1600427479330.jpg

Migranti. Dai cinque continenti, la voce della Chiesa: accoglienza e diritti

Dall’America all’Australia, dall’Asia all’Africa fino all’Europa, la Chiesa cattolica si prodiga in favore dei migranti e dei rifugiati, lavorando al loro fianco per promuoverne diritti e dignità

Isabella Piro – Città del Vaticano

Accoglienza, promozione, tutela, diritti, integrazione, sviluppo: sono i principî basilari richiamati dalla Chiesa cattolica nei cinque continenti riguardo alla questione delle migrazioni. Lo sottolinea il Bollettino settimanale sulle persone vulnerabili e fragili in movimento in epoca di Covid-19, a cura della Sezione per i migranti e i rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, che dedica il suo numero attuale alla “Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato”, celebra nella sua 106.ma edizione domenica 27 settembre. L’ampia panoramica riportata dal Bollettino racconta le numerose iniziative delle Chiese locali nel mondo, in favore dei migranti. Il tutto sullo sfondo del Messaggio di Papa Francesco per la “Giornata”, quest’anno dedicato agli sfollati interni.

Stati Uniti: servono politiche inclusive

Si parte, dunque, dal Nord America, precisamente dagli Stati Uniti: qui, la Chiesa cattolica celebra i quindici anni della campagna “Giustizia per gli immigrati”, lanciata nel 2005 con l’intento di “unire e mobilitare una rete crescente di istituzioni e persone cattoliche a sostegno di un trattamento umano di immigrati e rifugiati e di una riforma dell’immigrazione”. Per l’occasione, i vescovi hanno pubblicato un nuovo documento sulle priorità politiche relative alla migrazione. Il testo è articolato intorno a quattro verbi indicati da Papa Francesco nel 2018, ovvero accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti, e ribadisce l’importanza di fornire loro l’accesso a “assistenza sanitaria, cibo, alloggio, servizi religiosi e legali”, abrogando i divieti che considerano gli immigrati in base alla razza, alla religione o alle caratteristiche personali, e promuovendo azioni specifiche per i minori, in modo da garantire l’unità del nucleo familiare. Centrale anche la necessità di facilitare “l’accesso alla cittadinanza”, nonché l’urgenza di incoraggiare i partenariati pubblico-privato per promuovere l’accoglienza dei nuovi arrivati nelle comunità, mettendo in atto “politiche inclusive”.

Argentina e Messico: lotta alla tratta e impegno per aiuti umanitari

Simile l’appello della Chiesa cattolica in Sud America: in Argentina, ad esempio, il presidente della Commissione episcopale per i migranti e gli itineranti (Cemi), Monsignor Hugo Manuel Salaberry, invita le comunità ecclesiali a “formare una vera famiglia con coloro che, nel mondo di oggi, camminano tra la disperazione di un futuro impossibile e il desiderio di una vita migliore", soprattutto considerato “il periodo sorprendente e drammatico della pandemia" da Covid-19. L'invito della Cemi è anche quello di "fornire ai migranti ciò di cui hanno bisogno", affinché possano avere "la dignità di un lavoro e la serenità di una casa", sfuggendo a forme di violenza come l'accattonaggio forzato, la persecuzione, la tratta, lo sfruttamento del lavoro, gli abusi sessuali e il traffico di organi. In Messico, invece, a Ciudad Juárez, proprio in occasione della “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato”, sono stati inaugurati due progetti diocesani per l’aiuto umanitario: il primo consiste nell’allestimento di Centri parrocchiali di primo soccorso; il secondo offre consulenze specialistiche in salute mentale, così da sostenere psicologicamente i richiedenti asilo, spesso costretti a restare a lungo nelle comunità di frontiera.

