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Petrocchi: una Pastorale dell’emergenza per promuovere una prossimità samaritana

Su volontà dell'arcivescovo de L'Aquila Petrocchi nasce per la prima volta un ufficio diocesano per avviare e potenziare una stretta collaborazione con la Cei e la Caritas in caso di calamità

Davide Dionisi – Città del Vaticano

“Promuovere una prossimità samaritana sistematica e permanente, guidata dalla Luce della Parola, animata dalla grazia della Pasqua e spinta dall’impulso missionario della Pentecoste”. E’ questo l’obiettivo del neonato Ufficio diocesano per la Pastorale dell’Emergenza, istituito dall’arcivescovo metropolita de L’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, che si propone di avviare e potenziare la collaborazione con la Conferenza Episcopale Italiana e con suoi “dipartimenti” interessati al tema e, in particolare, sollecitare un raccordo di pensiero, di intenti e di iniziative con la Caritas Italiana.

Allertare la dimensione religiosa, culturale, sociale e politica

L’Ufficio tiene a cuore l’incontro fraterno e la circolarità di pensieri, di attività collaudate e di risorse con le altre diocesi italiane, specialmente con le Chiese-sorelle che sono state colpite da gravi calamità. “In questa prospettiva diventa centrale la buona intesa e la collaborazione fattiva, attraverso un dialogo leale e costruttivo, con le strutture pubbliche e gli organismi sociali” spiega il cardinale Petrocchi, aggiungendo che “risulta, pertanto, fondamentale che gli attori istituzionali (la Chiesa, gli enti pubblici, l’università, il mondo della sanità e dei media) trovino forme di raccordo e di intesa, che consentano di scambiare strategie capaci di favorire dinamiche sananti e processi migliorativi per la vita delle persone e delle popolazioni". "In sintesi”, continua il porporato, “occorre allertare, in forme di buona sinergia, la dimensione religiosa, culturale, sociale e politica (nel senso più nobile del termine), sapendo che solo insieme (nessuno escluso) si possono vincere le sfide che ogni calamità lancia, in modo imprevisto e disintegrante. Si tratta di un’opera da mettere in cantiere, nel segno della coesione e della lungimiranza”.

L’esperienza drammatica della chiesa aquilana                                                                                   

“La chiesa aquilana” riprende l’arcivescovo “si sente chiamata a trarre una lezione di vita dalla dolorosa e devastante prova che l’ha colpita nel 2009. Intende approfondire, sistematizzare e confrontare le convinzioni e le attitudini che ha maturato, nello sforzo di reagire positivamente alla sfida del terremoto, per renderle un patrimonio trasferibile, di idee e di competenze applicative, da mettere a disposizione di altre comunità lacerate da fatti rovinosi”

Terremoto dell’anima

Prima esperienza del genere, la Pastorale dell’emergenza prende le mosse dal Convegno interregionale sul “Terremoto dell’anima”, del 26 ottobre 2019, che ebbe esiti incoraggianti, sia dal punto di vista culturale, come anche nella dimensione partecipativa e dialogica. Nell’occasione il cardinale Petrocchi parlò della presenza di due versanti che si abbattono su una comunità quando si presenta una calamità: “Uno esterno, visibile e misurabile; l’altro interiore, perciò, meno percepibile da fuori e non immediatamente valutabile. Il primo comprende i guasti materiali e strutturali provocati dalla sciagura, il secondo è connotato dai dissesti spirituali, psicologici e relazionali impressi nell’anima delle persone e delle comunità".

L’aiuto materiale non basta

Nell’occasione il porporato ribadì che l’aiuto offerto nella sfera corporea e nell’ambito organizzativo è necessario, ma non sufficiente per attivare iniziative che rispondano integralmente ai bisogni e alle attese della gente. “Occorre affiancare questi interventi con una prossimità samaritana, capace di condividere e offrire aiuto con stile evangelico e mobilitando l’attenzione sui valori umani, autentici ed universali. Quello dell’anima è, in genere, un sisma sommerso” precisò Petrocchi, ribadendo che “I dissesti dell’anima, generati da fatti sconvolgenti sono fenomeni difficili da sondare: occorrono centri di osservazione spirituali, psicologici e sociali ben attrezzati; non bastano, infatti, sensori occasionali ma bisogna organizzare stazioni permanenti di rilevamento per seguire l’andamento della situazione”.

Ascoltare e incontrare

“Chi vuole farsi prossimo di coloro che sono stati colpiti da un evento dirompente” sostiene il Card. Petrocchi “deve imparare ad ascoltare le voci di chi ha subito la calamità: sia quelle che parlano esplicitamente (attraverso il racconto), sia quelle che si esprimono con un apparente silenzio.  Per questo, i primi verbi da coniugare per la ricostruzione spirituale e civile non sono progettare e fare, ma ascoltare e incontrare: cioè, accogliere i bisogni profondi della gente, per disporli secondo il giusto ordine di priorità, e intensificare la tessitura delle relazioni convergenti, che potenziano la coscienza fattiva di essere un’unica famiglia. Dunque” conclude l’arcivescovo “le operazioni necessarie sono: captare la sofferenza, comprenderla (utilizzando categorie interpretative adeguate) riconoscerle un significato, integrarla in un progetto esistenziale, renderla una opportunità di crescita globale. Impresa, questa, da condurre al plurale: si fa in comunione e genera comunione.

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29 settembre 2020, 11:15