavoro

Nel messaggio dei vescovi italiani per la festa del primo maggio, San Giuseppe lavoratore, e pubblicato oggi, si sottolinea che la pandemia ha accentuato una condizione di sfruttamento per gli irregolari. L’invito è di non lasciarsi andare alla rassegnazione

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

“La terribile prova della pandemia ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico. Nel mondo del lavoro si sono aggravate le diseguaglianze esistenti e create nuove povertà”: lo rileva la Conferenza episcopale che nel messaggio per la festa dell’1maggio dal titolo “‘E al popolo stava a cuore il lavoro’ (Ne 3,38). Abitare una nuova stagione economico-sociale” evidenzia la necessità di un “vaccino sociale … rappresentato dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi” che realizzino “il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili”.

La voglia di ripartire

I vescovi rimarcano che l’emergenza coronavirus ha messo più in difficoltà disoccupati, inattivi e lavoratori irregolari, “coinvolti nel lavoro nero che accentua una condizione disumana di sfruttamento”, e che quando il blocco dei licenziamenti verrà meno “la situazione diventerà realmente drammatica”. “Un piccolo segno di speranza è la forte ripresa delle attività sociali ed economiche nell’estate 2020 - notano i presuli -. Ha dimostrato come, appena il giogo della pandemia si allenterà, la voglia di ripartire dovrebbe generare una forte ripresa e vitalità della nostra società contribuendo ad alleviare i gravi problemi vissuti durante l’emergenza”. Ma è fondamentale, si legge nel messaggio della Conferenza episcopale, “che tutte le reti di protezione siano attivate”. Per i vescovi, “il mondo del lavoro dopo la pandemia ha bisogno di trovare strade di conversione e riconversione, anche per superare la questione della produzione di armi. Conversione alla transizione ecologica e riconversione alla centralità dell’uomo, che spesso rischia di essere considerato come numero e non come volto nella sua unicità”.

Tutti per il bene comune

La pandemia, per i vescovi, ha permesso di sperimentare “quanto siamo tutti legati ed interdipendenti”, da qui l’invito: “Siamo chiamati ad impegnarci per il bene comune: esso è indissolubilmente legato con la salvezza, cioè il nostro stesso destino personale”. Ricordando poi le parole pronunciate dal Papa nell’omelia di Pentecoste dello scorso anno, il 31 maggio - “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” – i presuli sottolineano che “i periodi di prova sono anche momenti preziosi” che insegnano molto. “La crisi ci ha spinto a scoprire e percorrere sentieri inediti nelle politiche economiche. Viviamo una maggiore integrazione tra Paesi europei grazie alla solidarietà tra stati nazionali - prosegue il messaggio della Conferenza episcopale - e all’adozione di strategie di finanziamento comuni più orientate all’importanza della spesa pubblica in materia di istruzione e sanità”. Quindi i vescovi aggiungono che “l’insostenibilità dei ritmi di lavoro, l’inconciliabilità della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generatività sociale”.

La bussola di Fratelli tutti

Per i presuli, inoltre, “l’esercitazione forzata di lavoro a distanza”, cui in tanti sono stati costretti, ha permesso di “esplorare possibilità di conciliazione tra tempo del lavoro e tempo delle relazioni e degli affetti” prima sconosciute, con l’opportunità di diventare imprenditori del proprio tempo, “più capaci di ripartirlo in modo armonico tra esigenze di lavoro, di formazione, di cura delle relazioni e della vita spirituale e di tempo libero”. E se, evidenziano i vescovi, “le relazioni faccia a faccia in presenza restano quelle più ricche e privilegiate … in molte circostanze nei rapporti di lavoro è possibile risparmiare tempi di spostamento mantenendo o persino aumentando la nostra operosità e combinandola con la cura di relazioni e affetti”. Per la Chiesa italiana, infine, due sono le bussole da seguire nel cammino pastorale e nel servizio al mondo del lavoro: la prima è l’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, dalla quale si impara che “la fraternità illumina anche i luoghi di lavoro, che sono esperienze di comunità e di condivisione” e che “in tempo di crisi la fraternità è tanto più necessaria perché si trasforma in solidarietà con chi rischia di rimanere fuori dalla società”; la seconda è il cammino verso la Settimana Sociale di Taranto (21-24 ottobre 2021) sul tema del rapporto tra l’ambiente e il lavoro, il cui Instrumentum laboris afferma che “la conversione che ci è chiesta è quella di passare dalla centralità della produzione - dove l’essere umano pretende di dominare la realtà - a quella della generazione - dove ciò che facciamo non può mai essere slegato dal legame con ciò e con chi ci circonda, oltre che con le future generazioni” (n. 25). La festa di San Giuseppe lavoratore, per i presuli, deve essere una spinta “a vivere questa difficile fase senza disimpegno e senza rassegnazione”, ad abitare le diocesi “con le loro potenzialità di innovazione ma anche nelle ferite che emergono e che si rendono visibili sui volti di molte famiglie e persone”. Ma nel condividere le preoccupazioni della gente, la Chiesa italiana vuole anche farsi carico “di sostenere nuove forme di imprenditorialità e di cura.

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30 marzo 2021, 13:31