Africa e Asia: tendere la mano ai bisognosi

Dall’America all’Africa, esattamente a Nairobi, in Kenya, dove padre Joseph G. Healey, nella sua omelia per la “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato”, ha esortato i fedeli ad “alzare la voce in favore degli emarginati dalla società nel mondo di oggi, compresi gli sfollati, i rifugiati e i migranti”. “Oggi Gesù ci chiede – ha aggiunto - di tendere la mano a tutti i bisognosi con un servizio e una cura amorevole e compassionevole”. Andando nelle Filippine, invece, la Commissione episcopale nazionale per i Migranti e gli itineranti racconta l’iniziativa della diocesi di Imus che, in questo periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, si è mobilitata per offrire assistenza finanziaria ai migranti, distribuendo anche pacchi alimentari e kit igienico-sanitari. Ulteriori aiuti sono stati pensati per gli sfollati e i lavoratori filippini d’oltremare grazie alla tecnologia, che ha permesso di strutturare servizi di assistenza psicologica e accompagnamento spirituale direttamente on line.

Australia: migrazioni, priorità della Chiesa

Agli antipodi, poi, ovvero in Australia, monsignor Christopher Prowse, delegato per la Pastorale dei Migranti e dei rifugiati all’interno della Conferenza episcopale australiana, ha diffuso un messaggio per la giornata del 27 settembre in cui afferma: “Le comprensibili preoccupazioni legate alla pandemia di Covid-19 non devono distrarci dalla crisi migratoria in atto”. E ha ribadito: “Le migrazioni globali rappresentano una delle più grandi sfide del mondo oggi e sono una priorità per la Chiesa”, poiché essa “è al fianco delle fragilità e dei pericoli di milioni di persone che si muovono nel mondo per cercare una casa dignitosa". 

Europa: ponti di solidarietà verso i rifugiati

La solidarietà viaggia lungo ponti ideali, come quelli costruiti dai vescovi della Svizzera che il 27 settembre, in collaborazione con la Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre”, hanno organizzato una colletta per sostenere tre progetti. Il primo riguarda il Libano, in particolare i rifugiati siriani a Zahle: a loro, verrà donata una fornitura di pannolini per bambini, bastevole per un anno. Il secondo progetto, invece, prevede l’assistenza catechistica e la cura dei traumi per i rifugiati del Sudan del Sud in Etiopia. Infine, il terzo programma di solidarietà riguarda la Svizzera stessa, ossia la Pastorale delle minoranze. “Alcune missioni di piccole comunità che parlano altre lingue non sono finanziate, o lo sono solo in parte, da fondi nazionali. L’azione di solidarietà sostiene in questi casi il loro finanziamento”, affermano i vescovi elvetici. In Scozia, invece, la Commissione “Giustizia e pace” della Caritas arcidiocesana di Edimburgo e St. Andrews ha istituito un sottogruppo per i migranti. Il neo-organismo avrà il compito di trovare modi per migliorare la vita di rifugiati e richiedenti asilo, ma anche per educare le comunità locali sui problemi che gli sfollati devono affrontare. E non solo, l'Arcidiocesi ha lanciato altre due iniziative: la prima è “Affidamento per la sussistenza di un rifugiato”, per sostenere persone richiedenti asilo o la cui richiesta d’asilo è stata respinta e bisognose di sostegno; la seconda è il programma “Diventa un amico”, che intraprende iniziative concrete di volontariato, come le mense per i poveri o i banchi alimentari per i nuovi arrivati.

Italia. Don De Robertis (Migrantes): conoscere per comprendere

Punta, infine, alla sensibilizzazione sul tema delle migrazioni l’attività messa in atto, in Italia, dalla Fondazione Migrantes in occasione della giornata del 27 settembre. In particolare, è stato realizzato un docuWeb, dal titolo “Sfollati”, per dare voce a chi ha perso tutto ed ha cercato una vita migliore lontano dalla propria casa. Come spiega don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes:  

