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Sfollati nel nord dello Yemen Sfollati nel nord dello Yemen 

Yemen, Hinder: guerra e pandemia minacciano la vita dei cristiani

Nel Paese in guerra dal 2014, il coronavirus ha colpito duramente anche la comunità cristiana. Monsignor Paul Hinder, rappresentante della Santa Sede nella penisola arabica: la nostra vita è totalmente cambiata

Michele Raviart - Città del Vaticano

Sono ricominciati a Ginevra i colloqui tra le fazioni dello Yemen, in guerra dal 2014. I delegati del governo internazionalmente riconosciuto e sostenuto da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno incontrato quelli dei ribelli houti, sostenuti dall’Iran per discutere di uno scambio tra prigionieri di guerra, condizione essenziale per il cessate il fuoco auspicato dalle Nazioni Unite entro la fine dell’anno. Lo stesso Onu aveva agitato nei giorni scorsi lo spettro della carestia per il Paese, dovuto anche agli impegni non mantenuti, soprattutto da alcuni Stati arabi, sugli aiuti umanitari. Mancano 3,4 miliardi di dollari e sebbene il Kuwait abbia donato nei giorni scorsi 20 milioni di dollari, la situazione resta critica anche a causa del coronavirus.

Il dramma di un Paese

“La situazione nel Paese resta drammatica a causa della guerra civile e delle interferenze esterne, della carestia e delle malattie. Vivere in questa situazione è molto pesante per tutti gli yemeniti”, afferma a Vatican News monsignor Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale e amministratore apostolico di quella settentrionale. “Ci sono momenti di tregua”, sottolinea, “i negoziati continuano e non si sa esattamente come finiranno a livello internazionale, ma il segreto di una pace sostenibile è all’interno del Paese e delle differenti fazioni”.

Ascolta l'intervista a monsignor Paul Hinder

Si riducono i cristiani

Il conflitto in Yemen ha causato finora oltre 112 mila morti, ma a subire gli effetti, anche economici, della pandemia da coronavirus è tutta la popolazione della penisola arabica. In particolare l’attenzione di monsignor Hinder si sofferma sulle difficoltà dell’esigua minoranza cristiana. “La situazione del Covid-19 ha delle conseguenze che non vediamo ancora, ma è chiaro che il numero dei cristiani, connesso con la situazione generale dei migranti, andrà diminuendo in futuro, perché la situazione economica avrà delle conseguenze”, afferma. “Molta gente ha perso il lavoro e lo perderà ancora. Questo vuol dire che lascerà il Paese e questo ha delle conseguenze per noi, per la dimensione della comunità. Ci sono delle attività che sono ridotte, mancano le persone. Non posso ancora dire quali saranno le conseguenze reali. È cambiato anche lo stile della nostra vita”.

Gli effetti del Covid-19 sulle comunità

Un cambiamento che riguarda anche il modo di vivere la fede. “Anche la vita liturgica dei fedeli delle comunità è stata praticamente fermata negli scorsi mesi”, aggiunge. “Non c’erano messe pubbliche. Ci siamo aiutati con i mezzi elettronici, però è chiaro che noi siamo una Chiesa sacramentale, dove ci vuole il contatto fisico, ci vuole la “materia”, che è necessaria dal battesimo fino all' unzione dei malati. Tutta la vita è cambiata in questo momento. Ora stiamo riprendendo passo per passo con le cautele necessarie, però non è facile. Non possiamo avere ora delle chiese piene o affollate come le avevamo prima”. Un contesto difficile, con regole diverse da Paese a Paese, anche per le libertà di spostamento e la conseguente difficoltà di raggiungere le comunità dei fedeli. “La situazione in Arabia Saudita non è quella degli Emirati Uniti”, spiega monsignor Hinder. “Anche all'interno degli Emirati Uniti, ci sono differenze tra un emirato e l’altro e, per esempio, non era più possibile viaggiare liberamente tra Dubai e Abu Dhabi in un certo momento. Anche io da vescovo non potevo viaggiare e non sono stato ancora in grado di vedere le comunità cristiane in Bahrain Kuwait e Qatar. Spero che tra due mesi la situazione sarà migliore”.

Il dialogo durante la pandemia

Proprio ad Abu Dhabi, nel febbraio del 2019, Papa Francesco firmò il documento sulla Fratellanza umana con l’imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb. Un punto di partenza per sviluppare ulteriormente il dialogo interreligioso che, nei suoi effetti pratici, ha avuto un rallentamento a causa della pandemia. Il Covid-19, spiega ancora monsignor Hinder, “ha messo un freno a tutto il processo anche se ci sono stati degli incontri virtuali interreligiosi. Si tratta ancora per la realizzazione di un Centro, ‘la Casa della famiglia abramitica’ ad Abu Dhabi, che è stato promessa come regalo anche in occasione della visita del Papa, però non è ancora finita. Penso che sarà aperta soltanto nel 2022. Dovrebbe essere un luogo di incontro interreligioso per tutti quelli che vogliono conoscersi: oggi c'è più interesse nel sapere cosa pensa l’altro e cosa crede. C'è un certo avvicinamento”.

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20 settembre 2020, 08:40