Ascolta l'intervista a don Giovanni De Robertis

R. Abbiamo pensato che, quest’anno, sarebbe stato difficile ascoltare in presenza la voce di quelli che sono i protagonisti del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020, ovvero gli sfollati interni. E quindi abbiamo pensato di poter ascoltare la loro voce attraverso un video: quindi, con l’aiuto di Tv2000 e la collaborazione del Centro Astalli e della Caritas, abbiamo intervistato quattro sfollati interni di cui due – forse qualcuno si sorprenderà…- sono italiani, uno di Amatrice e uno dell’Abruzzo. Sono persone che, a causa del terremoto, hanno perso tutto e ancora vivono in condizioni precarie, disagiate. A volte, quando parliamo degli sfollati o dei migranti, pensiamo che sia qualcosa che riguarda altri; invece si tratta di realtà nelle quali tutti noi potremmo, un giorno, venirci a trovare. Le altre due voci sono invece di una ragazza del Congo, tra l’altro di una famiglia benestante che, a causa della guerra, ha perso tutto ed è stata quindi sfollata nel suo Paese. Poi ha raggiunto l’Italia ed ora fa l’infermiera. Infine, abbiamo raccolto la testimonianza di una persona curda irachena.

D. Un’altra iniziativa che Migrantes ha avviato per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020 è stata quella di creare appositi sussidi liturgici, con una particolare attenzione per i bambini…

R. Sì: alcuni hanno detto che, a causa della pandemia, è come se la vita della Chiesa sia stata sospesa. Non è vero: sono state interrotte alcune strade, ma questo ci ha spinto a cercare altri sentieri. E quindi quest’anno, per la prima volta, assieme ai sussidi tradizionali che approfondiscono le riflessioni del Santo Padre, abbiamo pensato a dei sussidi on line così da far arrivare il messaggio in un modo più capillare, ossia non solo nelle grandi celebrazioni che si tengono in tutte le diocesi in questa Giornata, ma anche nei piccoli gruppi e nelle famiglie, compresi i bambini. I più piccoli, infatti, già si trovano davanti a questa realtà delle migrazioni attraverso i loro amici di scuola o in altre situazioni simili, e quindi vanno educati a riflettere e a farsi prossimi di questi loro amici.

D. Nei Messaggi per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2018 e del 2020 Papa Francesco suggerisce alcuni verbi da portare avanti nella questione delle migrazioni. Nella pratica di tutti i giorni, come possiamo metterli in atto?

R. La prima cosa che mi sorprende è questa predilezione del Papa per i verbi, quasi a dirci che, più che discorsi, occorre che ciascuno di noi compia delle azioni. Io direi che la primissima cosa è quella di conoscere e infatti la prima coppia di verbi indicata nel Messaggio pontificio 2020 è “conoscere per comprendere”, cioè avvicinare l’altro. L’accoglienza non consiste nel dare innanzitutto cose materiali, ma in primo luogo nel riconoscere l’altro nella sua dignità di eguale. Mi ha molto commosso ascoltare un prete ucraino, il quale mi ha raccontato questo episodio: l’anno scorso, in un incontro con le donne ucraine della città, l’Arcivescovo di Milano [Monsignor Mario Delpini ndr] ha preso una sedia, l’ha posizionata in mezzo alle donne ed ha detto loro: “Parlatemi un po’ di voi, della vostra vita”. Ed è stato due ore ad ascoltare il racconto di queste donne. E il prete ucraino mi diceva: “Questo gesto vale di più di tutte le cose materiali che potete darci”. Io credo, quindi, che l’accoglienza cominci proprio da questo, dall’interessarci dell’altro, dal pensare che l’altro ha qualcosa di prezioso che anch’egli può donarci.

D. Domenica prossima, 4 ottobre, verrà pubblicata la nuova Enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”. Non ne conosciamo ancora il contenuto, ma già il titolo è un richiamo a sentirci davvero tutti fratelli…

R. Sì, al di là delle differenze tutti apparteniamo ad un’unica famiglia umana. Abbiamo un unico Dio per Padre ed abbiamo un unico destino che è il Regno di Dio, la nostra patria.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

01 ottobre 2020, 14:54